3 Oscar e collaborazioni incredibili

Chi è Moroder, genio della dance (per i ragazzi fan di X Factor)

Chi è Moroder, genio della dance (per i ragazzi fan di X Factor)
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Tra mirrorball da club anni ’80 e sonorità elettroniche, una frase ha risuonato sopra tutto: «My name is Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio». Poi un paio di baffi, folti, e occhiali da sole Rayban vecchio stile. Così si è aperta la puntata del 12 novembre di X Factor, trasmessa come sempre su Sky Uno: si è aperta con l’eccezionale presenza di Giorgio Moroder sul palco. Ed è a questo punto che il milione circa di telespettatori del talent italiano di maggior successo si è spaccato in due: da una parte c’era chi, in piedi sul divano, si scorticava le mani d’applausi; dall’altra chi, conscio della propria ignoranza, inarcava le sopraciglia. Perché Moroder non è un nome di quelli sbandierati a destra e a manca e le nuove generazioni, probabilmente, non hanno la minima idea di chi sia. Non s’immaginano che dietro a quel baffo e a quegli occhiali da sole si nasconde uno dei più grandi geni della musica internazionale.

Conoscere Moroder. Giovanni Giorgio Moroder, per tutti Giorgio, in realtà nasce sotto il nome teutonico di Hansjörg Moroder tra i monti della Val Gardena, a Ortisei. A questo punto potete scegliere due strade per scoprire chi è questo personaggio che, negli ultimi 40 anni, ha rivoluzionato il volto della musica: o ascoltate la terza traccia di Random Access Memories, ultimo album (2013) firmato dai Daft Punk e diventato un successo mondiale grazie al singolo Get Lucky con Pharrel Williams, oppure potete continuare a leggere. O, meglio ancora, fate entrambe le cose.

 

 

La terza traccia di Random Acces Memories, infatti, s’intitola semplicemente Giorgio by Moroder. Atmosfera da bar, rumori di fondo e l’inizio di un’intervista senza domande, che si trasforma in un brano. Una base lounge, semplice ma trascinante, e il monologo che continua. È la canzone che i Daft Punk hanno interamente dedicato a Giorgio Moroder. Addirittura? Addirittura. Perché Moroder è uno di quelli che lavora nelle retrovie, ma lo fa con un talento unico. Se dovessimo definirlo potremmo riferirci a lui come all’Ennio Morricone dell’elettronica, oppure citare i suoi successi musicali e lasciare parlare quelli per lui: 3 Oscar, altrettanti Grammy e il titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. E poi una vagonata di collaborazioni con tutti i più grandi nomi della musica elettro-dance (ma non solo) degli ultimi 30/40 anni.

Come tutto ebbe inizio. Che Moroder fosse un mezzo genio l’avevano capito un po’ tutti a Ortisei, dove è nato a cresciuto, visto che da ragazzino non andò a scuola ma imparò tutto quello che doveva da autodidatta. Anche a suonare la chitarra. Fu così, con una semplice nota strimpellata per caso, che si innamorò della musica. Un amore ricambiato. Sotto le sue mani, infatti, le 7 note, quasi come fossero argilla, prendono nuove forme, nuove strade, dando vita a sonorità uniche. La scuola vera la inizia solo a 13 anni, quando si iscrisse alla scuola d’arte del suo paese, ma a 19 anni decise di salutare e partire. Con in spalla la chitarra iniziò a girare l’Europa con diversi gruppi musicali, il più famoso dei quali fu il The Happy Trio. Ma la carriera che l’ha relegato nell’Olimpo della musica la inizia nel 1967 a Berlino, dove decise di stabilirsi per iniziare a lavorare come disc jokey e, soprattutto, produttore musicale. Ich Sprenge Alle Ketten, attribuita a Ricky Shayne, fu il suo primo vero successo discografico, l’onda perfetta da seguire per il successo. E Moroder la cavalcò meravigliosamente.

