Attenti al pane nero. È di moda, ma può riservare brutte sorprese
Di primo acchito potrebbe essere scambiato per del classico carbone, quello che ricevono i bambini cattivi, all’Epifania. In effetti la "pasta" è la medesima, almeno nel colore decisamente nero, e nella forma con le stesse bollicine spugnose presenti all’interno, ma non nella consistenza, morbida per la mollica, e croccante per la crosta. E per il sapore che è salato anziché dolce. Se non lo avete ancora capito, questa volta ci riferiamo a del pane, e non a un pezzo duro di carbone fossile o zuccheroso. Pane nero e vegetale, dunque, che sta spopolando in panetterie e pasticcerie che offrono panini e cornetti per la prima colazione, fino ad hamburger e pizze tutti pesti come la pece, all’occhio poco appetitosi, ma a detta di chi li mangia buoni. Non fosse altro che per seguire l’onda gastronomica del momento, facendosi trascinare dall’idea di (presunti) benefici di questo speciale carbone. Che in parte ci sono, ma nel quale non mancherebbe (forse) neppure qualche rischio.
Cibo per élite. Il pane nero, non quello ottenuto da cereali si intende (che in realtà è marroncino), ha fatto la sua comparsa in tavole o piatti di alta cucina, proposti da chef che volevano stupire i palati più raffinati con delle gourmandise particolari e abbinamenti di colore dai forti contrasti: un bianco o un rosso con un effetto nero-pece accanto. Una bomba cattivante nella presentazione, che è piaciuta e che ha preso piede e gusto anche nel commercio più normale. Ma sul trucco di tutto quel nero, così cupo, qualche domanda gli esperti e non solo, se la fanno, specie in tema di salute. Perché quel colore è ottenuto da una bruciatura di sostanze vegetali, sulla quale a lungo e da tempo si discute: essenze di pioppo, salice o betulla, ma anche gusci e noccioli di frutta, esposti ad elevate temperature intorno a 500/600°C in atmosfera povera di ossigeno. Si attiva, così facendo, una combustione senza fiamma che alla fine produce, dopo vari passaggi di attenta lavorazione, una polvere finissima e estremamente porosa, inodore e insapore. Una sostanza che la chimica definisce E153 e che si qualifica come un additivo, un colorante.
No dell’America, sì dell’Europa. Il problema nasce però da un fatto, ovvero che questa sostanza in America è stata bandita, perché reputata potenzialmente cancerogena. Sebbene i pareri al suo riguardo, in realtà, si dividano: la FDA, la Food and Drug Administration, ritiene che questo carbone, in quanto generato da una combustione, può avere effetti nocivi, indurre cioè alla lunga l’insorgenza di un tumore. La corrispondente autorità europea, Efsa, è convinta invece dell’assenza di rischi poiché si tratta di una sostanza di origine vegetale, non assorbibile dall’organismo e che l’utilizzo che se ne fa in ambito alimentare sarebbe troppo ridotto per reputarsi dannoso per la salute. Anzi, è pure autorizzato dal Regolamento CE n. 1333/2008.
Come si pone l'Italia... Nonostante ciò, la voce di Assipan, l'associazione dei panificatori di Confcommercio, e di Assopanificatori di Confesercenti si è fatta sentire ricordando rispettivamente che la normativa prevede e vieta espressamente l'uso di coloranti per pane e prodotti simili e che gli additivi non possono superare una certa quantità all’interno del prodotto finale. E su questi due aspetti, le due Associazioni - poiché al momento non ci sono studi scientifici che abbiano provato l’innocuità o la nocività del carbone vegetale - hanno richiesto un parere ai ministeri della Sanità e dello Sviluppo Economico il quale pare non arriverà prima di almeno un mese.
