Gori, il cambio di passo c'è stato O almeno in buona parte
Un anno di Gori. Dal trionfo elettorale su Tentorio alla sfida a Maroni: «Inaccettabile che minacci di tagliare i finanziamenti a chi accoglie i profughi». In mezzo tante cose buone, altre un po' meno.
Il cambio di passo. L'aveva promesso, l'ha in buona parte mantenuto. Gori è sindaco interventista, delega ma poi vuole sempre dire la sua, specie l'ultima parola. In città l'aria è cambiata: meno frasi fatte e liturgie, l'approccio è quello del manager prestato alla politica. Se c'è un problema, stai sicuro che il sindaco arriva. Prendete la questione Balzer: Gori era lì a informarsi, mediare, sollecitare. Sempre a portata di taccuini e telecamere, certamente. Ma è inevitabile. È il sindaco più patinato d'Italia, ci può stare. Non è protagonismo il suo, bensì attivismo. Sindaco a tempo pieno e si vede: si siede a tutti i tavoli, non nega a nessuno la sua presenza. Inflazionato? Forse sì. Ma almeno non resta chiuso nella torre d'avorio.
Città vivace. Gori e la sua giunta hanno dato la scossa a una città che sonnecchiava. Cultura e turismo (rivoluzionato l'ente di promozione territoriale) hanno ricevuto nuovo impulso: le iniziative si moltiplicano, le idee originali si fanno strada. La scelta di un direttore giovane e talentuoso per il Bergamo Musica Festival è emblematica: linfa nuova per scuotere una città imbalsamata sotto troppi aspetti. La riapertura della Carrara è stato forse il punto più alto dei primi dodici mesi del mandato. Vero, Gori ha raccolto quello che altri avevano seminato prima di lui, però ha contribuito a tirare la volata decisiva. Stesso discorso per Astino.
Teatro Donizetti.
Stadio e dintorni. Per la prima volta dopo decenni di discorsi caduti nel vuoto, la ristrutturazione dello stadio si sta facendo realtà. Anche su questa spinosa questione, Gori ha dimostrato di puntare al risultato, sfidando burocrazia e resistenze varie. Il sindaco ha provato ad affrontare con energia anche il tema delle aree dismesse, proponendo incentivi a chi le acquista e rilancia. Per il momento l'appello non è stato raccolto, ma conta il gesto. Bergamo vuole liberarsi delle scatole vuote, riempiendole di nuovi contenuti e attività. L'accordo sul rilancio della Montelungo toglierà di mezzo un altro buco nero. In agenda restano Sant'Agata e il Carmine.
Piazza liberata. La “liberazione” dalle auto di piazza Mascheroni era stata promessa in campagna elettorale ed è stata messa in pratica. Un pezzo di Città Alta è stata restituita nel suo splendore ai bergamaschi e ai turisti. Ora meriterebbe pari attenzione anche la Rocca, da troppo tempo pericolante a causa degli scavi del parcheggio della Fara. Servirebbero fondi che al momento non ci sono, però il problema in qualche modo andrà affrontato e risolto. Come del resto quello del silos sotterraneo, ferita che brucia nel cuore di Bergamo, una volta concluse le vicende giudiziarie.
Periferie in secondo piano. Prima delle elezioni il sindaco aveva ballato in periferia, in senso letterale. A San Tomaso lo avevano visto esibirsi con la first lady Cristina. Nei dodici mesi seguenti, però, il sindaco nei quartieri si è visto un po' poco. E ne ha parlato ancora meno. Forse dovrebbe un po' sporcarsi le mani, ad esempio andando a vedere di persona come stanno le cose nelle zone più minacciate dal degrado, come la Clementina assediata da spaccio e strani traffici. Anche in via Quarenghi e dintorni il sindaco è apparso di rado.
Traffico. A parole si stanno promuovendo modelli di mobilità alternativa. «Bisogna cambiare lo stile di vita dei cittadini» spiega il sindaco. Però servirebbe anche un intervento dall'alto per sbrogliare la matassa del traffico che peggiora di giorno in giorno, fino ad andare in tilt quando cadono due gocce di pioggia. Servono decisioni drastiche e complessive sulla viabilità, a partire dal centro. Siamo sicuri che serva a qualcosa l'isola pedonale una volta al mese? Occorre iniziare a pensare a una chiusura permanente, che attragga i pedoni e tenga lontano lo smog, sul modello di molte città italiane ed europee. Argomento esplosivo, visto che ci sarebbe da fare i conti con residenti e commercianti. Ma da qualche parte bisognerà pure iniziare.
Moschea e cascina. La volontà è chiara: la moschea si deve fare. Dopo un anno, però, nessuno ha detto dove. Questione non di poco conto, visto che in ogni caso bisognerà fare i conti con la popolazione della zona individuata. L'impressione è che, al di là delle dichiarazioni di facciata, il tema sia stato messo tra parentesi. Un po' come quello della Cascina (anzi Kascina) Ponchia, occupata da anni. Il Comune ha tolto l'immobile dalla lista dei beni da alienare, anche perché il Kollettivo è un motore di iniziative per il quartiere. Resta però il fatto che la casa è occupata abusivamente e una soluzione andrà trovata.
Impegno sociale. Gori non perde occasione di elogiare il terzo settore e lo sostiene in modo convinto. Ha evitato tagli dolorosi ai servizi sociali, nonostante l'obbligata spending review. E ha stretto un importante accordo con l'Aler per il rilancio e l'amministrazione degli alloggi comunali. L'attenzione alla fasce più deboli c'è, Gori ha dimostrato con i fatti di non essere un sindaco da salotto. E sui profughi non si è tirato indietro. Ora ci si attende un passo concreto anche sulla lotta all'azzardo, piaga sociale sempre più diffusa. Inizialmente il sindaco si era speso anche su questo fronte, poi ha un po' perso lo slancio. Urge ritrovarlo, magari accelerando l'iter del regolamento che darà un giro di vite agli orari delle sale slot.