 

 

Sin da subito, seduto dietro alla console, Moroder capì che riempire la musica di sintetizzatori, elettronica, vocoder, scratch e rime tanto orecchiabili quanto, in parte, banali non era affatto uno scempio. Anzi, era il futuro. Nel 1975 produsse Love to Love You Baby, uno degli album di maggior successo di Donna Summer. Fu con quel lavoro e grazie a Moroder che Donna Summer divenne Donna Summer. E fu proprio grazie a quel lavoro che, nel 1979, David Bowie volle collaborare con il produttore italiano. Leggenda narra che Brian Eno, che stava lavorando a Berlino insieme al Duca Bianco per l’album Heroes, entrò nello studio e disse: «Ho sentito il suono del futuro». Fece partire I Fell Love di Donna Summer e guardò Bowie: «Eccolo qui, non cercare oltre. Questo disco cambierà la musica da discoteca per i prossimi 15 anni...».

 

 

Il successo, i capolavori, gli Oscar. Moroder si può definire, senza paura di essere smentiti, il padre della discomusic, di quel barocco musicale unico, che tra gli anni ’70 e ‘80 ha per sempre cambiato volto alle produzioni musicali di tutto il mondo. Dopo Donna Summer e Bowie ci furono i Queen, Blondie, Barbara Streisand, Cher, Eurythmics, Janet Jackson, Kylie Minogue, Britney Spears e, più recentemente, Daft Punk, Coldplay, Sia e Charli XCX. Tutti questi artisti vantano almeno una hit, se non un album intero, firmato Moroder. Anche il cinema si innamora di lui e Moroder ricambia regalando colonne sonore e canzoni leggendarie: nel 1978 vince l’Oscar per le musiche di Fuga di mezzanotte; nel 1980 mette nome e synth in American Gigolo e Scarface; nel 1983 vince il secondo Oscar, questa volta per la miglior canzone, con Flashdance… What a Feeling (batticuore a più non posso, vero?) e nel 1986 si ripete vincendo nuovamente l’Oscar per la miglior canzone con Take My Breath Away per Top Gun (qui lacrime di commozione proprio). Ha composto la colonna sonora dei Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984 e di Pechino del 2008, oltre che la base dell’inno dei Mondiali di Italia ’90, poi diventata Un’estate italiana con la voce di Edoardo Bennato e Gianna Nannini.

 

 

Giorgio by Moroder e Déjà vu. Gli anni 2000 sono quelli, apparentemente, più tranquilli per Moroder. Ma nel 2012 torna in scena: ad Ibiza, durante un convegno internazionale sulla musica elettronica, annuncia la sua prossima collaborazione con il raffinatissimo gruppo francese dei Daft Punk, da cui nasce appunto Random Access Memories con tanto di grazie da parte degli artisti al produttore attraverso quella terza traccia di cui abbiamo detto, cioè Giorgio by Moroder. Un ritorno sulla scena sublime, a cui è seguito il remix del brano Midnight dei Coldplay e quello di I Can't Give You Anything but Love di Tony Bennett e Lady Gaga. Il 16 giugno 2015 è stato pubblicato Déjà vu, quattordicesimo album in studio di Moroder e uscito a 30 anni di distanza dall’ultimo. Alla realizzazione dei brani hanno collaborato tantissimi artisti, tra i quali Kylie Minogue, Sia, Charli XCX, Mikky Ekko, Britney Spears, Kelis e Markus Schulz. Presentandolo, Moroder ha dichiarato: «Ora che mi avvicino al mio 75esimo compleanno mi guardo indietro e non cambierei nulla di tutto ciò che ho fatto, per nulla al mondo. Sono molto felice di aver avuto la possibilità di lavorare con così tanti grandi e talentuosi artisti per il mio nuovo disco. Questa è dance music, è disco, è elettronica ed è qui per voi. Quando l'ascolterete sarà una sensazione di déjà vu».

 

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Una carriera cominciata oltre 40 anni fa, unica. La carriera di un genio della musica, spesso dimenticato e spesso snobbato semplicemente perché ha preferito la discomusic a tutto il resto. Recentemente, in un’intervista, Moroder ha dichiarato: «Quello di cui il mondo ha bisogno adesso, non sono buone canzoni dance. Quelle penso che ci siano. Il mondo ha bisogno di qualcosa di nuovo». Per ora ci accontentiamo di folti baffi e un paio di Rayban: old style, ma grazie a Moroder diventati sinonimo di «qualcosa di nuovo». Meravigliosamente nuovo, unico. Qualcosa che anche le nuove generazioni dovrebbero conoscere e apprezzare.

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