Un ex prete ha denunciato l’ex compagno: «Mandò le pompe funebri di notte a casa dei miei genitori».
È l’immagine surreale e inquietante di tutta la vicenda ora al centro di un processo per stalking che ruota attorno a tormenti personali, telefonate anonime e un foglio di scuse presentato al giudice al Tribunale di Bergamo.
Quella strana telefonata notturna
Il 38enne, ex prete, ha raccontato di trovarsi all’estero quando a mezzanotte ricevette una telefonata dai carabinieri. A loro risultava che li avesse chiamati lui, ma la realtà era ben diversa: qualcuno aveva inviato un carro funebre a casa dei suoi genitori, entrambi vivi e ben lontani dall’aver bisogno di un funerale.
Lo riporta oggi (giovedì 11 dicembre) il Corriere Bergamo. Questa e altre telefonate anonime non sono state ricondotte con certezza all’imputato, ma lo strano episodio, fin dall’inizio, fece ricadere i sospetti sull’ex compagno con cui il 38enne aveva avuto una breve relazione.
Un foglio di scuse
L’imputato, quarantenne, non ha nemmeno partecipato all’udienza. «Non me la sento», ha spiegato in una dichiarazione consegnata alla giudice. Un foglio pieno di scuse, nel quale attribuisce il suo comportamento a un senso profondo di solitudine, aggravato dalla difficoltà di vivere apertamente la sua omosessualità in un piccolo Comune di provincia.
La sua fragilità è in realtà nota da anni ai servizi sanitari: è in cura al Cps e in passato era già stato giudicato incapace di intendere e di volere, tanto da finire due volte sotto libertà vigilata per reati simili.
La nuova perizia firmata dallo psichiatra Filippo Tancredi parla di parziale vizio di mente, ma esclude la pericolosità sociale. Un dettaglio tutt’altro che secondario, perché senza pericolosità non possono scattare misure di sicurezza.
La storia tra i due
La storia tra i due era nata nel 2020: un contatto su Facebook, qualche messaggio, poi un legame breve ma, almeno per il 38enne, affettivamente autentico. «Mi contattò lui, per me era una relazione sentimentale», ha dichiarato in aula.
È durata poco. Quando tutto finì, il quarantenne chiese di restare amici, di aiutarlo a trovare un lavoro. Nel frattempo entrambi avevano già incontrato nuovi compagni, e la vicenda sembrava destinata a dissolversi senza scossoni. Almeno fino al giorno in cui il nuovo fidanzato dell’ex prete trovò i tergicristalli dell’auto spezzati. E il 38enne pensò subito all’ex compagno.
Una serie di sfortunati eventi
In tribunale, il 38enne ha ripercorso tutto ciò che sostiene di avere vissuto dal 2021 al 2024. Ha raccontato centinaia di telefonate anonime a qualsiasi ora – 600 per l’esattezza -, pizze non ordinate recapitate 7-8 volte, fiori arrivati senza mittente, apparizioni sospette sul luogo di lavoro e perfino una telefonata tra le poche attribuibili all’imputato in cui lui avrebbe detto: «So chi sono i tuoi genitori e dove abiti».
C’è anche un passaggio in cui qualcuno, non si sa chi, avvertì i carabinieri dicendo che il 38enne stava per essere aggredito. Gli agenti bussarono alla sua porta, trovando lui completamente ignaro. Alla fine nessuna aggressione fisica e nessuna minaccia esplicita, come ha sottolineato lui stesso. Ma la paura sì, al punto da convincerlo a cambiare casa e a non voler rivelare il suo nuovo indirizzo in aula.
Un anno senza nuovi episodi
Il 38enne ha spiegato di aver impiegato anni prima di rivolgersi alla giustizia: «Ho aspettato tre anni a denunciare», ha detto. Dal dicembre 2023 al marzo 2024 ha presentato quattro querele, mentre proseguiva un percorso di psicoterapia iniziato tempo prima per altre ragioni, ma che oggi comprende anche il peso di questi fatti.
Da un anno, però, non si registrano nuovi episodi. E per questo l’uomo sta valutando se ritirare la querela alla prossima udienza prevista il 14 gennaio.
Stalking o molestie?
Ma tutto questo basta per parlare di stalking? È lo stesso Corriere a ricordarlo: la legge chiede che la paura sia concreta e provata, e su molti episodi non c’è certezza che sia stato l’imputato a compierli.
Tra difesa e accusa la discussione ruota proprio attorno alla solidità di quegli indizi. In aula resta la domanda che il 38enne ha rivolto alla giudice: «Vorrei tornare a una vita normale, come faccio a essere sicuro?».