Bisogna che ci mettiamo d’accordo. L’Atalanta, oggettivamente, contro il Genoa non avrebbe meritato i tre punti. Avrebbe invece meritato molto di più contro Pisa, Como, Milan e Lazio, dove ha raccolto solo 4 punti.
Chi criticava quelle gare per i “soli” quattro pareggi, di fronte ai tre punti di Genova dovrebbe essere contento. Perché o le prestazioni contano sempre, oppure prima vengono i punti. E Palladino, in otto gare al timone della Dea, ne ha vinte sei. Non giocando sempre bene e stavolta pure con una bella dose di fortuna. Giusto dirlo, ma senza fare troppo gli schizzinosi su come sono arrivati i tre punti.
L’Atalanta a Genova ha giocato dal 3′ in superiorità numerica. Fino al 94′ i bergamaschi hanno sbattuto – con poca forza e incisività – sul muro eretto dal Genoa. Non solo: la Dea ha anche rischiato. Il palo di Vitinha, la parata di Carnesecchi su Colombo, un paio di palloni pericolosi in area. Dall’altra parte, la Dea ha fatto troppo poco per vincere, però ci è riuscita. E alla fine rimangono i punti per una risalita che continua. Lenta, ma costante.
La gara di Marassi ha detto che questa Atalanta non è ancora maturata, non è ancora una big. Palladino, nel post gara, ha detto che quando giocava gli era capitato di “rilassarsi” perché gli altri giocavano in 10. Se poi capita al 3′, tutta la partita prende una piega diversa.
Alla fine, a Marassi il Genoa si è preso i complimenti e la Dea ha intascato i tre punti. Che sono di importanza enorme per la squadra in questo momento del campionato. Quindi avanti con fiducia, perché la Dea sa anche giocare molto meglio, ma adesso servono i punti. Tanti punti. Anche quelli meno meritati.