Svolta inattesa

La pizzeria di Bergamo che ha dovuto pagare 4 mila euro per il “Grana vegano” nel menù ora “ringrazia” la multa

Steve e Devis Gentile della Kindness: «È stato un duro colpo, ma siamo diventati virali. Tanti ci hanno sostenuti e gli ordini sono aumentati»

La pizzeria di Bergamo che ha dovuto pagare 4 mila euro per il “Grana vegano” nel menù ora “ringrazia” la multa

La Kindness, una piccola pizzeria con doppia sede in via Pignolo e in via Broseta nel centro di Bergamo, si è ritrovata a pagare quattromila euro per due parole sul menù. Più precisamente, per una dicitura che doveva solo far capire in modo semplice cosa fosse quel formaggio vegetale di ceci sull’impasto: «Grana vegano».

Risultato? Sabato 22 novembre è arrivata una bella multa dai carabinieri per la Tutela agroalimentare a carico dei titolari. Mettere tra gli ingredienti il “Grana vegano” è infatti illegale, violerebbe la legge usurpando esplicitamente la Dop (Denominazione di origine protetta) del Grana Padano “vero”.

Si è ribaltata la situazione

 

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Per l’attività una grande scocciatura, una grana (in tutti i sensi). Poi, però, la situazione s’è ribaltata: il video che la pizzeria ha pubblicato sui social per raccontare la disavventura – con tanto di verbale e foto del menù – è diventato virale, arrivando a ben 260 mila visualizzazioni, ricevendo messaggi di vicinanza da clienti e colleghi ristoratori e ottenendo addirittura qualche ordine extra. E soprattutto: si è fatta viva la “Bergamo vegana”, quella parte di cittadinanza composta da chi, per necessità o per filosofia, ha fatto una scelta alimentare senza prodotti animali e che a Kindness ha espresso molta solidarietà.

Da sinistra, i titolari di Kindness: Devis e Steve Gentile

Un ribaltamento della situazione che Steve e Devis Gentile non si aspettavano e che li ha piacevolmente sorpresi: «È stata una botta grossa per le casse – dice Steve -. Non è che quattromila euro per noi siano noccioline, però, incredibile a dirlo, è stata anche una pubblicità positiva. Ci siamo trovati più ordini del solito, più vegani, anche ristoratori che ci hanno scritto per sostenerci. È assurdo, ma il video della multa è il più visualizzato da quando abbiamo aperto nel 2019».

Non proprio una frode…

Steve definisce la sanzione «giusta» dal punto di vista legale, ma ridimensiona l’accusa. «Non volevamo ingannare nessuno. Errore nostro, ok. Ma è un errore di comunicazione, non di prodotto. Se tu scrivi “prosciutto crudo 18 mesi” e vendi qualcosa che non è quello, quella è frode al cliente. Qui non c’è nessuna frode. Noi vendiamo un’alternativa. Solo che la gente ci chiedeva ogni volta: “Cos’è il Grattosino? Cos’è la Filarella?” Allora, per non perdere tempo, lo abbiamo chiamato “Grana vegano”. È stato un modo rapido per far capire di cosa si trattava, non per fingere fosse Grana Padano».

L’effetto della sanzione

La domanda viene spontanea: dopo una multa così, gli altri pizzaioli e ristoratori adesso hanno paura a inserire prodotti vegani tra le proposte? «No. Chi fa ristorazione sa cosa fa. Un cuoco, un pizzaiolo che ha le idee chiare, non cambia idea perché abbiamo preso noi una multa. Anzi, secondo me è stata più pubblicità che danno. È un ammonimento: state attenti, scrivete bene le cose. Fine», spiega Steve.

Poi apre ulteriormente il ragionamento: «La multa è giusta: abbiamo sbagliato noi la dicitura. Ma pensare che la scelta vegana sia a rischio per questo, no. O ci credi o non ci credi. E chi ci crede, continua».

Kindness non cambia direzione 

Da quanto dice il titolare, la Kindness non cambia direzione rispetto all’offerta dei prodotti. E qui la storia diventa personale.

«Io e mio fratello siamo cresciuti con una mamma che ci ha fatto mangiare 60-70 per cento verdure e 30 per cento carne. Abbiamo anche fatto un periodo vegano in casa. Per noi proporre alternative alimentari variegate, quindi sia vegetali che non, è più abitudine che strategia. La proposta delle nostre pizze vegan è un modo per far venire la stessa persona più volte senza fargli mangiare sempre salumi o carne».

Il ragionamento è semplice per Steve: «La pizza “di carne”, chiamiamola così, alla fine ha sempre maiale: prosciutto, salsiccia, pancetta. Oggi tanta gente vuole limitare i salumi, limitare il processato, concedendosi comunque una pizza. Perciò i nostri clienti non sono solo vegani. Ci sono quelli che semplicemente scelgono ogni tanto di mangiare vegetale. Non deve essere per forza ideologia, è anche buon senso».

Poi, da pizzaiolo appassionato, aggiunge: «Noi facciamo solo pizza. Siamo una realtà verticale, non cento cose fatte a metà».

Una multa “fortunata”

In sostanza, la multa per aver scritto “Grana vegano” è stata certamente un danno per le cassa di una realtà piccola come quella di Kindness, ma ha anche portato un’eco positiva.

«La cosa assurda? Per una volta non ci hanno attaccato. Noi sui social, di solito, per il 60 per cento veniamo attaccati dagli haters. Stavolta no. È stata un’ondata positiva fatta di messaggi, di telefonate. Ci ha avvicinato ai vegani, molti ci hanno scoperto grazie a questo post. Lì ho capito che la multa è stata una “fortuna”, perché ci ha mostrato gli errori che stavamo facendo e, in qualche modo, ci ha dato tanta visibilità. Non abbiamo fatto incassi record eh. Lavoriamo come sempre. Ma la gente ci conosce meglio. E per una pizzeria piccola come la nostra, vale tanto».

Non serve fare una crociata

Il nome vero dell’ingrediente “Grattosino vegano” è tornato ora sul menù, con le conseguenti richieste di chiarimenti  da parte dei clienti. Insomma, nessun manifesto, niente crociate alimentari. Solo una pizzeria che ha capito che l’inclusione gastronomica è più interessante delle etichette. Steve, infatti, la chiude così: «A noi piace fare la pizza. Per vegani e per non vegani. L’importante è che sia buona, no?».