In occasione delle celebrazioni del 4 novembre, Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, la sindaca di Bergamo, Elena Carnevali, ha tenuto un intervento in piazza Vittorio Veneto, di fronte alla Torre dei Caduti, alla presenza del prefetto, delle autorità militari, religiose e civili, dei rappresentanti delle associazioni d’arma, degli studenti e dei cittadini.
Il discorso della sindaca
«Ci ritroviamo in questo luogo che custodisce la memoria della città – esordito -. Spazi che ricordano che l’unità e la patria sono fondate sul sacrificio di tante donne e tanti uomini che hanno servito l’Italia nei momenti più difficili della sua storia. Il 4 novembre 1918 si concludeva la Prima guerra mondiale. Per l’Italia fu la vittoria che completò il processo risorgimentale di unificazione nazionale; per l’Europa fu la fine di un lungo periodo di equilibrio tra imperi».
«Ma fu soprattutto una tragedia immane, una ferita profonda e collettiva: milioni di morti, tra cui oltre mezzo milione di italiani, e con loro le sofferenze delle famiglie, dei mutilati, degli orfani, delle comunità devastate dalla guerra. Bergamo pagò un prezzo altissimo. Lo ricordano i nomi incisi sulle lapidi dei nostri paesi, le pagine della storia alpina, i militari di ogni fronte che qui morirono negli ospedali della città. E lo testimoniano le vite spezzate di un’intera generazione di giovani, fino ai ragazzi del ’99, che appena maggiorenni furono mandati a combattere e a morire nelle trincee: una giovinezza sacrificata alla brutalità della guerra».
Un pensiero va anche al «contributo troppo spesso dimenticato delle donne: durante il conflitto, mentre milioni di uomini erano al fronte, furono loro a garantire la continuità della vita civile e produttiva del Paese. Le donne italiane superarono le barriere domestiche facendo il loro ingresso nei reparti delle fabbriche. Assunsero ruoli anche negli uffici postali, a condurre i tram, nei servizi pubblici, nelle officine, in attività fino ad allora precluse alle donne. Fu così che la Grande Guerra rappresentò una tappa cruciale nella trasformazione del ruolo sociale femminile: rivelò competenze, responsabilità e capacità che non potevano più essere negate».
Fu in quegli anni, ha aggiunto la sindaca, che «maturò anche un primo, importante passo sul piano dei diritti: con la Legge Sacchi del 1919 venne abolita l’autorizzazione maritale e alle donne fu consentito di accedere a tutti gli impieghi pubblici, tranne la magistratura, la politica e l’esercito. Eppure, alla fine del conflitto, tante di loro furono spinte fuori dal lavoro o costrette a tornare nell’ombra, senza che quell’impegno trovasse pieno riconoscimento. Nel celebrare questa ricorrenza, vogliamo ricordare anche quel contributo silenzioso, parte essenziale della nostra memoria collettiva: non solo il sacrificio dei caduti, ma anche l’impegno di chi, nelle retrovie, lavorò per mantenere viva l’Italia e prepararne la rinascita».
In quella trasformazione «si intravede anche un seme per la nostra democrazia, per il riconoscimento che ogni cittadino e ogni cittadina hanno un ruolo nel futuro della nostra comunità. È lo stesso senso di responsabilità collettiva che oggi riconosciamo nelle donne e negli uomini che servono il Paese in uniforme, continuando a custodire quei valori di unità e di impegno civile che nacquero allora».
«Bergamo rinnova la sua vicinanza all’Ucraina e a Bucha»
Il 4 novembre, ha ricordato Carnevali, è anche la Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, a cui «va il ringraziamento della comunità bergamasca per il servizio quotidiano». Il pensiero, ha aggiunto, «va ai militari impegnati in scenari difficili, dal Libano al Mediterraneo, che operano per salvaguardare la vita dei civili, tutelare il diritto internazionale, prevenire l’allargarsi dei conflitti. Viviamo un tempo segnato da inquietudini globali. La guerra in Ucraina, giunta al quarto anno, continua a minacciare la stabilità dell’Europa e la libertà di un popolo sovrano».
Bergamo, ha dichiarato, «rinnova la sua vicinanza al popolo ucraino e alla città di Bucha, con cui ha stretto un legame di solidarietà e di speranza, segno del nostro impegno per la libertà e la dignità di ogni popolo. La tragedia in Medio Oriente colpisce duramente civili innocenti, negando loro sicurezza, diritti fondamentali, speranza. Assistiamo finalmente a una tregua che è un passo, importante, ma ancora precario, e che richiede il sostegno costante della comunità internazionale per trasformarsi in un vero processo di pace. In molte altre aree del mondo, in Africa, in Asia, e in troppi luoghi dimenticati, il peso di scontri e guerre civili continua a colpire popolazioni vulnerabili».
«Oggi si contano nel mondo 56 conflitti aperti, segno di quanto la convivenza resti un obiettivo da costruire ogni giorno, con la forza del dialogo e della diplomazia. Anche le comunità locali, come Bergamo, possono dare un contributo (alla pace, ndr): educando alla memoria storica, contrastando l’indifferenza, creando spazi di dialogo e di solidarietà tra i popoli. È un impegno che ci riguarda tutti: istituzioni, associazioni, scuole. Ricordiamo il passato non per coltivare ostilità antiche, ma per capire meglio il presente e costruire un domani diverso».
«I caduti che oggi onoriamo non hanno combattuto per alimentare nuove inimicizie, ma perché l’Italia potesse vivere libera, unita e in pace – ha concluso -. Questa è la responsabilità che ci prendiamo davanti alla loro memoria. È il giuramento civile che rinnoviamo ogni 4 novembre: custodire l’armonia fra i popoli come bene prezioso e fragile, e difendere la democrazia come spazio di libertà per ciascuno di noi. Viva le Forze Armate, viva l’Italia».