CR77, l'uomo della provvidenza «Vecchio? Lo dicono da anni»

CR77, l'uomo della provvidenza «Vecchio? Lo dicono da anni»
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Il 77, per chi non lo sapesse, è semplicemente il suo numero di maglia. Non l’anno di nascita, quello è il 1981. Nonostante ci sia la convinzione diffusa che ormai Cristian Raimondi sia uno dei “vecchi” della squadra, le prestazioni dell’esterno di Sedrina raccontano una cosa diversa. Parlano di un atleta che non dimostra affatto i suoi 34 anni e che, ogni volta che viene chiamato in causa, risponde presente. Inevitabile quindi chiedergli in un'intervista come riesca a farsi trovare sempre al massimo in ogni occasione: le sue risposte dipingono un bergamasco vero che, in quanto tale, non poteva che rispondere con un concetto orobico doc. Alla base di tutto c’è il lavoro, quello durante la settimana e quello che viene fatto in partita.

Cristian Raimondi, la sensazione è che tu rimanga ibernato in qualche angolo dello spogliatoio. Pronto per giocare, scendi in campo e regali ottime prestazioni. Ma come fai?

Non ci sono segreti, negli ultimi anni è diventata un po’ una costante questa. Sono sempre partito un po’ indietro nelle gerarchie ma ho finito per ritagliarmi spazi importanti e questo mi fa enormemente piacere. Bisogna farsi trovare pronti ma l’unica cosa che conta è lavorare durante la settimana per giocare. Pensando che la partita che arriva è quella giusta per essere protagonista. Domenica ho cercato di scaldarmi molto bene a fine primo tempo, indipendentemente dalla possibilità di giocare. A Reggio è capitato di entrare subito, non è mai facile però, sono contento di esserci riuscito.

 

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Esterno nel 3-5-2, terzino o addirittura attaccante esterno. Ma Raimondi che ruolo fa?

Sono felice di poter dire, con grande umiltà, che intelligenza tattica e duttilità siano state due doti che mi hanno permesso di fare una bella carriera nel calcio. Da sempre mi metto a disposizione, mi adatto ed anche se le caratteristiche sono sempre le stesse io penso ogni volta a come interpretare al meglio le richieste dell’allenatore per dare una mano alla squadra. È uno dei miei punti di forza, in più mettiamoci l’esperienza e la tenuta fisica. Il campo ha dato risposte importanti, la carta d’identità non conta.

Appunto, la carta d’identità: vedendo la freschezza che ci metti non sembri uno di 34 anni.

Uno è vecchio quando lo dicono le prestazioni e il rendimento, non perché sulla carta d’identità c’è scritto 1981 o qualcosa di simile. Sentivo dire che sono un po’ vecchio anche l’anno scorso, anche due anni fa o prima ancora. È una percezione semplicemente legata all’anagrafe. Mi piacerebbe fare un esperimento di questo tipo: prendiamo 20 giocatori, non sveliamo la loro età e dopo una po’ di partite proviamo a valutarli in base alle prestazioni. Credo che ci sarebbero molte sorprese. La valutazione deve sempre essere fatta per quello che dimostrano in campo. Ci sono tanti esempi, ma ne cito solo uno: Cristiano Doni. Correva ed era decisivo anche a 37 anni, perché contano le qualità e la tenuta fisica.

Ma nel tuo caso, il fatto di giocare nell’Atalanta cancella qualche anno dalla carta d’identità?

Giocare con la maglia dell’Atalanta regala emozioni e adrenalina sicuramente molto importanti. Mi piace sentire un boato, vivo al massimo quei momenti che vado in campo e sono in costante sintonia con il pubblico. Con il passare degli anni, anche se qualcuno può pensare il contrario, queste sensazioni sono ancora più sentite e preziose: non so se e quanti anni mi toglie, ma sicuramente è una di quelle cose per cui è bello giocare.

 

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Tra l’altro, CR77 è uno dei beniamini del pubblico pur non essendo uomo da 20 gol a stagione.

Quando mi capita che i tifosi mi fermano per strada provo grandi emozioni. Succede spesso, basta un cenno o una pacca sulla spalla e poche parole per capire che considerazione ha la gente di Cristian Raimondi. È emozionante e molto gratificante, più passa il tempo più vivo tutto ciò con trasporto e grande affetto.

Ora, con lo stadio nuovo, avete anche i tifosi appiccicati.

Lo stadio è diventato molto bello, i tifosi sono vicinissimi alla panchina. Anche molto di più rispetto allo Juventus Stadium. Molto particolare. È ovvio, se le cose vanno come con il Frosinone è il massimo, ma sarà importante che in futuro vengano capiti tutti i momenti, sia positivi che negativi.

 

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Parliamo ancora del campo: tanti hanno la percezione che, passando da Colantuono a Reja l’Atalanta sia migliorata e giochi meglio.

Sicuramente abbiamo cambiato modo di giocare ma non bisogna dimenticare che con Colantuono il giudizio viene fatto su 4 anni e mezzo, non su poche partite. Lui ha fatto tanti punti, abbiamo viste buone gare ed altre meno buone. Con Reja sono cambiate tante cose, per me adesso è presto per dare giudizi. Valutiamo tutto nel complesso, è logico che tra uno 0-0 scialbo e il 2-2 di Sassuolo è sicuramente più divertente il risultato di domenica, ma io preferisco sempre un 1-2, magari raggiunto con grande fatica. Aspettiamo, il tempo darà tutte le risposte sotto questo profilo.

Atalanta-Verona: dove si può vincere e a cosa bisognerà stare attenti?

Sicuramente il pericolo numero uno è Luca Toni, sempre per restare in tema di giovanotti. Lui era già forte quando giocavamo insieme a Palermo, con il passare del tempo ha affinato le sue qualità ed è ancora molto temibile. Bisognerà isolarlo, cercando di fare una partita molto tosta dal punto di vista agonistico. Il Verona va aggredito, servono ritmi alti e tanta grinta: il fatto di giocare in casa può essere decisivo.

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