Vendita Italcementi, altre reazioni Che cosa si dice su giornali e siti
Prosegue, incessante, sui media bergamaschi e nazionali la girandola delle dichiarazione e dei commenti rispetto alla recente cessione di Italcementi ai tedeschi di HeidelbergCementi da parte della famiglia Pesenti. E non poteva essere altrimenti, vista la portata economico-industriale dell’operazione e la netta divergenza di opinioni che si sta registrando in merito alla decisione della famiglia bergamasca di vendere la storica impresa. Nel frattempo, ieri, 30 luglio, il Ceo di Heidelberg Bernd Scheifele è arrivato a Bergamo e, accolto da Carlo Pesenti e dai massimi gradi di Italcementi, ha voluto visitare innanzitutto il centro i.lab, il cuore pulsante dell’innovazione e dello sviluppo dell’azienda. Un decisione significativa, quella di Scheifele, soprattutto per quanto riguarda i timori affiorati negli scorsi giorni circa il futuro proprio del centro di ricerca. Intanto, è arrivata la notizia da Roma che Sel presenterà un’interrogazione parlamentare proprio in merito alla vendita di Italcementi, incentrata sulla preoccupazione in merito ad una «assenza di politiche industriali nel nostro paese di cui anche questo Governo pare disinteressarsi completamente».
Marco Vitale: non si parli di investimento, comanderanno i tedeschi. Su Bergamonews è apparsa oggi un’interessante, e molto forte, intervista a Marco Vitale, già vicepresidente della Banca Popolare di Milano e autorevole economista d’impresa. Vitale ha voluto sottolineare con forza come quello di Heidelberg non sia assolutamente un investimento, ma un vero e proprio acquisto: «Questo non è un investimento estero, ma un’acquisizione industriale. Chi comanda sono i tedeschi, inutile illuderci: chi trarrà i frutti sia in termini economici che di potere sarà Heidelberg». Vitale parla addirittura di un «processo di colonizzazione del nostro Paese» in atto, dovuto al declino dell’imprenditoria italiana. E il futuro, conclude Vitale, è sempre più grigio, poiché la tendenza a mettersi in mani straniere, e quindi a perdere il controllo della propria industria e del proprio territorio, non potrà che amplificarsi.
Paolo Annoni: si svuota l'Italia. Severo anche l'articolo "Vendita e rendita svuotano l'Italia" su Il Sussidiario.net, che dopo aver spiegato le ragioni del balzo in borsa del titolo Italcementi nella giornata di mercoledì e aver chiarito che si tratta di una vendita e non di una fusione, scrive a proposito del sistema Paese: «Ogni operazione fa storia a sé, in ogni vendita ci sono dei motivi e delle ragioni che si possono prendere in considerazione, ma quello a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, con un’accelerazione paurosa negli ultimi mesi, è un esodo biblico di società italiane vendute e comprate da società non italiane o semplicemente rilocate all’estero. Tra i nomi che ci vengono in mente: Pirelli, Ansaldo Sts, Gtech/Lottomatica, Indesit, Sorin, World Duty Free e poi Parmalat, Bulgari, e poi ancora Fiat diventata americana/olandese, Ferrari, Edison, l’aeroporto di Pisa, quello di Firenze, etc. Stiamo parlando in molti casi di società grandi, in alcuni casi tra i leader globali o continentali nei rispettivi settori. La proporzione di questo fenomeno non ha eguali in Europa ed è senza precedenti; non solo si assiste a uno svuotamento di Piazza Affari clamoroso, ma a una perdita incalcolabile per il sistema Paese, che lascia la presa su una quantità ormai davvero importante di sistema industriale». [Continua a leggere l'articolo su Il Sussidiario]
Scheifele: investimenti a vantaggio di tutti. Decisamente di avviso opposto rispetto a Vitale e Annoni è, ovviamente, il Ceo di Heidelberg Bernd Scheifele. In un’intervista rilasciata al Corriere, Scheifele ha affermato che «Questa è un’intesa che porta nuove opportunità a tutte le parti coinvolte. Ci sono più chance per tutti rispetto all’ipotesi di proseguire da soli, HeidelbergCement da una parte e Italcementi dall’altra, in un mercato in fase di consolidamento». E interrogato proprio sull’ampio dibattito che questa operazione ha scatenato in Italia in merito al progressivo e costante trend del passaggio di proprietà da italiani a stranieri di imprese del Belpaese, Scheifele afferma: «Non è una peculiarità solo italiana. Anche in Germania molte grandi imprese hanno un azionariato principalmente estero. La stessa HeidelbergCement, al di là del 25 percento in mano alla famiglia Merckle, ha tra i propri azionisti diversi investitori istituzionali, dai britannici agli statunitensi fino agli asiatici. Senza dimenticare la quota che andrà in mano a Italmobiliare, in base ai termini dell’operazione».
