Maria Giulia, che ora è Fatima La napoletana che ha scelto il jihad
Al secolo si chiamava Maria Giulia, anche se da quando si è convertita all’islam ha preso il nome di Fatima. Di cognome faceva Sergio, oggi Az Zahra, che in arabo vuol dire “fiore”. Ha 28 anni e l’anno scorso ha deciso di andare in Siria a combattere come foreign fighters. Di lei da allora non si è saputo più niente, fino a questa notte, quando la sua famiglia, originaria di Torre del Greco ma trapiantata alle porte di Milano, è stata arrestata nel blitz antiterrorismo condotto dalla Digos in Lombardia e a Grosseto. In cella sono finiti la madre, il padre, la sorella e lo zio di Maria Giulia.
Le accuse. Al padre e alla madre di Maria Giulia Sergio è stato contestato l’articolo 270 quater del codice penale che punisce chi organizza la partenza di combattenti con finalità terroristiche, come previsto dal decreto legge antiterrorismo approvato in via definitiva lo scorso aprile. Tra le accuse contestate agli altri arrestati, invece, c’è l’articolo 270/bis, ossia il reato di terrorismo internazionale introdotto dopo l’11 settembre 2001. Insieme a loro sono stati arrestati anche alcuni cittadini albanesi residenti in provincia di Grosseto, imparentati con Fatima. Una rete familiare allargata, insomma, che cercava di procurare adepti al Califfo, e che aveva come referente proprio la giovane, già in loco in Siria con il marito albanese e la suocera.
La conversione. Di Maria Giulia si è cominciato a parlare nel gennaio scorso, quando venne definita la prima Lady Jihad italiana. Di lei era diventata famosa una partecipazione alla trasmissione tv Pomeriggio Cinque, dove difendeva il diritto delle donne a portare il velo. Qualche anno fa, riporta un articolo apparso a gennaio sull’Huffington Post, parlando con una cronista disse che per lei l’islam era stato un percorso intimo e personale, che la sua non era una conversione ma una sorta di revisione, perché grazie al Corano le fu possibile ritrovare una strada persa e sentirsi veramente donna. Aveva 22 anni all’epoca e studiava medicina. Nel cassetto il sogno di diventare neurochirurgo e quello di visitare La Mecca. È diventata la donna della jihad.
Islam messaggero d’amore. «È come se avessi avuto una chiamata, Dio mi ha dato qualche cosa da dentro», disse alla reporter spiegando di aver avuto nell’infanzia una formazione «molto cattolica». Una scelta, che inizialmente la famiglia ostacolò, ma che poi accolse con favore e seguì: «Tutta colpa dei media che distorcono la percezione dell’Islam. Il nostro è un messaggio d’amore. Non è stato facile all’inizio, ho pensato di andarmene via dall’Italia. Poi mamma ha capito la bellezza di questa religione e si è convertita, sta per farlo anche mia sorella». Tanto che sia la mamma, casalinga, sia il papà, pensionato, recentemente si erano detti «orgogliosi» della figlia. Era una musulmana devota, Fatima, che su Facebook qualche anno fa si augurava la vittoria sui miscredenti in nome di Allah.
Le origini napoletane e il matrimonio albanese. La storia di Maria Giulia è simile a quella di tante ragazze sue coetanee, almeno all’inizio. Nasce a Napoli nel 1988, va a scuola, esce con gli amici, feste, discoteca, qualche alzata di gomito come accade a quell’età. Poi, appena maggiorenne, nel 2009 si converte all’islam dopo aver iniziato a frequentare un ragazzo marocchino. È lui il suo primo mentore e Maria Giulia decide, per amore, di dire basta a feste, discoteca, minigonne, trucco, e di abbracciare i costumi islamici. Inizia a pregare cinque volte al giorno rivolta verso la Mecca e a indossare il velo. La storia col marocchino finisce e Maria Giulia, che già è diventata Fatima, conosce un ragazzo albanese, che sposa nella moschea di Treviglio. Il nuovo marito è molto devoto alla causa dell’islam radicale, e secondo alcune fonti di intelligence pare siano stati proprio i contatti con la filiera di reclutamento jihadista albanese a permettere a Fatima e al marito di arrivare in Siria per unirsi ai miliziani del Califfato.
La rete jihadista albanese. Un matrimonio combinato, quello con Aldo Kobuzi, questo il nome del marito di Fatima, che pare avesse come unico obiettivo la partenza per la guerra santa. Una donna non accompagnata, infatti, non sarebbe stata accettata tra le fila dei combattenti. Cinque giorni dopo le nozze, nel dicembre 2014, i neosposi partono alla volta della Turchia, da cui poi riescono a entrare in Siria. Lui come combattente attivo, lei come sua sposa e basista per mantenere i contatti con quanti chiedono di arruolarsi.