Gianluca Soncin non ha parlato. Davanti al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’avvocato d’ufficio, Simona Luceri, lo ha descritto come un uomo «non lucido, dimesso, con un vistoso cerotto sul collo». Le ferite, superficiali, se le era procurate da solo subito dopo aver ucciso la ventinovenne di Strozza Pamela Genini, nel tentativo di inscenare un suicidio.
La storia è ormai nota: un anno e mezzo di relazione, un crescendo di controllo, violenze, minacce, fino alla sera di martedì (14 ottobre) in cui lui, con una copia delle chiavi, è entrato in casa e l’ha uccisa con ventiquattro coltellate. Ma i nuovi dettagli che emergono dall’inchiesta aggiungono un quadro più ampio: calci, pugni, una pistola puntata alla pancia, la gelosia. E ovviamente il silenzio di Pamela, che le è costato la vita. Come riporta il Corriere, per il fidanzato, la procura ha chiesto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere per omicidio pluriaggravato.
Un amore tossico
Pamela lo aveva conosciuto a marzo 2024, e nel giro di poche settimane si era trasferita a casa di lui. «Non le permetteva di vedere le amiche, né di sentirle – ha raccontato l’ex compagno della ragazza, agli inquirenti -. Le faceva usare sostanze psicotrope. Lui l’ha tempestata di calci e pugni durante una lite, e ha cercato di buttarla dal balcone». In pochi mesi, l’isolamento era diventato completo: viaggi finiti in percosse e gelosie diventate minacce pesanti.
Un’amica, Nicole, ha dichiarato di aver ricevuto delle foto dei lividi che Pamela le mandava a febbraio: «Mi scriveva che lui si era arrabbiato per niente. Diceva che non sapeva più cosa fosse normale».
Lo aveva lasciato
In primavera aveva provato a lasciarlo. Ma lui l’aveva minacciata: «Se mi lasci, t’ammazzo. E ammazzo tua madre». Poi, come spesso accade, erano tornati insieme nell’illusione di una tregua. Ad agosto però le aveva puntato una pistola alla pancia.
Sabato scorso, durante una gita a Padova, l’aveva schiaffeggiata e aveva minacciato di ucciderle il cane. Dopo quel giorno, lei l’aveva cacciato di casa fino a martedì sera, quando è morta: lui aveva le chiavi di ingresso e l’ha uccisa con un coltello sotto gli occhi dei vicini, sul terrazzino della casa in cui viveva, in via Iglesias a Milano (quartiere Gorla).
Il passato di Soncin
Soncin non era nuovo ai tribunali. Nel 2010 era stato arrestato dalla Guardia di finanza di Ascoli per associazione a delinquere: una truffa milionaria sulle auto di lusso, società fittizie, evasione dell’Iva tra Germania e Italia. Tuttavia, nessuna denuncia da parte della fidanzata nei suoi confronti.
Non ha mai denunciato
Dopo ogni femminicidio la domanda è sempre la stessa: perché non ha denunciato? Pamela non lo ha fatto, neppure dopo l’intervento della polizia a maggio, quando una vicina l’aveva sentita chiedere aiuto dal citofono.
Un’altra amica di Pamela, alla trasmissione Mattino Cinque, aveva raccontato: «Lei era indecisa se denunciarlo (Gianluca), non so se lo ha fatto, ma questo prima dell’estate, verso febbraio-marzo. Gli scatti d’ira credo fossero improvvisi, se fosse stata una cosa continua Pamela si sarebbe allontanata, era solare e piena di vita, non avrebbe mai rischiato. Lui sarà stato molto bravo a non farle capire che era in pericolo».
L’avvocata Luceri, che ha assistito Soncin nelle prime ore, ha detto: «Non è ancora pienamente consapevole di quello che è successo. Era confuso, anche fisicamente dopo il gesto che aveva fatto su sé stesso, e non ha detto nulla nemmeno con me su quanto era accaduto».
Fiaccolata per Pamela
A Gorla, il quartiere dove la ragazza è stata uccisa, i vicini si sono mossi in fretta. Oggi (giovedì 16 ottobre) alle 18 ci sarà una fiaccolata alla panchina rossa in via Stefanardo Da Vimercate angolo via Cirenei, e domenica alle 17.30 un corteo in via Iglesias.
«Non restiamo indifferenti, non restiamo in silenzio – scrivono su un volantino i residenti e i commercianti del quartiere milanese dove è morta -. Continuiamo a tessere reti di solidarietà, rispetto, inclusione e sicurezza a partire dal basso. Collaboriamo con la comunità educante per superare violenza e patriarcato». Non esiste il “forse cambia” e nemmeno una paura che giustifica, bisogna segnalare alla prima minaccia. Pamela non potrà più parlare, ma le altre possono e devono. Denunciate.