Quello che ha detto, lo avete ormai letto tutti. Ma dentro i circa 33 minuti di conferenza stampa di Palladino da nuovo allenatore della Dea, tuttavia, ci sono tante piccole cose che si potevano notare solo prestando grande attenzione. E che fanno riflettere. Elementi legati anche agli sguardi e al linguaggio del corpo.
Empatia, lavoro e senso di appartenenza: la ricetta di Raffaele
Il nuovo tecnico della Dea ha parlato più volte di Dna atalantino. Lo ha fatto per quanto lui ha imparato a conoscere la Dea da fuori e per come gliel’hanno evidentemente raccontata. Ma anche per come ha studiato la nostra squadra. Perché è evidente che in questi mesi Palladino abbia studiato l’Atalanta.
Voleva venire qui. Adesso che lavora a Zingonia, davanti a tutto ci mette l’empatia. Che non porta punti, per quelli servono lavoro e concetti. Però, se hai una rosa forte – come lui (e non solo lui) ritiene di avere -, si parte dalla convinzione che i giocatori forti devono spingere per dimostrarlo. Il resto viene di conseguenza. Nel tempo.
Integralismo? No, grazie: si lavora per il vestito migliore della Dea
Sul piano tattico, non ci sono dogmi prestabiliti. Si parte con il 3-4-2-1 perché è nelle corde del gruppo, piace all’allenatore e lo stesso mister pensa che sia il modulo più adatto. Tuttavia, anche giocare con il trequartista e due punte è plausibile (3-4-1-2), senza dimenticare che a Firenze ha giocato a quattro in difesa per necessità e per esaltare le doti dei calciatori a disposizione.
A Bergamo, Palladino ha trovato un gruppo importante e ha sottolineato come «uno che è nella rosa dell’Atalanta è forte». Insomma, il lavoro e lo spirito di adattamento non sono due entità astratte per cui è necessario trovare un compromesso di chissà quale tipo. Ci si concentra sulle sfumature.
L’esperienza in Conference e il lavoro fisico
A chi gli ha chiesto della preparazione, fisica e non solo, delle partite, dato che non ci sarà tempo di lavorare una settimana intera fino a dopo il 13 dicembre, il tecnico ha risposto in modo dettagliato. In particolare, per spingere su forza e intensità ha citato il terzo giorno prima di una gara, portando l’esempio della Fiorentina, con cui già nella passata stagione ha fatto un percorso intenso a livello di partite consecutive e arrivando a un passo dalla finale di Conference League. Il team di lavoro, il metodo già sperimentato e grande attenzione ai dettagli sono tutti ingredienti di una gestione che dovrà essere molto precisa e proficua.
Il telefonino bollente, le chiamate ai giocatori e quella (che manca) del Gasp
L’unica battuta un po’ fuori dagli schemi Palladino l’ha concessa quando ha detto: «Il mio telefonino, in questi giorni, è stato bollente». Tante chiamate, ma non quella di Gasperini, che lo stesso Palladino ha definito un maestro, prima di volgere lo sguardo al futuro.
Un approccio giusto e importante, rispettoso di quello che ha rappresentato per la piazza il tecnico di Grugliasco e per gli insegnamenti che ha trasferito allo stesso attuale mister nerazzurro, il quale però vuole guardare avanti e pensare al suo percorso. A quello che può e vuole fare con la Dea.
«Siamo tutti con lui»: le parole di Luca Percassi
«È il primo ad arrivare a Zingonia e l’ultimo ad andare via. Siamo tutti con lui, chi vuole davvero bene all’Atalanta conosce bene quello che serve per ripartire»: l’ad Luca Percassi ha prima salutato il nuovo tecnico e poi detto queste parole. Poco prima, Palladino si era detto «sorpreso» della vicinanza dei dirigenti a Zingonia, ha parlato del senso di famiglia che si respira ed è parso davvero carico. Ogni nuova avventura inizia con i migliori propositi, ma questa volta, dopo la parentesi Juric, l’aria che si respira in casa Atalanta sembra proprio diversa.