E Dante direbbe...

Non si dice obeso né femminuccia Gli effetti devastanti del piagnisteo

Non si dice obeso né femminuccia Gli effetti devastanti del piagnisteo
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“Obeso”? meglio “di una certa taglia”. “Povero”, “senza una lira”? meglio: “persona che vive sulla soglia di povertà o al di sotto”; in altri casi: “persona che sta attraversando un momento di disagio economico”. “Femminuccia”, “Maschiaccio”? meglio: “bambini di genere non-conforme”, “bambini che si presentano come varianti di genere”. Sembra di sentire Checco Zalone che imita Vendola alle prese coi bambini.

Sono solo alcuni dei termini caduti sotto l’occhio inquisitore di un gruppo di lavoro dell’Università del New Hampshire, che campusreform.org spiega con qualche ironia. Perché “Americano” non andrebbe bene quando si riferisce a una persona a stelle e strisce? Perché sono americani anche i canadesi, i messicani e altri che potrebbero obiettare a un abitante del Bronx che si pretende “americano”: “Mica lo sei solo tu. Anche io sono americano”. Dunque meglio usare: “cittadino statunitense”, “persona residente negli US” e via di seguito.

Sterotipi gender

Le proposte contenute in Guidelines on bias-free language (Orientamenti in materia di lessico privo-di-pregiudizi), il documento messo in rete dalla UNH, non sono nuovissime. Sono rimbalzate in questi giorni da una parte all’altra del vecchio e del nuovo continente perché sono state riprese da un sito molto seguito - il New York Magazine - e poi da altri, fra cui The Atlantic cui si è ispirato il nostro Federico Rampini per un pezzo su La Repubblica. Detto che la formula “cultura del piagnisteo” non è stata coniata da Cristopher Lasch - come pretenderebbe Rampini - ma da Robert Hughes in un famoso libro - The culture of complaint (La cultura del piagnisteo) - uscito per la prima volta nel 1993 e più volte ristampato (da noi, l’ultima volta, da Adelphi), potrebbe essere utile portare a conoscenza delle nostre lettrici e dei nostri lettori del nostro pubblico il fatto che dei termini ritenuti carichi di pregiudizi sessuali (“lettori” e “lettrici”, ad esempio, che abbiamo barrato perché ci sono persone che non si riconoscono appartenenti né al genere maschile né a quello femminile) si occupò a suo tempo (1999) anche l'Unesco nel libretto Guidelines on Gender-Neutral Language (Orientamenti in materia di linguaggio Gender-neutrale). I ragazzi L’équipe del New Hampshire ha allargato il campo a tutti gli altri ambiti generatori di pregiudizi.

Per quanto limitato nelle sue prospettive, il documento Unesco presenta alcuni aspetti degni di interesse. Suggerisce di sostituire a mankind (umanità, in generale) termini che non comportino un riferimento neanche mnemonico all’uomo (man), come humanity, people, human beings (umanità, gente, esseri umani).

La prima frase indicata come esempio: Man’s search for knowledge has led him to improve scientific methodology. (La ricerca della conoscenza ad opera dell’uomo lo ha condotto a sviluppare il metodo scientifico), grondante com’è di mascolinità, dovrebbe essere riscritta così: The search for knowledge has led us to improve scientific methodology (la ricerca della conoscenza ci ha condotti a sviluppare il metodo scientifico), oppure così: People have continually sought knowledge. The search has led them, etc. (La gente - le persone, gli esseri umani - ha sempre cercato la conoscenza. La ricerca le/li - them è neutrale - ha condotti, ... ecc) oppure, ancora meglio: The search for knowledge has led to improvements in scientific methodology. (La ricerca della conoscenza ha portato a sviluppare il metodo scientifico) dove sono scomparsi proprio tutti: uomini, donne, terzo e quarto sesso, bambini conformi e non conformi, taglie forti. In una parola: l’uomo. L’intera umanità (non tradurre mankind, per cortesia, che non vorremmo attirarci le ire dell’Onu tutto) non c’è più: i processi - la scoperta del metodo scientifico, in questo caso - si sviluppano l’uno dall’altro senza che se ne veda un soggetto (o una soggetta, o unx soggettx) qualunque.

