In un'intervista lo aveva previsto

Il giudice antiterrorismo avvertì: «Francia obiettivo numero uno»

Il giudice antiterrorismo avvertì: «Francia obiettivo numero uno»

Aveva dovuto lasciare il suo posto nell’aprile scorso, perché in Francia la legge impone ai magistrati di non stare più di 10 anni nelle stesse funzioni. Marc Trévidic era il magistrato leader nella sezione antiterrorismo del Tribunale di Parigi. Con la fama di duro messo sotto protezione 24 ore su 24 con gli uomini fidati della Dgsi (Direction Géneral du reinsegnement intérieur) ha dato caccia a numerosi terroristi internazionali. Ebbene Trévidic (che oggi è al Tribunale di Lille) il 25 settembre aveva rilasciato un’intervista al settimanale Paris Match in cui aveva detto senza mezzi termini «che il peggio è davanti a noi. La Francia è diventata l’obiettivo numero uno del terrorismo islamico».

La Francia secondo il giudice è un obiettivo più facile rispetto agli Stati Uniti: mandare nel paese d’Oltralpe dei volontari disposti a tutto, magari con passaporti europei, non comporta complicazioni operative. «Per i terroristi la Francia resta una potenza coloniale, che sostiene apertamente Israele e che vende armi ai paesei più corrotti del Golfo e del Medio Oriente. In più è scesa in prima linea con i bombardamenti in Siria».

«È chiaro che noi siamo particolarmente vulnerabili per via della nostra posizione geografica, per la facilità di entrare nel nostro territorio, per la quantità di jiadhisti che sono nati qui da noi e per il fatto che gli uomini dell’Isis non perdono occasione di dire che ci colpiranno», ha detto Trévidic in quell’intervista. Poi lanciava un altro allarme: «Bisogna dirlo: davanti all’ampiezza del fenomeno e alla varietà di forme con cui si manifesta, il nostro dispositivo di lotta al terrorismo è diventato molto permeabile, non ha più l’efficacia che aveva un tempo».

L’ex giudice antiterrorismo aveva messo in guardia rispetto a possibili attentati in grandi dimensioni. «Gli uomini di Daesh (il gruppo di Jihadisti bombardati dai francesi in Siria) hanno mezzi, soldi e capacità di acquistare armi per organizzare assalti di massa: il terrorismo chiede sempre di alzare il tiro, deve andare sempre più lontano, colpire più forte. Non sarei sorpreso se un uomo come Abu Bakr-al Baghdadi stesse pianifcando operazioni in grande stile».

Trévidic aveva smantellato lo scorso anno una rete jihadista con dieci formazioni che si preparavano ad entrare in azione simultaneamente sul territorio francese. Nell’intervista c’è spazio anche per una critica alla classe poltica: «I governanti prendono degli atteggiamenti agguerriti, marziali. Ma non hanno visione a lungo termine. Così chi lavora sul terreno, dai giudici agli agenti della Dgsi, sono completamente spiazzati. Rischiamo di andare a sbattere contro il muro».

Infine una profezia che inquieta. «I mezzi destinati alla lotta all’antiterrorismo sono insufficienti. Si tranquillizza la popolazione presidiando tutti gli obiettivi sensibili. Ma così facendo si sposta solo la minaccia. Se certi obiettivi diventano complicati da colpire i terroristi ne troveranno degli altri, lasciati scoperti». Ed è andata proprio così.

[Leggi l’intervista qui].