«Da quando lavoro qui, ho più amici bambini che adulti». Per la nostra rubrica “Barista del cuore” (QUI tutte le informazioni), che ogni settimana racconta la Bergamasca attraverso i suoi bar più amati e le persone dietro al bancone che li fanno vivere, questa volta siamo passati da piazza Sant’Anna, una delle zone più familiari di Bergamo. Qui, si trova la storica Pasticceria Sant’Anna.
Fondata nel 1996 da Ivar Foglieni, il locale è oggi gestito dai figli Barbara, Darwin e Alioscha, insieme a Isabella, moglie di Darwin e pasticcera di professione. Ma a raccontarci la vita dietro il bancone sono voci diverse, quelle di due cameriere: Martina, 22 anni, e Marcella, di 52.
Più di un semplice caffè
Martina Cullhaj è arrivata qui Bergamo da Lecco cinque anni fa. Ha iniziato con uno stage scolastico come pasticcera nel laboratorio, ma presto ha capito che preferiva la sala: «Mi piaceva stare con la gente, parlare, vedere chi entra e chi esce. Ho sempre avuto bisogno del contatto con le persone», racconta.
Oggi è lei la “regina” della macchina del caffè, il posto che, come racconta, sognava fin da quando è arrivata. «Fare il caffè sembra un gesto semplice, ma non è così. Mi piace farlo bene e quando qualcuno dice che è buono, che gli è piaciuto, sono proprio contenta».
I clienti preferiti
Per Martina, il bar significa soprattutto relazione: «Con tanti clienti ormai ci conosciamo per nome. Ci raccontiamo la giornata, ci ridiamo sopra, si crea un legame vero. Il barista perfetto? Proprio non saprei – dice -. Ma quello che sa ascoltare e che capisce cosa serve in quel momento è uno bravo. A volte basta un sorriso o una battuta per cambiare la giornata a una persona. È bello poterlo fare».
E poi, aggiunge, ci sono i suoi clienti preferiti: i bambini. «Da quando lavoro qui ho più amici bambini che adulti! Passano con i genitori prima e dopo la scuola, ormai li conosco tutti. Per i più piccoli, questo posto è un pit stop abituale. Mi raccontano le loro cose, mi salutano da lontano. Sono sincera, è una cosa che mi riempie completamente. Penso che anche questo sia il bello del bar: diventare parte della vita delle persone del quartiere, anche solo per cinque minuti al giorno».
Gli anziani di una volta…
Marcella Ghirardi, invece, è una colonna della pasticceria. Da dieci anni lavora qui, si occupa di diverse mansioni nel locale e di persone ne ha viste passare a centinaia. «Il barista perfetto non esiste – dice subito -. Ma esiste chi ama quello che fa, chi sa osservare e non smette mai di imparare».
E a proposito di osservare, racconta: «Da qualche anno, la clientela è cambiata. Dopo il Covid, la gente è diventata più esigente, meno tollerante e sempre di fretta. Soprattutto gli anziani, che una volta erano i più pazienti, ora sono i più difficili da accontentare. Magari arrivano con il giornale sotto braccio, dopo la messa e vogliono il loro caffè subito, alla temperatura giusta, nel bicchiere giusto».
Eppure, racconta, sono anche quelli che ti riempiono le giornate: «Hanno bisogno di parlare, di raccontarsi. A volte sembriamo psicologi più che baristi. Ma fa parte del bello del lavoro: ti accorgi che per tante persone il bar è un momento di svago, il posto dove sentirsi ascoltati. E a noi, le loro storie piacciono».
Una piazza nella piazza
La Pasticceria Sant’Anna non è solo un bar: è praticamente una piazza, ma al coperto. È proprio accanto alla chiesa e all’oratorio del quartiere e chi la frequenta lo sa bene. «La mattina arrivano i signori che escono dalla chiesa, poi le mamme con i bambini, gli impiegati degli uffici e anche qualche turista dei bed and breakfast vicini. Il sabato e la domenica è un continuo via vai», racconta Marcella.
Di fatto, accoglie le stesse persone che si ritrovano sulle panchine della piazza vera e propria. Solo che qui, oltre al chiacchiericcio all’aperto, ci sono anche caffè e brioches. «C’è chi passa solo per un saluto, chi per scambiare due parole. Alcuni ti chiamano per nome, invece di “tu” o “cameriera”; altri si siedono sempre allo stesso tavolo. Insomma, è una bella atmosfera», dice Martina.
Sempre la 22enne spiega come la vede: «Un locale può essere bellissimo, moderno, perfetto nei prodotti, ma se manca il modo giusto di accogliere le persone non serve a molto. Magari qualcuno si dimentica la brioche che ha mangiato, ma non si dimentica mai di un cameriere gentile. Certo, non puoi piacere a tutti, è impossibile. Però puoi sempre partire da un caffè fatto bene, una parola gentile e un sorriso, che tanto non costa nulla».