Qualcosa, probabilmente, nel futuro a medio termine cambierà. Perché la rosa è profonda e importante; perché l’età avanza per tutti e non si può pensare che da qui a fine 2025 giochino sempre gli stessi undici. È utopia.
Poi però ci sono il campo e i valori che in allenamento vengono a galla e il mister fa delle scelte. Quelle compiute a Francoforte sono figlie di quelle fatte per la sfida contro Napoli, con solo due cambi rispetto ai primi undici del Maradona e la conferma di quello che il secondo tempo campano aveva detto.
Palladino ha spiegato di non aver la bacchetta magica e in momenti complicati come quello che stava vivendo la Dea c’era solo una cosa che paga sempre: l’essere credibili agli occhi dei giocatori. Perché chi fa il calciatore capisce bene quanto ha lavorato o non ha lavorato bene in settimana. Quindi, se gioca perché merita lo capisce, così come capisce se merita e non scende in campo.
Va tenuto sempre presente che i tifosi e gli addetti ai lavori vedono solo la partita. Quindi ogni scelta si può giudicare solo da lì: non vediamo nulla, non sappiamo come sono andati gli allenamenti.
Fatto sta che, dopo soli sei giorni di lavoro con il gruppo al completo, tra Napoli e Francoforte (due trasferte), l’Atalanta di Palladino ha segnato più gol di quanti ne ha subiti e in attacco ha fatto vedere che cosa può fare. Che giochi uno o l’altro importa poco, conta solo il bene della Dea.