Anche in provincia di Bergamo il mercato del lavoro mostra segnali di squilibrio sempre più evidenti. Secondo una recente indagine della Camera di commercio provinciale, una quota significativa di imprese dichiara difficoltà nel reperire personale: negli ultimi dodici mesi, la percentuale oscilla tra il 30 e il 40 per cento, con differenze rilevanti tra i settori.
Una fragilità strutturale della Bergamasca
Le criticità risultano più contenute nell’artigianato, dove il 29 per cento delle aziende segnala problemi di reperimento, e nel commercio al dettaglio, che si attesta al 34 per cento. La situazione si fa invece più complessa nell’industria, con il 37 per cento delle imprese in difficoltà, e soprattutto nei servizi, che raggiungono il 40 per cento. Un quadro che conferma come la difficoltà a trovare lavoratori non sia episodica, ma rappresenti una fragilità strutturale dell’economia locale, in linea con quanto emerge anche dalle rilevazioni nazionali come Excelsior.
Le esigenze delle imprese variano a seconda dei comparti. Nell’industria la ricerca si concentra soprattutto su profili tecnici specializzati, figure sempre più rare e molto richieste. Nel terziario, invece, pesa maggiormente la carenza di personale poco qualificato. In entrambi i casi, tuttavia, i livelli di difficoltà superano la media regionale, segnalando un problema che va oltre la singola congiuntura.
Come le imprese cercano personale
Per attirare nuovi lavoratori, le aziende fanno sempre più affidamento sui canali digitali: li utilizza il 38 per cento delle imprese industriali, il 36 per cento di quelle del commercio e il 30 per cento dei servizi. L’artigianato si distingue per un uso più limitato di questi strumenti, che coinvolgono solo il 16 per cento delle imprese, preferendo percorsi di formazione in ingresso come tirocini e apprendistato, adottati dal 19 per cento.
Nel settore industriale è inoltre diffuso il ricorso alle agenzie per il lavoro, utilizzate dal 38 per cento delle aziende, e alle collaborazioni con scuole, Its e università, che coinvolgono il 33 per cento delle imprese, segno di un approccio più strutturato alla selezione del personale.
Gli incentivi ai lavoratori
Sul fronte degli incentivi, le strategie cambiano ancora. I servizi e il commercio puntano soprattutto sulla flessibilità organizzativa, rispettivamente nel 20 e nel 14 per cento dei casi, mentre l’industria valorizza maggiormente welfare e benefit, adottati dal 24 per cento delle imprese. Nonostante ciò, una quota rilevante di aziende – compresa tra il 15 per cento dell’industria e il 48 per cento dell’artigianato – non utilizza alcuna leva specifica, affidandosi spesso a canali informali e conoscenze dirette.
Per trattenere i lavoratori, la revisione periodica delle retribuzioni è la misura più diffusa nell’industria, con il 39 per cento delle imprese coinvolte, e nell’artigianato, dove raggiunge il 30 per cento, così come nei servizi, con il 28 per cento. Nel commercio assumono invece un ruolo centrale la formazione continua, adottata dal 29 per cento delle aziende, e i percorsi di carriera, scelti dal 26 per cento, insieme al miglioramento dell’organizzazione del lavoro. È proprio su formazione e carriera che emerge il divario più marcato tra piccole e grandi imprese.
Il welfare aziendale
L’industria si conferma infine il settore più avanzato sul fronte del welfare aziendale: il 68 per cento delle imprese ha adottato o prevede di introdurre benefit economici, il 63 per cento offre o intende offrire programmi di sanità integrativa e il 61 per cento ha attivato o sta introducendo forme di previdenza complementare. Nel terziario prevalgono invece strumenti di flessibilità organizzativa, come orari flessibili e part time, con valori che sfiorano il 50 per cento. L’artigianato presenta livelli generalmente inferiori, ad eccezione dei permessi e dei congedi aggiuntivi e del supporto a chi assiste familiari.
«Il problema affonda le radici nella storica difficoltà di integrare il sistema formativo con il mondo produttivo, aggravata oggi dal calo demografico e dalle transizioni digitale ed ecologica – ha spiegato il presidente della Camera di commercio di Bergamo, Giovanni Zambonelli -. Per affrontare queste sfide, la Camera di commercio è impegnata insieme alle istituzioni locali nel Tavolo Bergamo 2030, con l’obiettivo di rendere il territorio più attrattivo per i giovani e prepararlo ai cambiamenti demografici e produttivi in atto».