L'uomo che raccoglieva penny (ben mezzo milione in trent'anni)
Questa storia racconta di uomo speciale perché capace di una cosa speciale, che è quella di dare un senso a ciò che è stato ignorato, disprezzato e abbandonato senza cura. Ma è anche la storia della ricompensa insita in questo gesto, di quel che “torna indietro”.
Otha Anders collezionava monete, taglia piccola, più precisamente da un penny. Spiccioli di un così infimo valore che averli è una seccatura e perderli una fortunata disattenzione, perché occupano spazio, contarli è un fastidio e non servono quasi a nulla. Valgono meno di quanto pesi conservarli, senz’altro meno di quanto costi produrli, tanto che il Canada ha smesso di coniarli e l’America è lì lì per farlo.
Eppure, Otha ci vedeva qualcosa, le raccoglieva e se le portava via, in una tasca. E dalla tasca in un bicchiere, da un bicchiere a una bottiglia, da una bottiglia ad un’altra via via più grande, come un gioco apparentemente senza significato di insulse scatole cinesi. Lo ha fatto per quarant’anni, dagli anni Settanta alla settimana scorsa. Quando – immaginatevi lo stupore - l’impiegato di una piccola banca in Lousiana se l’è visto arrivare con quindici colossali bottiglioni tracimanti minuscole e scure monetine di zinco e di rame. In tutto, una tonnellata e mezzo di penny, per un totale di mezzo milione di spiccioli. Non possiamo dire si trattasse di mezzo milione di dollari, perché erano poco più di cinquemila. Ma non è questo il punto.
Non stiamo parlando dell’uomo che ha raccolto il più alto numero di penny al mondo. Otha non ha conseguito nessun guinness dei primati. E certo non è nemmeno una vicenda che vuole illustrare i benefici del collezionismo. Non c’è nulla di interessante da un punto di vista psicologico in questa vicenda. E nemmeno rappresenta il sogno da Cenerentola di chi ha pochi soldi, ne cerca ma non ne trova. Tanto meno è la favola della cicala e della formica, volta a rasserenare i prudenti, elogiare l’accortezza e premiare la lungimiranza di chi vede nel risparmio la strada per la pace negli anni a venire.
Perché qui, di fatto e paradossalmente, non si parla di soldi. Certo, un valore economico quelle monete lo avevano anche per Otha, che le ha depositate per pagarsi le spese mediche a cui lui, pensionato con l’acqua alla gola, non era in grado di far fronte. Ma farlo è stato un dispiacere. Ciascuna piccola moneta che Otha ha tolto da terra con pazienza e disinteresse, col fare di un monaco buddhista, era un regalo che il Dio delle piccole cose stava facendo proprio a lui. L’asfalto del mondo dev’esserne pieno, se è vero che ne raccoglieva fino a venticinque ogni giorno. Ed erano venticinque occasioni per essere grato della propria fortuna. Non è una favola, ma questa è la morale.