A 37 anni, Alejandro “Papu” Gomez si prepara a tornare in campo con l’entusiasmo di un ragazzino al debutto. In un’intervista rilasciata a L’Eco di Bergamo (in edicola oggi, 23 ottobre), l’argentino campione del mondo si è raccontato alla vigilia del rientro con il Padova, dopo due anni di squalifica per doping. Ma tra le righe di dichiarazioni d’amore per Bergamo, sono emersi rancori mai sopiti e qualche punta polemica.
L’ingiustizia che brucia ancora
Gomez non ha ancora digerito la sanzione ricevuta per quella che definisce un’ingenuità: «La prima responsabilità è mia, perché per errore ho preso quello sciroppo per la tosse che non era consentito. Ma due anni sono una sanzione sproporzionata: come ho già detto, uno che assume cocaina viene fermato per sei mesi».
Infine aggiunge: «Non si può punire così, per un’ingenuità, un calciatore che per vent’anni di carriera è stato un esempio: non penso ai complotti, ma non riesco a capire».
Il saluto che non è mai arrivato
A questo punto, l’intervista si rivolge al rapporto tra Gomez e Bergamo. L’argentino parla di un amore mai dimenticato, ma con un retrogusto amaro difficile da ignorare: «Io sono sempre disponibile, ma in questi due anni in cui ho vissuto a Bergamo non sono stato chiamato: mi farebbe piacere».
Poi il paragone con altri ex della “sua” Dea: «L’addio di Ilicic è stato emozionante, Freuler e Zapata sono tornati tra gli applausi: credo che qualcosa un giorno faremo, perché la storia d’amore tra l’Atalanta e il Papu Gomez è fantastica». Il messaggio è chiaro: e io?
Quando gli si fa notare che, con una promozione in A col Padova, tornerebbe a giocare a Bergamo, la risposta è rivelatrice: «Non vorrei mai affrontare l’Atalanta: sarebbe dura, anche se salutare lo stadio sarebbe bello».

L’autostima del campione
Il Papu non fa poi il falso modesto quando si tratta di valutare il proprio impatto su Bergamo e i colori nerazzurri: «Non lo dico per fare il fenomeno, ma quando nel mondo si parla di Atalanta, solitamente si parla di Gasperini e Papu Gomez, più Ilicic, Zapata e quella generazione arrivata poi alla vittoria di Dublino». L’ordine non è casuale dei citati non è casuale… Del resto, «sono stato cinque anni capitano», aggiunge.
E quando gli chiedono se dopo di lui c’è stato un altro Papu all’Atalanta, la risposta è netta: «Sul piano calcistico forse Lookman, ma io avevo personalità e leadership: non ne vedo altri così».
La lite con Gasperini e gli obiettivi
Sul rapporto con la città, Gomez si mostra sereno, sebbene sia consapevole che la burrascosa rottura di allora qualche strascico può averlo lasciato: «Bergamo mi ha sempre voluto bene. Certo, quando c’è una lite tra due persone che hanno lasciato un segno la gente deve scegliere, ed è normale scegliere chi rimane. Ma io conosco l’affetto della città, i bergamaschi mi ringraziano per quello che ho fatto».
Oggi ha 37 anni e, dopo due anni di inattività, il Papu ha le idee chiare: «Io non ho mai fatto panchina: magari all’inizio il mister deciderà di dosarmi, sicuramente non potrò cominciare con 90′, ma la mia unica idea è di essere titolare. Potrei fare la mezzala o il trequartista, poi vedremo. Ma voglio portare il Padova in A». Non solo: vuole farlo in fretta. Ha firmato un biennale con opzione per il terzo anno e l’obiettivo è chiaro: «Io vorrei portarla subito in A, poi magari ci vorranno due o tre anni».
Lookman e l’elefante nella stanza
Interessante, infine, l’analisi dell’argentino sul caso Lookman, che ha movimentato l’estate nerazzurra: «Mi è dispiaciuto: lui ha una versione, la società un’altra, non sapremo mai certe cose, che sono intime. Di certo la società ha preso una posizione forte. Ora mi aspetto che giochi al massimo». Un uomo maturo, genuinamente entusiasta di ricominciare a giocare, ma forse ancora un po’ ferito da un addio mai metabolizzato e da un saluto affettuoso che ancora ci deve essere.