Sopra: Riccardo Claris
La procura ha chiuso l’indagine sulla morte del 26enne Riccardo Claris: il 19enne Jacopo De Simone, unico indagato, rischia ora l’ergastolo per omicidio volontario aggravato dai futili motivi (una lite calcistica). Il passo successivo sarà con ogni probabilità la richiesta di rinvio a giudizio. La notizia arriva quasi sette mesi dopo l’accaduto, il 4 maggio, in via Ghirardelli a Bergamo.
Sembrava solo una lite da bar
Secondo quanto riportato dal Corriere Bergamo e ricostruito dagli inquirenti, le tensioni erano iniziate al Reef Café di Santa Caterina. Da una parte c’erano Jacopo De Simone, il gemello Valerio e alcuni amici, tutti interisti; dall’altra gli atalantini, fra cui Riccardo Claris, che quella sera era uscito con la fidanzata e una coppia di amici.
Secondo le ricostruzioni, tutto è cominciato da un coro lanciato da De Simone, a cui sarebbero seguiti insulti e provocazioni reciproche. Il gruppo di Jacopo si è poi diretto verso lo stadio e quello di Claris, insieme ad altri tifosi, li ha seguiti fino a raggiungere via Ghirardelli, proprio sotto la casa del 19enne.
È lì che De Simone era rientrato in casa, aveva incrociato la madre Francesca Mezzanotte – alla quale aveva riferito della lite chiedendo del gemello – e lei era scesa per calmare la situazione, che in effetti si stava già smorzando.
Poco dopo, però, il 19enne è riapparso in strada con un coltello in ceramica da 11 centimetri nascosto nella tasca della felpa. Quando ha colpito Claris, un solo fendente è bastato a recidere l’aorta. De Simone non ha chiamato il 112 né avvisato il fratello. In seguito ha sostenuto che Claris volesse aggredirlo con una catena, ma quell’oggetto non è mai stato trovato.
L’aggravante dei futili motivi
A complicare ulteriormente la posizione di De Simone ci sono le osservazioni della gip Maria Beatrice Parati, che durante la convalida dell’arresto aveva parlato di una «lievità e sproporzione» tra la lite iniziale e la decisione del ragazzo di uscire armato di un coltello. È proprio l’aggravante dei futili motivi a spingere questa vicenda verso la Corte d’Assise, dove si giudicano i reati più gravi.
Restano invece ancora aperti gli accertamenti relativi a tre amici della vittima, indagati per minacce aggravate: accanto al corpo è stata invece sequestrata una fibbia, poi confrontata con una cintura recuperata a casa di uno dei tre amici della vittima, finiti sotto indagine per minacce aggravate.
Questo filone parallelo è stato però stralciato e resta ancora aperto, mentre dai Ris di Parma, finora, non sono arrivati elementi utili a chiarire la situazione.
Un quadro familiare complicato
Sullo sfondo c’è anche un precedente familiare: tre mesi prima dell’omicidio, il fratello maggiore di Jacopo, Carmine, aveva ucciso a botte Luciano Muttoni a Valbrembo.
Per quella vicenda l’udienza preliminare è fissata il 12 dicembre, e anche se le due storie non sono collegate sul piano tecnico, la coincidenza di un atto violento da parte dei due fratelli attira molta attenzione.
Il lutto dei Claris
La famiglia di Riccardo, la madre Alessandra Feroldi e la sorella Barbara, continua a mantenere il silenzio. Non hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche, lasciando parlare gli atti e l’avanzamento dell’indagine.
Intanto, il ricordo di Riccardo continua a viaggiare anche fuori dall’Italia: mercoledì, durante la partita di Champions a Francoforte, i tifosi dell’Eintracht -legati all’Atalanta da un gemellaggio – hanno esposto una maglia con il suo nome, fiori e striscioni per ricordarlo.
Adesso la vicenda si prepara a entrare in una nuova fase, quella del processo, dove sarà la Corte a stabilire le responsabilità definitive.