Dopo la polemiche dei giorni scorsi

Tra modello Usa e Colosseo L’anno zero del sindacato italiano

Tra modello Usa e Colosseo L’anno zero del sindacato italiano

È ormai diversi anni che i sindacati rappresentano un punto parecchio controverso della vita politica e sociale dell’Italia. In particolare, dall’inizio del Governo presieduto da Matteo Renzi il dibattito si è ulteriormente intensificato, con il Premier che pare aver dichiarato ufficialmente guerra alle organizzazione dei lavoratori. L’ultimo atto di questo scontro riguarda i fatti del Colosseo di settimana scorsa, con il monumento simbolo di Roma chiuso per tre ore a causa di un’assemblea sindacale e la conseguente decisione del Governo di redigere un decreto legge che eleva i musei e i siti culturali a servizi pubblici essenziali. Un’ennesima storia di colpi e contrattacchi, che per il momento non fa altro che cementificare ulteriormente le parti all’interno delle proprie trincee. Il tutto proprio nei giorni in cui, negli Stati Uniti, grazie ai sindacati americani Fiat offre lavoro a 40mila dipendenti.

 

Italy Colosseum

 

I fatti del Colosseo. Quanto accaduto venerdì 18 settembre a Roma è storia ormai nota: le organizzazioni sindacali, per protestare in merito ad una parte di salari accessori non pagati e alla finora mancata apertura della trattativa per il rinnovo dei contratti, hanno indotto uno sciopero dei dipendenti del Colosseo; i quali, per tre ore, hanno abbandonato il proprio posto di lavoro, generando una massiccia coda di turisti (oltre 6mila) bloccati agli ingressi in attesa della ripresa delle attività. La reazione da parte delle istituzioni è stata immediata, con una netta condanna di una scelta così improvvisa e che, stando alle parole di vari esponenti del Governo tra cui lo stesso Premier Renzi, offre una pessima immagine del mondo del turismo e della cultura del nostro Paese. Oltre alla dichiarazioni, si è immediatamente agito anche da un punto di vista legislativo: già a fine giornata, infatti, il Governo ha varato un decreto legge che eleva i musei a servizi pubblici essenziali. In sintesi, d’ora in avanti le assemblee e gli scioperi dei dipendenti dei musei dovranno essere autorizzati dal garante degli scioperi, e il Soprintendente ai beni artistici e culturali avrà il diritto di precettare i lavoratori in caso di mancato accordo.

 

I

 

Le opposte ragioni. Da un punto di vista delle ragioni dell’una e dell’altra parte, si può fare un riassunto di questo tipo: secondo il Governo, esistono alcuni diritti, oltre a quelli dei lavoratori di indire uno sciopero, che vengono danneggiati in seguito ad alcune decisioni dei sindacati. Ad esempio, sono moltissimi i turisti provenienti da tutto il mondo che dopo aver pagato un viaggio per arrivare a Roma e vedere il Colosseo non hanno avuto modo di soddisfare il proprio desiderio. Secondo Renzi si tratta di una cosa inaccettabile e contro ogni buon senso. I sindacati, al contrario, rivendicano il loro pieno diritto allo sciopero: «È uno strano Paese quello in cui un’assemblea sindacale non si può fare. Capisco fare attenzione in periodi di particolare presenza turistica, ma se ogni volta che si fa un’assemblea si dice che non si può, si dica chiaramente che non ci possono essere strumenti di democrazia. Ormai fare una assemblea sindacale è diventato impossibile», ha dichiarato Susanna Camusso, segretario della Cgil.

Nel frattempo, negli Usa… Più o meno nelle stesse ore, a New York, Fiat e sindacati americani firmavano un accordo che nei prossimi quattro anni darà lavoro a circa 40mila persone. Lo scoglio era relativo ai dipendenti assunti dopo il 2007, che venivano pagati quasi nove dollari meno degli altri: la stretta di mano tra Marchionne e il leader del sindacato Uaw, Dennis Williams, ha sancito un aumento di sei dollari all’ora per i lavoratori più giovani, mentre non sarà toccato quello dei dipendenti senior. Gongola l’ad di Fca, che grazia a questa intesa potrà espandere in maniera esponenziale il mercato Fiat negli Stati Uniti, ed è soddisfatto pure il sindacalista, che ha definito questo accordo come «equilibrato, che assicura tutela ai lavoratori e competitività del gruppo».

 

Sergio Marchionne, Dennis Williams

 

Un grande dilemma sui sindacati. Ecco dunque di fronte a due modi diametralmente opposti di intendere la realtà sindacale: da un parte, scontro, sempre scontro, fortissimamente scontro; dall’altra, cooperazione che porta vantaggi a impresa e lavoratori in egual misura. Quale futuro, dunque, per il sindacalismo italiano? Da un certo punto di vista, è evidente come le sigle nostrane necessitino di un’evoluzione: ciò che è sempre stata prerogativa dell’agire dei sindacati, ovvero fungere da bilanciatore dello squilibrio fisiologico che c’è fra datore di lavoro e dipendente, è oggi un compito assolto pressoché interamente dalla legge, grazie alla massiccia legislazione a tutela dei lavoratori che si è sviluppata in Italia dagli anni Settanta, con l’introduzione dello Statuto dei lavoratori, ad oggi. In un certo senso, si potrebbe quasi dire che la mission dei sindacati in Italia sia ormai stata portata a termine. Per questo motivo, è importante che avvenga una modifica di intenti e di ruolo. Come peraltro è avvenuto proprio negli Stati Uniti, dove solo l’11 percento dei lavoratori è iscritto ad un sindacato, giacché da un lato sono ormai previste, da un punto di vista legislativo, tutte le tutele di cui un lavoratore necessita, e dall’altro lato gli stessi sindacati svolgono un ruolo decisamente più vicino alla dirigenza dell’azienda piuttosto che ai lavoratori. I rappresentanti sindacali, negli Usa, sono semplicemente parti in gioco consci delle esigenze dei lavoratori che aiutano i vertici dell’impresa a stilare piani e a concludere affari che possano giovare a tutte le componenti in gioco. Due strade separate ma che procedono parallele, insomma. Quanto accaduto settimana scorsa al Colosseo non è stato altro che un’ennesima riprova del fatto che, al di là del discutere se sia più importante il diritto del lavoratore o del turista, è necessario che i sindacati italiani decidano al più presto cosa intendono fare: arroccarsi su prerogative che ormai non appartengono più a loro, o evolversi in armonia con la strada che, ormai da diversi anni, la realtà lavorativa e sociale dell’Italia ha imboccato.