Al di là di ogni ragionevole dubbio, al momento si sa che il carbone vegetale potrebbe essere annoverato fra i prodotti "funzionali", quei prodotti cioè che adeguatamente utilizzati, potrebbero avere qualche effetto benefico in più sulla salute. In particolare il pane nero vegetale potrebbe avere conseguenze buone sull’intestino, anche se in misura molto inferiore di quanto potrebbe fare un integratore vero e proprio. Sembrerebbe infatti che rispetto al pane bianco, quello al carbone vegetale abbia proprietà nutrizionali superiori, maggiore digeribilità, capacità di tenere il colesterolo sotto controllo. Ma soprattutto può limitare pancia gonfia e bruciori di stomaco, grazie alla capacità gas-assorbente di questa polvere dovuta a microscopici pori che riescono a catturare liquidi, gas, batteri, virus, tossine presenti nel tratto gastrointestinale.
Vantaggi e limiti. Non è tutto oro ciò che luccica però, perché questa potenzialità assorbente avrebbe meriti e difetti. Sarebbe infatti una proprietà benefica in caso di avvelenamenti acuti, e in caso di meteorismo, come detto, aiuterebbe a contenere la formazione di gas a livello intestinale. Dall’altro lato però, visto che il carbone vegetale capta e acchiappa tutto quanto transiti per l’intestino, potrebbe arrivare ad assorbire anche cose che non deve. Come i farmaci: gli antidiabetici, gli ormoni tiroidei, l’estroprogestinico, gli anticoncezionali e i salva-vita e così via. Occorre dunque fare attenzione a non prendere farmaci, specie quelli importanti, tra 30 minuiti prima e 2 ore dopo l’assunzione del carbone vegetale perché in questa fascia temporale il principio attivo del medicinale non verrà assorbito oppure lo sarà solo in parte. Ed ecco perché, in funzione di questa proprietà captante, il carbone vegetale è sconsigliato proprio ai diabetici, a chi soffre di problemi di tiroide o ai bambini, perché potrebbe limitare l’assorbimento di nutrienti, come vitamine e sali minerali, invece molto utili e necessari per la crescita dei piccoli.
Le alternative al carbone vegetale. La "polvere nera" non è il solo mezzo per contrastare i gonfiori e problemi addominali o intestinali, se questo è lo scopo per cui lo si assume. Diverse sono le alternative naturali e non solo, pare tutte ugualmente efficaci. Ad esempio se il problema è come accompagnare il pasto con un companatico che non faccia lievitare anche la pancia, come potrebbe accadere con il pane bianco, si può preferire o il pane azzimo che si ottiene senza lasciare riposare il pane o quello senza glutine, dunque a base di farine di riso o di mais. Per rendere il pane più leggero e digeribile per lo stomaco (indipendentemente dal colore), meglio poi concedersi il tempo di masticare, bene e a lungo il boccone. Perché la prima digestione avviene in bocca, poi nello stomaco e nell’intestino dove sono presenti moltissimi microrganismi, alcuni buoni e altri meno. Parte di questi, possono infatti contribuire proprio a far fermentare ciò che si mangia, favorendo la formazione di gas e meteorismo. Dunque una buona indicazione per controllare meglio questi disturbi, proteggendo la mucosa intestinale, è l’integrazione nella dieta di pre e probiotici che contribuiscono a mantenere in salute il microambiente e il microbiota (flora) intestinale, svolgendo un effetto più duraturo nel tempo rispetto al carbone vegetale. Tra i prodotti naturali si può ricorrere invece a una tisana al finocchio o provare con lo zenzero. Resta inteso che la prima buona indicazione è la correzione dello stile di vita, modificando le proprie abitudini se necessario: ovvero mangiando lentamente, introducendo un'adeguata quantità di acqua, praticando regolare attività fisica, evitando il consumo di gomme da masticare che favoriscono l’ingresso di inutile aria, e prevedere una dieta ricca di fibre e verdure.
Il difetto "economico". Il pane nero vegetale è molto caro rispetto al pane bianco: costa quasi il doppio. Lo si può arrivare a pagare anche tra i 6,50 e gli 8.00 euro al chilo contro i 3-4 euro di quello di grano duro.