Il sindacalista di Italcementi: c’è grande paura. Sempre dalle pagine online di Bergamonews arriva il monito di Gabriele Mazzoleni, rappresentante sindacale Cisl di Italcementi. Già nei giorni scorsi, le organizzazioni del lavoratori avevano avuto modo di far sentire la propria preoccupazione, la quale non è per nulla scemata col trascorrere delle ore e nonostante le rassicurazioni di Heidelberg e dei Pesenti. Dice Mazzoleni: “Sono preoccupato dall’impoverimento del territorio. E questa vendita è un colpo durissimo. È inutile dipingerlo come un accordo che ci proietta nel futuro. Da Heildelberg hanno già annunciato che non intendono fare doppioni con la sede. Il primo pensiero va dunque alle 900 persone circa che lavorano nella sede di via Camozzi. Impossibile non immaginare a breve l’annuncio di esuberi”.
I Pesenti. Dopo aver dichiarato, nelle ore immediatamente successive all’ufficialità della vendita, che l'accordo con Heidelberg è stato fatto per il bene dell’azienda e per lanciarla verso un più redditizio e solare futuro, il consigliere delegato di Italcementi Carlo Pesenti giovedì ha voluto, dalle pagine dell’Eco di Bergamo, ribadire che «la principale ragione che ci ha spinti a realizzare questa operazione è la ferma convinzione che questa unione creerà valore e futuro per entrambe le aziende», in un’ottica, assicura, «di sviluppo». Carlo Pesenti ha voluto anche soffermarsi sulle preoccupazioni manifestate dai sindacati rispetto al futuro dei tremila lavoratori impiegati in Italcementi, rassicurando tutti e osservando che «i piani di ristrutturazione di questi ultimi anni hanno già generato in Italia un forte grado di efficienza», e che «nella storia di Heidelberg, simili operazioni sono state gestite con un alto livello di integrazione». Infine, Pesenti ha voluto spazzare via sul nascere le preoccupazioni circa una paventata progressiva scomparsa del Centro di Ricerca, considerato dai tedeschi, sostiene il dirigente, un fulcro fondamentale per innovare le tecnologie del gruppo che verrà.
Gori: «Peccato, ma il futuro è interessante». Ha voluto esprimersi in merito alla cessione di Italcementi anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, sottolineando anzitutto come «la vendita da parte dei Pesenti rappresenta, inutile nasconderlo, un esito diverso da quello che avremmo desiderato». Ma, al netto dei dispiaceri, il sindaco vede prospettive interessanti per l’azienda e per il territorio bergamasco: in primo luogo, l’acquisizione da parte di Heidelberg garantirà ad Italcementi uno sviluppo che altrimenti, da sola, non avrebbe potuto realizzare, con riflessi positivi anche per quanto riguarda l’occupazione; in secondo luogo, la centralità che il Centro di Ricerca avrà nella struttura futura del nuovo gruppo, essendo la dote di Italcementi, in questo senso, «di gran lunga superiore alle credenziali dell’acquirente tedesco».
Politici e industriali di Bergamo: bene, ma occhi aperti. Gli alti gradi della politica e dell’industria orobica si sono definiti tutto sommato soddisfatti dell’accordo, pur con la necessità di essere particolarmente vigili sui cambiamenti che, per forza di cose, avverranno nel breve-medio periodo. Il presidente della Camera di Commercio, Paolo Malvestiti, si è definito piuttosto sorpreso dall’accordo, pur dicendosi certo che la scelta della famiglia Pesenti sia stata presa in un’ottica di sviluppo della società e del territorio bergamasco. Dagli ambienti di Ubi Banca, entusiasmo da parte dell’ex presidente del Consiglio di gestione Emilio Zanetti, che considera la cessione di Italcementi «un’ottima operazione: viene potenziato il maggior gruppo mondiale del settore»; più cauto il presidente del Consiglio di sorveglianza dell’istituto di credito Andrea Moltrasio, che definisce “prevedibile” il fatto che prima o poi si sarebbe verificata un’operazione di consolidamento industriale in Italcementi, e che evidenzia come il fatto che l’industria italiana sia sempre più soggetto passivo di operazioni finanziarie denoti un problema del nostro Paese: «non aver creduto fino in fondo nell’impresa manifatturiera».
