di Elena Esposto
Parlando di violenza contro donne, è comune sottolineare come sia un fenomeno culturale e che la battaglia può – e deve – essere combattuta soprattutto sul piano della cultura. Ma come fare quando la cultura non aiuta, anzi, è a sua volta parte del problema?
È un tema che in questi giorni sta interessando diverse organizzazioni che si occupano del tema sul territorio di Bergamo, in seguito all’annuncio che il cartellone del Festival Donizetti Opera ospiterà l’operetta Deux hommes et une femme, che mette in scena la violenza domestica sotto forma di farsa.
La richiesta in una lettera

«In tante ci siamo chieste se sia opportuno rappresentare questo argomento in uno spettacolo comico, soprattutto in un momento come questo nel quale la violenza di genere è un problema evidente che non fa per niente ridere», commenta Caterina Ferrara a nome della Rete bergamasca contro la violenza di genere, una delle associazioni che hanno firmato la lettera aperta rivolta al direttore artistico del festival, Riccardo Frizza. «Nella lettera abbiamo fatto presente il nostro sconcerto e abbiamo chiesto, non di togliere l’opera dal programma, ma che venga contestualizzata, che venga offerto uno spazio di dialogo e riflessione».
«Ogni giorno i giornali raccontano di femminicidi. La violenza sulle donne è un’emergenza sociale riconosciuta da tutti – scrivono le associazioni -. Si sprecano i discorsi sulla necessità di un’educazione a forme differenti di relazione. E una delle massime istituzioni culturali della città che cosa fa? Non trova di meglio che rappresentare un’opera in cui i rapporti matrimoniali sono incentrati sulla violenza, per giunta teorizzata come buona, risolutiva ed efficace per ottenere rispetto e amor!».
L’invito è quello di «far precedere la rappresentazione da una nota letta o proiettata in sala, in cui si sostiene la cultura del rispetto, della libertà e della non violenza, considerando anche la vicinanza con la data simbolo del 25 novembre». Nota nella quale «il Teatro prenda nettamente le distanze dai contenuti dell’opera e proponga la visione per riflettere sulla posizione avvilente riservata alle donne nel corso della storia, per riconoscere quanto di ancora profondamente sbagliato perdura nei rapporti tra uomini e donne e per promuovere il cammino su percorsi completamente opposti».
Il peso dei prodotti culturali
Dopo l’invio della lettera, la Rete ha diffuso un comunicato nel quale ribadisce il peso che hanno, sulla società, i prodotti culturali che si rappresentano e a cui si sceglie di dare spazio. E la decisione di inserire in programma un’opera il cui libretto contiene frasi come «Fragranti fior non coglie chi non li sa educar, si può picchiar la moglie, non la si de’ accoppar; Quando indocili alle busse mi si vuol disobbedir, io con due carezze russe l’ordin so ristabilir. Che a me piace di picchiar quanto almen mi piace amar» è quantomeno discutibile.
«Se non cambia niente per la violenza di genere è perché non cambia la cultura intorno al tema, non cambia il modo di pensare, incluso quello di chi poi applica le leggi. Metteremmo a cuor leggero, in televisione, un’ora di spettacolo dove si prendono a sberle le donne? No, allora perché farlo a teatro?» conclude Ferrara.
La risposta del direttore Frizza

La lettera aperta ha ricevuto risposta da Frizza, direttore artistico del Festival, sabato 8 novembre, poco prima dell’inizio del consueto presidio mensile della Rete in Largo Rezzara. Una lettera dai toni più pomposi e paternalistici che risolutori.
«Desideriamo chiarire che la scelta di presentare Deux hommes et une femme non nasce da alcuna volontà di sminuire o banalizzare la violenza domestica. Al contrario, l’intento è proporre una riflessione critica su dinamiche inaccettabili, a partire da un’opera ottocentesca che già offre nella complessità del tema spunti significativi di riflessione sul patriarcato, sul ruolo della donna – che qui provocatoriamente trova nel machismo una tossica modalità di riscatto e affermazione – e sulla violenza di genere».
Botta e risposta
L’idea che basti mettere in scena una parodia della violenza domestica per stimolare la riflessione e scardinarne le dinamiche nella mente degli spettatori non convince del tutto. «È abbastanza chiaro per noi, che guardiamo a queste opere dal 2025, come dietro alla comicità dell’inversione dei ruoli di genere si nasconda in realtà un meccanismo conservatore. L’opera gioca sul ribaltamento dei ruoli solo per riaffermare l’ordine patriarcale e violento: il ritorno del primo marito violento ristabilisce la “normalità”, ridicolizzando la donna che comanda e celebrando l’uomo come garante della giustizia e dell’equilibrio sociale», scrive la regista e drammaturga bergamasca Carmen Pellegrinelli in un intervento a favore della mobilitazione della Rete.
