I 13 santi che vegliano su Bergamo
Se dovessimo porvi la domanda «Chi è il beniamino dei Bergamaschi da secoli?», voi cosa rispondereste? Siamo certi che, data la varietà di interessi e di riferimenti che ognuno di noi coltiva, molte e diverse sarebbero le risposte, anche perché i più confonderebbero il termine beniamino con quello di personaggio famoso e allora la fantasia e le meningi spremute si scatenerebbero. Probabilmente coloro che amano la storia con cavalli, cavalieri e principesse nel castello sosterrebbero Bartolomeo Colleoni; chi ha un debole per l’arte subito direbbe «Lorenzo Lotto»; i melomani senza ombra di dubbio prediligerebbero Gaetano Donizetti, mentre i più devoti ricorderebbero il Papa buono, il santo Giovanni XXIII.
Sant'Alessandro Martire
Sant'Alessandro nella sala consiliare del Comune di Bergamo (in Bergamo bassa).
Sant'Alessandro nella bifora dell'aula della Curia, la più antica raffigurazione del santo.
Sant'Alessandro, al centro, nella facciata Nord di Santa Maria Maggiore.
Sant'Alessandro, nella sagrestia del Duomo.
Su una cosa però si è certi: su tutti vince lui, l’unico, il nostro Santo Patrono Alessandro Martire, che dobbiamo imparare a chiamare in questo modo e non solo Sant'Alessandro, per evitare di confonderlo con l’altro Sant’ Alessandro, ovvero Sauli, religioso e teologo italiano dell'Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo, docente universitario di teologia e di filosofia a Pavia, vescovo di Aleria e poi di Pavia, proclamato santo da papa Pio X nel 1904, anche in relazione alla sua opera di riforma della diocesi per l’impegno a far sì che venissero introdotti i precetti del Concilio di Trento. Dunque, tutta un’altra storia rispetto a quella del nostro Alessandro! Il nostro eroe è quello che ha cavalcato attraverso i secoli indenne, dal III secolo a quel fatidico 1689, quando a furor di popolo venne proclamato patrono di Bergamo e del suo territorio grazie a Papa Innocenzo XI, con beneplacito apostolico, tramite sollecito del nostro vescovo Daniele Giustiniani, mosso a sua volta dalla richiesta pressante dei bergamaschi, che di San Vincenzo proprio non ne volevano più sapere.
Ma la cosa più sorprendente, che i bergamaschi forse non sanno, è quella di poter dormire sonni tranquilli, dato che Alessandro è in buona compagnia e noi pure, vegliati notte-giorno da altri 12 santi e martiri. Possibile? Garantito! Provate a fare un salto in Duomo a Bergamo Alta e a verificare, altare per altare, dedicazione per dedicazione, dipinto per dipinto, e a consultare qualche testo che vi racconti di come la decorazione della nostra Cattedrale sia mutata nel tempo o meglio si sia rinnovata quasi ogni secolo, puntualmente però non dimenticando mai di far riprodurre i diversi santi e patroni che da secoli la corollano: lo stesso altare maggiore vede schierati una gran parte di loro, così come i vani interni la chiesa, la sacrestia o la canonica, ormai saturi di loro raffigurazioni, che ad ogni smantellamento e riordino si sono fatte quadreria interna del vecchio comparto decorativo la chiesa, per lasciare il posto al nuovo ora sei-settecentesco.
Santa Grata e Santa Esteria
Santa Grata e Santa Esteria, protiro Nord di Santa Maria Maggiore.
Santa Grata, via Arena.
Santa Grata, via Arena.
Santa Grata, via Arena.
Ed ecco quindi comparire a fianco di S. Alessandro la timida e pudica Santa Grata, da sempre sua spalla destra, colei che ne ha colto il capo mozzo e lo ha trasportato fino in Borgo Canale per la sepoltura. Solo il capo, ché il corpo, la parte più pesante, fu trascinato invece dalla fida serva, Santa Esteria.
San Narno e San Viatore
E di San Narno e San Viatore cosa sappiamo? Questi strani nomi non vi dicono nulla? Mai gettato l’occhio curioso nel passaggio della Curia di Bergamo, tra piazza Santa Maria Maggiore e Duomo, all’interno della bifora, o in Santa Maria Maggiore? Forse no, ormai sono talmente antichi da essere stati dimenticati. In ogni caso sono balzati agli onori della cronaca nel 1291, quando furono rinvenuti in cattedrale con Proiettizio, Esteria e Giovanni, tutti raccolti sotto una lapide che li proclamava martiri, uccisi durante la loro predicazione. Furono i primi vescovi di Bergamo, ma il loro culto, così come quello degli altri che conosceremo tra poco e considerati locali (Domno, Domneone, Eusebia), venne abbandonato quando negli anni Sessanta del secolo scorso venne riformato il calendario.
San Domno, San Domneone e Santa Eusebia
San Domno, San Domneone e Sant'Eusebia, nella sacrestia del Duomo.
San Domno, nella sacrestia del Duomo.
San Domneone, nella sacrestia del Duomo.
Sant'Eusebia, nella sacrestia del Duomo.
San Domno, San Domneone e Santa Eusebia invece sono santi imparentati, dato che trattasi di zio e nipoti, perseguitati durante i primi secoli del Cristianesimo e decapitati e pugnalati sul monte della Fara (la Rocca per noi oggi), sepolti uno sull’altro sotto l’altare maggiore della chiesa di S. Andrea in Via Porta Dipinta e lì rinvenuti una prima volta nel 1401 e una seconda, intonsi e profumati, dal vescovo Cornaro nel 1568.
San Procolo, San Rustico e San Fermo
E dei santi Procolo, Rustico e Fermo cosa ne dite? Chi furono costoro? Onestamente non sono originari di Bergamo, addirittura pare fossero africani, ma per i nostri avi poco importava. Soprattutto perchè una delegazione di nostri mercanti pensò bene di andare fino a Verona per recuperarne le spoglie e dar loro sepoltura a Bergamo in San Fermo per l’appunto (la chiesina tra il Cimitero e la Questura in Bergamo Bassa). Nel 1575 avvenne il loro trasferimento in Cattedrale dalla chiesa del monastero di San Fermo, dato che pare le monache fossero un po’ troppo libertine, lasciate così isolate fuori le mura di Bergamo e intente ad altri vizi, piuttosto che alla cura delle sacre reliquie!
San Giovanni Vescovo e Sant’Antonio da Padova
Chi manca all’appello? San Giovanni Vescovo e Sant’Antonio da Padova. Il primo, vescovo di Bergamo al tempo dei Longobardi e loro convertitore, è celebrato dalla magnifica pala del Duomo sull’altare maggiore, opera di Giovanni Battista Tiepolo, mentre viene trafitto da una lama al petto, mentre l’altro è eletto protettore del nostro territorio dal 1575, a cavallo degli anni in cui infuriava la peste borromaica.