Hamas, quel che c'è da sapere
Harakat al Muqawama al-Islamiyya, o più semplicemente Hamas (in arabao, “entusiasmo”), Movimento di Resistenza islamica, ha come libro sacro di riferimento il Corano e si batte nel nome dell’Islam. Controlla di fatto Gaza, dove gestisce scuole e ospedali, paga una pensione alle famiglie dei miliziani morti e finanzia la riparazione di parte dei danni dovuti ai bombardamenti israeliani. Politiche di welfare che raccolgono, tra i palestinesi, sempre più consenso. Hamas possiede un’ala armata comandata da Mohammed Deif, le brigate al-Qassam, i cui membri sono responsabili del lancio di razzi contro Israele e della lotta contro l’esercito sionista.
Quando nacque e da chi. Hamas opera dagli anni Settanta, quando si instaurò in Iran una tecnocrazia islamica e cominciarono a comparire i primi gruppi estremisti anche in Palestina. Fu, però, creato ufficialmente nel 1987, durante la Prima Intifada, per volontà dello sceicco Ahmed Yassin (ucciso nel 2004 da un attacco aereo israeliano), di Abdel Aziz al Rantissi e di Mohammed Shama’, che avevano fondato la sezione palestinese dei Fratelli Musulmani (movimento che ebbe origine in Egitto dopo il collasso dell’impero ottomano). Fu Hamas a iniziare la stagione degli attentati suicidi su bus e in luoghi pubblici in Israele. E ad Hamas sono dovuti la metà degli attacchi della Seconda Intifada (2000).
La distruzione di Israele e uno Stato per i palestinesi. Lo scopo principale del movimento è la creazione di uno Stato islamico palestinese. Nello statuto si legge: «Non esiste soluzione alla questione palestinese se non nella Jihad». Cioè, nella distruzione dello Stato di Israele, per liberarsi dall’occupazione che dura dal 1948.
In realtà, l’idea della distruzione dello Stato di Israele è andata attenuandosi nel corso degli anni, e Hamas ha cominciato a chiedere più semplicemente (!) la formazione dello Stato palestinese, con i confini definiti nel 1967. A tal proposito, nel 2006, Isma'il Haniyeh, all’epoca leader di Hamas, ha dichiarato: «Se Israele dichiarasse di dare ai palestinesi uno Stato e ridare loro tutti i loro diritti, allora saremmo pronti a riconoscerli». E ancora, nel 2010 Khaled Meshaal, capo dell’ufficio politico di Hamas, dal Qatar - dove vive - affermò: «Non siamo contro gli ebrei né contro i cristiani. Non abbiamo niente contro le loro religioni. Noi resistiamo solo a quelli che occupano i nostri territori e ci attaccano».
La lotta di Hamas contro il governo palestinese moderato. Fin dalle sue origini, Hamas si è contraddistinta per la sua opposizione al movimento palestinese più moderato di Fatah, fondato da Yasser Arafat e rappresentato oggi da Abu Mazen. Fatah è sempre stato il principale strumento di azione politica dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della palestina). Il conflitto tra Fatah e Hamas esplose con le elezioni del 2006 per il rinnovo del Consiglio Legislativo Palestinese: elezioni regolari che Hamas vinse - a sorpresa - guadagnando percentuali altissime di consenso (44%). A Gaza ma non solo: il movimento ha ampio sostegno anche in Cisgiordania.
A seguito delle elezioni, Fatah cercò di impedire al nuovo governo di funzionare in maniera efficace. Tra Fatah e Hamas ci furono una serie di incidenti che sfociarono, nel 2007, nella Guerra civile di Gaza, al termine della quale i membri di Fatah furono espulsi dalla Striscia. Da allora Fatah comanda in Cisgiordania, Hamas a Gaza, dove la popolazione vive in condizioni di estrema povertà. Due governi distinti con tanto di ministri all’interno di un unico Stato – la Palestina – che non c’è.
La riconciliazione con il governo palestinese. Il 23 aprile 2014 Hamas e Fatah hanno firmato la riconciliazione e la formazione di un governo di unità nazionale. A Gaza è stato un momento di festa, mentre in Cisgiordania l’accoglienza della notizia è stata tiepida. Per Abu Mazen, la riconciliazione rappresentava un modo per fare pressione su Israele, per Hamas un modo per riconquistare legittimità politica e per alleggerire le restrizioni agli spostamenti imposte dall’Egitto.
La condanna internazionale. Dal 2005, Stati Uniti, Australia, Canada e Unione Europea hanno qualificato Hamas come un'organizzazione terroristica e non hanno riconosciuto il risultato elettorale del 2006. Intanto, la maggior parte degli Stati Arabi e la Cina supportano il movimento.
Hamas ha sempre meno alleati ed è sempre più diviso. L’isolamento internazionale (che si è acuito negli ultimi anni) è cosa con cui il movimento deve fare i conti, anche perché, scrive il Post facendo il conto degli alleati di Hamas che vengono meno:
La caduta di Mohammed Morsi in Egitto – esponente dei Fratelli Musulmani che fu costretto a lasciare la presidenza nell’estate scorsa, a causa di un colpo di stato compiuto dall’esercito – ha privato l’organizzazione di uno dei suoi principali alleati. L’altro importante alleato di Hamas, la Siria, si trova in grave difficoltà a causa della guerra e non è più in grado di fornire un sostegno significativo all’organizzazione: per esempio molti leader di Hamas vivevano in esilio a Damasco, la capitale siriana, e hanno dovuto lasciare la città dopo l’inizio della guerra. Il terzo alleato nella regione, l’Iran, si trova impegnato già su altri fronti (Siria ed Iraq) e non può più appoggiare l’organizzazione come faceva un tempo.
Questa situazione difficile ha portato alla creazione, all’interno del movimento, di due fazioni: un gruppo più “moderato”, capeggiato da uomini come l’ex primo ministro Ismail Haniyeh e Khaled Meshaal, che vive in esilio in Qatar. E il gruppo dei cosiddetti “iraniani”, cioè i membri di Hamas più vicini all’Iran, più intenzionati a proseguire la guerra con Israele e meno inclini ai compromessi. Tra i leader di questo gruppo ci sono Marwan Issa, che guida la delegazione di Hamas in Iran e Mohammed Deif, capo delle brigate al-Qassam.
La “polizia morale” nei territori controllati. Nei territori controllati, Hamas ha vietato di consumare alcolici e ha imposto parecchie limitazioni alle donne, per esempio relative all’abbigliamento e al divieto a girare accompagnate da uomini diversi dai propri parenti più stretti o dal proprio marito. Le organizzazioni non governative che operano nella Striscia di Gaza e che non garantiscono la segregazione dei sessi sono state osteggiate, qualcuna è stata costretta a chiudere. Per assicurarsi che queste regole vengano rispettate, Hamas possiede un apposito corpo di “polizia morale”.