«È senz’altro legittimo mettere in scena opere che rispecchiano i mondi e modi di pensare (e ironia) del passato; non possiamo certo disfarci dei capolavori della cultura occidentale – continua Pellegrinelli -. Tuttavia, è necessario, oggi, dare o almeno cercare di dare alla lettura di queste opere un minimo di inquadramento critico».
Uno spunto non colto dalla direzione artistica del festival, che ha concluso così la propria risposta: «Crediamo che il teatro debba restare uno spazio di confronto e libertà di espressione, non un luogo in cui si forniscono letture univoche o dichiarazioni precostituite, tipiche di una cancel culture che non condividiamo e non ci appartiene».
«Un’occasione persa»
Come annunciato al termine del presidio di sabato, la Rete ha risposto oggi (10 novembre) alla lettera di Frizza, parlando di «un’occasione persa per confrontarsi sul tema della rappresentazione della violenza di genere nei prodotti culturali che sono proposti al pubblico» e ribadendo come «in Italia e nel nostro territorio la violenza di genere è un gravissimo problema quotidiano, come ben sanno anche le associazioni che operano in concreto in questo ambito, ogni giorno, e che sono concordi su questo. Nel mese di ottobre, a Bergamo e provincia ci sono state 81 nuove chiamate ai centri antiviolenza, 9 i femminicidi del mese in Italia. L’anno scorso sono state ben 1.250 donne le nuove chiamate ai centri del territorio».
Di seguito, il testo completo della lettera della Rete bergamasca contro la violenza di genere.
Gentile direttore,
recepita la sua risposta alla nostra lettera aperta relativa all’opera Deux hommes et una femme, le scriviamo nuovamente perché non condividiamo affatto quanto ci ha scritto.
Come premessa ci preme ribadire, come già detto chiaramente nella lettera aperta, che nella nostra richiesta non vi è alcuna traccia di “cancel culture” perché non le abbiamo chiesto di non mettere più in scena l’opera, bensì di contestualizzare con il pubblico il suo tema – declinato, come voi stessi avete notato presentando il programma di questa edizione, in un libretto caratterizzato da «versi ricchi di cinismo e decisamente poco inclini alla parità di genere».
Proprio come voi, crediamo che il teatro debba restare – come ci scrive – uno spazio di confronto e libertà di espressione e proprio per questo vi abbiamo chiesto di confrontarci, ma la vostra risposta non propone alcun confronto sulla questione posta nella nostra lettera.
- Ribadisce il vostro impegno sui temi sociali urgenti, ma non dimostra alcuna riflessione su tali temi.
- Non spiega come questa specifica opera – incentrata sulla farsa della violenza sulla donna, da educare picchiando – offrirebbe l’occasione di «riflettere su quanto questi meccanismi sociali e culturali restino purtroppo attuali e debbano essere costantemente combattuti».
- Soprattutto, respinge al mittente il disagio condiviso non solo dalla Rete bergamasca contro la violenza di genere, ma anche da importanti realtà impegnate nella lotta quotidiana alla violenza di genere, che hanno aderito alla lettera aperta, e quasi 180 cittadini e cittadine che finora la hanno sottoscritta online.
Crediamo sia un’occasione persa per aprire un dialogo sul tema della rappresentazione della violenza di genere nei prodotti culturali proposti al pubblico.
Nel formulare questa risposta, abbiamo considerato anche il ruolo della Fondazione Donizetti e del teatro Donizetti nella città. Essi hanno una parte importante nelle azioni di promozione culturale – e tramite di esse, di promozione del cambiamento culturale – dell’amministrazione locale e ricevono risorse pubbliche.
Per questo motivo, in questa ulteriore fase dello scambio, inseriamo, per opportuna conoscenza e condivisione, anche l’assessorato alla Cultura, a cui chiediamo di esprimersi sulla questione – anche in questo caso senza alcun intento polemico ma nella convinzione che solo insieme, tutte e tutti, possiamo davvero cambiare le cose.
Restiamo dell’idea che, in particolare in questo periodo – il mese di novembre, nel quale si concentra la sensibilizzazione sulla lotta per l’eliminazione della violenza sulle donne -, una riflessione sul tema della violenza esercitata nelle relazioni di coppia sia più che necessaria. Per tale motivo, ci riserviamo di promuovere ulteriori iniziative in tema e di mantenere alta l’attenzione.