“Fraternità” - per il fatto di escludere le sorelle - è parola proibitissima. Lo stesso vale per gentleman’s agreement, (accordo fra gentiluomini, fra persone per bene) da sostituire con honourable agreement. E via di questo passo.

Dato che in inglese il possessivo singolare (his, di lui; her, di lei) indica il sesso genere del possessore, mentre il plurale vale per entrambi, i redattori dell’Unesco si sono dedicati (coi nostri soldi) a trovare il modo per volgere al plurale frasi pericolose come: The individual is strongly infuenced by his family’s values (L’individuo è fortemente influenzato dai valori della sua (di lui) famiglia) diventa: As individuals we are strongly infuenced by our familie’s values (In quanto individui siamo influenzati dai valori delle nostre famiglie). Purtroppo noi italiani non siamo fortunati come gli americani le persone anglofone, perché "nostri" e "nostre" rimangono arroccati alla loro riprovevole sessualità.

 

ragazza-bavaglio

 

Prima ancora dei funzionari del Palazzo di Vetro era stato Christopher Lasch (questa volta è giusto) in La cultura del narcisismo (1979) a mostrare gli effetti nefasti (devastating) dell’atteggiamento che starebbe all’origine delle iniziative che, nate con l’intenzione di opporsi ai pregiudizi, di fatto collaborano a diffonderli in estensione e in profondità. È per il fatto di essere narciso che un individuo a person non tollera che qualcuno “non si occupi di lui”. La personalità narcisistica vive perennemente offesa, irritata del fatto che altri possano tranquillamente sopravvivere lieti di se stessi e d’altrui, ciascuno con pregi e difetti vari, nessuno dei quali obstat però più che tanto al formarsi di un clima tutto sommato civile. Il narciso è invece lì a dire ogni momento: “E io, allora?”, “Non conto nulla, io?”.

È il “piagnisteo” (complaint) cui si riferiva Hughes: l’atteggiamento lamentoso, da querulomani (vedi), attraverso il quale vorrebbero farsi notare minoranze che non avrebbero - secondo loro - altro modo per giungere a godere dei presunti privilegi altrui. «Demagoghi che pretendono che ci sia un solo percorso per raggiungere la vera identità americana; avvocati del politically correct, sociologi che attribuiscono alla famiglia disfunzionale la responsabilità di molti problemi personali».

La vittima principale di questo modo di pensare è la famiglia, «svuotata di funzioni dall’ideologia dominante che tende sempre più a delegare a medici, psicologi, assistenti sociali l’educazione dei figli. Ma è in famiglia, innanzitutto, che si costruisce un argine alla banalizzazione dell’esistenza: il trionfo dei modelli televisivi, la cultura del facile e subito, la rimozione vittimistica degli insuccessi, il rifiuto per le onerose assunzioni di responsabilità». Questo passo di Filippo La Porta su parodos.it riassume la posizione di Lasch, ma si attaglia perfettamente sia al quadro tracciato da Hughes sia al sostrato ideologico che regge le proposte dell’Unesco e dell’Università del New Hampshire.

Nel canto VIII dell’Inferno, in mezzo a una palude fangosa (morta gora) che fa venire in mente situazioni a noi contemporanee, Dante incontra un tale coperto di fango che gli chiede chi sia e perché sia giunto laggiù anzi tempo. Il poeta risponde che son fatti suoi: lui, piuttosto, chi è? Rispuose: «Vedi che son un che piango». «E continua a piangere, allora», gli rimanda Dante, facendolo andare su tutte le furie.

Devastating, il vittimismo che si pretende maestro e guida di democrazia e di linguaggio. «Via costà con li altri cani!» urla Virgilio al dannato. Commenta Toryhere l’articolo sul New York Magazine: «Quelli che continuano a offendersi quando nessuno ha mai pensato di offenderli dovrebbero essere messi al bando dalla società se non addirittura presi a frustate nella pubblica piazza per aver avuto l’impudenza di proclamarsi vittime quando non sono altro che dei sanctimonious gits. “Sanctimonious” vale per bigotto, ipocrita. “Git” (plurale gits) è una parola un po’ troppo forte per essere inclusa in questo contesto. Potendo risultare offensiva ci asteniamo dal tradurla.

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