Dea, cosa dà diritto di sognare (E siamo stati pure sfigati...)
Non è fortuna, non è merito di un uomo solo e non è questione di calendario agevole: l’Atalanta è una delle sorprese del campionato per meriti propri. A due giorni dalla vittoria contro la Lazio e a poche ore dalla terza gara in una settimana (sul campo del Bologna), lecito analizzare le prime 10 giornate di campionato per capire se il settimo posto a -1 dalla zona Europa sia un caso o la logica conseguenza del cammino iniziato lo scorso luglio. Il risultato è sbalorditivo, nessuno dei parametri normalmente considerati per spegnere gli entusiasmi trova concreta applicazione alla storia recente dell’Atalanta e la conclusione è solo una. I nerazzurri sono dove sono perché se lo meritano, perché giocano bene, perché nel complesso hanno segnato più di quanto non abbiano subìto e si presenteranno alle prossime due sfide nella speranza di arrivare almeno a 20 punti dopo 12 giornate.
La fortuna non c’entra nulla. Il primo aspetto da considerare è legato alla dea bendata. Quando una formazione di medio-basso livello arriva in certe posizioni ci sono sempre commentatori ed addetti ai lavori pronti a parlare di fortuna. Ovviamente non è un difetto avere la buona sorte dalla propria, ma nelle prime 10 giornate di questo campionato è evidente come la squadra di Reja abbia un saldo negativo rispetto agli episodi favorevoli. Qualche esempio? La magia di Jovetic a Milano, il rigore fallito al minuto 88 a Sassuolo e ancor di più l’enorme beffa interna a tempo praticamente scaduto incassata col Verona. Scegliete un episodio a caso dei tre citati e traducetelo in punti lasciati per strada: l’Atalanta sarebbe al posto di una delle 5 squadre che la precedono (più la Lazio) e che oggi avrebbero la qualificazione ad una competizione internazionale garantita. Sia Europa League o Champions.
A Bergamo trascina il gruppo, non un campione. Proprio nei giorni in cui Gomez è in copertina dopo le belle reti con Lazio e Carpi, i numeri dell'Atalanta dicono che non ci sono trascinatori assoluti come capita, ad esempio, a Napoli e Sampdoria. Ai piedi del Vesuvio Higuain e Insigne stanno segnando e decidendo le gare a ripetizione, mentre il doriano Eder segna tanto quanto l’attaccante spagnolo di Sarri, e una fetta importante dei punti che hanno le rispettive squadre sono merito di uno o due elementi. Qui a Bergamo, dove in passato tutto era legato alla vena realizzativa di German Denis, c’è una squadra che distribuisce oneri e onori su tante teste. Così la possibilità di fare bene aumenta in modo considerevole. Tra i marcatori, Gomez (3), Pinilla (3), Moralez (1) e Denis (1) segnano complessivamente tanto quanto Higuain ma in ogni partita Reja ha più soluzioni per cercare la via della rete: rispetto alla Dea che, un anno fa, faticava per arrivare al gol, è un grande passo avanti. A centrocampo e in difesa, vale più o meno lo stesso discorso. Non ci sono due centrali titolari assoluti ma quattro uomini in grado di dare ampie garanzie. Dietro a de Roon c’è Migliaccio, dietro a Kurtic Cigarini, mentre Grassi si combatte ogni domenica una maglia con Carmona. Non un condottiero ma tante alternative di livello simile. Più i giovani Conti e Monachello, più il preziosissimo Raimondi che ogni volta risponde presente.
Calendario livellato, affrontate tante big. In 10 giornate la Dea ha già affrontato Inter, Fiorentina, Lazio e Sassuolo: dunque 4 squadre su 6 tra quelle che la precedono, mancano solo le temibili Napoli e Roma. Le altre gare sono arrivate contro la Sampdoria (-2 dai nerazzurri in graduatoria), Juventus (-5), Empoli (-6), Frosinone (-7) e Carpi (-12). Vista così, la distribuzione di gare, sulla carta, facili e difficili è decisamente bilanciata e dunque non si può affermare che il calendario sia stato assolutamente agevole. In queste partite l’Atalanta ha raccolto 5 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte, i nerazzurri sono gli unici con il Chievo a non aver perso sul campo del Sassuolo (i neroverdi in casa hanno battuto Napoli, Lazio e Juventus) e al Comunale di Bergamo hanno sempre fatto risultato, concedendo solo un pareggio al Verona in circostanze decisamente particolari.
Sognare si può, lo dice il campo. Spiegato perché non ci sono motivi legati a fattori imponderabili per commentare la grande classifica dei nerazzurri, c'è un ultimo motivo che dà ragione all’Atalanta di sognare una stagione di grande livello. La condizione atletica è superlativa, i giocatori sanno essere ruspanti per 90 e più minuti, e basta rivedere il gol contro la Lazio per capirlo: sul cross di D’Alessandro, al minuto 87, c’erano pure Pinilla e Raimondi in area con Gomez, pronto ad insaccare sul secondo palo. Il risultato di una partita è determinato da tanti fattori e magari domani il Bologna riuscirà a bagnare con una vittoria l’esordio di Donadoni. Intanto, per, se l’Atalanta gioca da Atalanta, con la concentrazione e lo spirito visto almeno in 8 partite su 10 (Fiorentina non giudicabile, Juventus battuta a vuoto) è lecito immaginare di andare al Dall’Ara per fare risultato. Così come a Milano tra 7 giorni. Questo è quello che bisogna sognare: una Dea che se la gioca a viso aperto ovunque e contro chiunque. I conti li facciamo alla fine, intanto godiamoci il momento.