Il presidente della Provincia Matteo Rossi sottolinea l’inevitabilità, nel mercato globalizzato, di legarsi a partner stranieri per poter rimanere competitivi, e auspica che la vendita di Italcementi significhi nuovi investimenti sul territorio bergamasco. Dagli ambienti del Pd locale, Giovanni Sanga sottolinea come Italcementi «abbia scelto di accettare la sfida della globalizzazione», definendosi però anche preoccupato per eventuali ricaduto sul piano degli investimenti e dell’occupazione. Ben più guardinghe Lega Nord e Forza Italia, i cui rispettivi esponenti Giacomo Stucchi e Gregorio Fontana hanno manifestato ampie perplessità circa i vantaggi che Bergamo e il suo territorio potranno ottenere da questa vendita.
Accademici ed editorialisti. Molto interessante la chiave di lettura offerta da Tancredi Bianchi, già docente di Economia in Bocconi a Milano ed ex presidente dell’Associazioni bancaria italiana. Secondo Bianchi, «nella sofferenza nel vedere un’azienda italiana passare in mani straniere, la vicenda Italcementi ci dice una cosa fondamentale: il tempo del capitalismo famigliare è finito». Non è più possibile che ci sia un unico fulcro ad assumersi le responsabilità gestionali di un’impresa che abbia superato certe dimensioni operative, ma occorre una chiara scissione fra proprietà e management, come vogliono le moderne multinazionali. E l’accordo con Heidelberg, sostiene Bianchi, va esattamente in questa direzione, e porterà dunque risultati proficui per Italcementi. Diverso il punto di vista di Albero Krali, docente presso la Cattolica di Milano e da sempre studioso dell’economia tedesca e di tutte le sue sfaccettature. Krali vede nella vendita di Italcementi l’ennesima sconfitta dell’imprenditoria italiana: «Ma è mai possibile che le imprese italiane passino di mano sempre a soggetti stranieri e mai succeda il contrario?». Krali teme che, qualora le future scelte strategiche operate dalle nuove proprietà estere dovessero penalizzare posti di lavoro e luoghi di produzione nel nostro Paese, non si potrà far nulla per invertire la rotta: l’Italia, insomma, si sta condannando a poter solamente subire.
Anche i quotidiani nazionali offrono diversità di letture: il vicedirettore de La Stampa Francesco Manacorda esprime un’opinione simile a quella di Krali, sostenendo che, nonostante le ottime condizioni di vendita, «se è innegabile che il presente e il futuro siano fatti di concentrazioni tra aziende, superando barriere geografiche e probabilmente anche settoriali, è altrettanto vero che l’Italia finisce per essere più spesso terra di conquista che non base di conquistatori». «L’Italia delle geniali individualità», ha detto Manacorda, «si arresta di fronte al terreno comune, all’opportunità/necessità di fare rete, al coraggio necessario per far posto a un socio o magari a tanti soci attraverso una quotazione». Dalla pagine del Corriere, invece, Stefano Ravaschio, già capo-economia de L'Eco di Bergamo, loda l'operazione: «Èra inevitabile - scrive Ravaschio - e il partner scelto risulta essere sulla carta il migliore dal punto di vista della creazione di valore, per la quasi perfetta complementarietà. Chi crede che il mondo finisca oltre l’Adda e oltre l’Oglio se ne deve fare una ragione: la globalizzazione esiste e riguarda anche le proprietà delle aziende». Ravaschio sottolinea poi le vantaggiose condizioni di vendita, ed esprime, infine, una speranza che è contraltare di una speculare preoccupazione: che la cessione di Italcementi non significhi una progressiva scomparsa della famiglia Pesenti dalla scena bergamasca.