Un popolo di 4,6 milioni di persone

Sarà pure emergenza immigrazione ma son più gli italiani che emigrano

Sarà pure emergenza immigrazione ma son più gli italiani che emigrano
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Con la pressante questione legata al continuo arrivo dei migranti dal Nord Africa, impazza nel dibattito politico, specie se a parlare è Matteo Salvini, la problematica dello spazio: dove li mettiamo tutte queste persone in costante e crescente arrivo? Ebbene, in realtà problemi quantomeno di spazio non è difficile che ce ne siano, poiché, stando agli ultimi dati forniti dall’Idos, un importante centro di ricerca in tema di flussi migratori, sono molti più gli italiani che se ne stanno andando dal Paese piuttosto che gli immigrati in arrivo. La pattuglia degli italiani all’estero, dunque, è ben più nutrita di quanto si possa immaginare.

 

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Qualche dato della ricerca. Prendendo in considerazione, ad esempio, il solo 2014, in Italia sono arrivate circa 95mila persone provenienti da altre nazionalità, in parte per restarci in maniera definitiva, in parte invece anche solo temporaneamente (come spesso accadde nel caso dei profughi). A lasciare la terra natia, invece, sono stati ben 155mila italiani. Un dato, quello del 2014, che in realtà altro non fa che riflettere un trend che ha rappresentato una costante dell’ultimo decennio. Le ragioni di una situazione del genere sono varie: la crisi economica che ha colpito il nostro Paese a partire dal 2007, e che dicono non essere ancora cessata, ha da un lato sicuramente creato numerosi problemi a chi un lavoro già ce l’aveva, ma soprattutto ha messo in seria difficoltà chi al mondo del lavoro si stava solo affacciando, come laureati o diplomati in istituti tecnici. Tutta gente che, colta l’aria che tirava, ha deciso di fare le valigie e migrare verso lidi più sereni. Fa riflettere, ad esempio, il dato di Londra: qui gli italiani sono 250mila, in pratica il numero degli abitanti di Verona.

 

Italy Europe Migrants

 

 

L'instabilità politica. Perché se è pur vero che la crisi è diffusa un po’ in tutta Europa, l’Italia è uno dei Paesi che ancora fa più fatica a venirne fuori, a causa, anche, dell’instabilità governativa che ha colpito il Paese negli ultimi quattro anni. Ad andarsene, dunque, sono soprattutto i giovani, cosa che ha inevitabilmente una doppia incidenza da un punto di vista demografico: l’età media della popolazione aumenta e la natalità crolla vertiginosamente. Cosa che ha portato, nel 2014, ad un saldo nascite/morti di 503mila contro 598mila: numeri così non si vedevano dal 1918, ovvero dalla Prima Guerra Mondiale, in cui il tasso di mortalità aumentò esponenzialmente. In breve tempo, dunque, il numero degli italiani all’estero dovrebbe superare quello degli stranieri sul nostro suolo nazionale: al momento, sono 4,6 milioni i primi e 5 i secondi. Logica conseguenza di tutto ciò, dunque, è che l’Italia sarà un Paese sempre più multiculturale, e al di là delle uscite televisive di Salvini, la presenza di tanti stranieri rappresenta un’importante risorsa per l’Italia.

 

Italy Migrants

 

Ma i migranti ci servono, eccome. Stando alle parole di Ugo Melchionda, presidente dell’istituto Idos, questa corposa presenza di stranieri in Italia è da considerare come un elemento che ha contribuito in maniera netta alla ricchezza del Paese. In termini di contributi fiscali e previdenziali, infatti, nel 2014 gli stranieri hanno portato nelle casse statali ben 4 miliardi di euro, molti più soldi di quanti lo Stato ne ha dovuti spendere per loro in termini di welfare, assistenza e quant’altro. Oltre al discorso, più volte sentito ma effettivamente vero, che vuole che gli stranieri facciano lavori che in Italia altrimenti nessuno farebbe. Per fare un esempio, secondo le parole di Melchionda, senza immigrati non riusciremmo minimamente a produrre il Parmigiano Reggiano o la mozzarella di bufala, visto il lavoro di manodopera compiuto da stranieri e che gli italiani non si sognerebbero mai di fare. «Il Made in Italy», conclude Malchionda, «non sarebbe possibile senza la presenza dei migranti». Forse è il caso di rivedere molte posizioni prese con troppa fretta e superficialità.

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