«Quelle partite viste dall'Africa con le cronache di Corbani»

«Quelle partite viste dall'Africa con le cronache di Corbani»
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Questa è la storia di Gigi, il giramondo atalantino. Grazie a internet le sue parole arrivano forti e chiare dal Senegal, ultima tappa di un lungo viaggio che, dal 2008 a oggi, lo ha portato in tutto il mondo per lavoro. Partito da Verdellino è arrivato in Grecia, Romania, Sudan... Sempre con la Dea nel cuore.

Quasi quarant’anni di stadio, a Bergamo e non solo. «La prima partita a cui ho assistito è stata Atalanta-Torino (0-0) del campionato 1970/71», attinge alla valigia dei ricordi Gigi per ricostruire quando cominciò la sua fede atalantina. «Avevo 9 anni e il “colpevole” delle tante gioie ma anche delle tante sofferenze fu mio fratello. Pensando sempre a quegli anni, un’altra partita che - ahimé - ricordo molto bene è Atalanta-Vicenza del 1971/72: un autogol di Vianello sancì la retrocessione in Serie B. Ho visto gente che piangeva». Sentire tanto trasporto nel suo racconto è emozionante, si parla di una vita al fianco della formazione atalantina. Sempre abbonato, sempre allo stadio. «Fino al 2008 non ho perso un campionato. In Serie A, B e pure in C. Al Comunale ho girato tutti i settori partendo dalla Nord, ricordo l’anno della tessera “Speciale Ragazzi” dove si poteva andare anche in Tribuna Coperta. Ho fatto tante trasferte, sono stato praticamente in tutti gli stadi italiani al fianco della Dea». E all'estero? «Sì, anche a Colonia, quando allenava ancora Frosio. Rimpiango invece di non essere potuto andare a Mechelen, quando giocammo con il Malines: tutta colpa di un gesso al braccio».

 

gigi tifoso atalanta senegal

 

Prima dal vivo, poi solo tv e interne. Fino a qui, sembra la storia di tanti tifosi di lungo corso. Poi la vita di Gigi cambia, arrivano nuove necessità lavorative e tutto viene stravolto. «Dalla fine del 2007, con l’abbonamento già fatto, per problemi di lavoro ho iniziato a viaggiare moltissimo. Ma da buon atalantino ho sempre fatto di tutto per riuscire a vedere le partite anche fuori da Bergamo. Tutto sommato credo di essere fortunato: sono riuscito a seguire più del 90 percento delle gare». Quasi tutte le partite viste senza entrare allo stadio e con spostamenti continui? «Certamente. In Grecia e in Romania mi sono portato il decoder Sky e con la parabola non c’erano problemi. In Sudan, dove le linee internet erano ancora scarse, riuscivo ad ascoltare le radiocronache di Elio Corbani in streaming vedendo le immagini su Al Jazeera Sport che trasmette tutte le partite della Serie A. Adesso che sono in Senegal la connessione è più che accettabile, ed è facile vedere tutte le gare di tutti i campionati grazie allo streaming».

Tanti ricordi, grandi vittorie e batoste epiche. Ripensando al passato, il tifoso di Verdellino che vive in Senegal regala alcune perle d’amarcord decisamente emozionanti. «Ho visto l’Atalanta vincere a Torino con la Juve, e a Milano: memorabile il 2 a 1 al Milan di Sacchi. Ma ho anche belissimi ricordi da Napoli, quando vincemmo con gol di Inzaghi, o con l’Inter di Simoni e persino da Genova con la Samp, quando alla fine del primo tempo perdevamo due a zero e volevamo andare a casa». Praticamente, Gigi è un’enciclopedia vivente di imprese atalantine. «Che belli i ricordi delle trasferte fatte con gli amici, non voglio cadere nel retorico, ma ritengo fosse meglio quando si decideva al sabato sera di prendere e partire, andare a Firenze se non a Torino o Milano e sull’autostrada si trovavano tante macchine targate "BG". Non è andata sempre bene, ho preso batoste memorabili come il famoso 8-2 con l’Inter e tante altre che ho cancellato dalla memoria. Piccola gemma: il giorno del 3-4 a San Siro con l’Inter ero in Sudan, sono riuscito comunque a vederla in tv: beh, per il baccano che facevamo il mio vicino di appartamento venne a bussarci alla porta dopo il quarto gol. Temeva fosse successo qualcosa di grave».

 

gigi tifoso atalanta senegal

 

Gli idoli di Gigi. E i giocatori? Quali sono i preferiti di Gigi? «Ce ne sono parecchi. Una lista davvero lunga che parte da Moro e Scirea e va avanti con Soldà, Vavassori, Perrone, Magrin, Bonacina, Fortunato e tanti altri, fino ai giorni nostri. Ho visto dal vivo anche il nostro Presidente, grande cuore e piedi grezzi». Sono però una cerchia ristretta quelli che hanno saputo lasciare un segno indelebile. «Il primo è Stromberg: spero che Bellini non si offenda, ma l’unico capitano degno di quel nome è rimasto il grande Glenn. Poi c’è Caniggia, c’è Evair che se ne è andato da Bergamo troppo presto, lo stesso Ferron. Non ho alcun dubbio però che, calcisticamente parlando, un giocatore forte come Cristiano Doni all’Atalanta non l’ho mai visto. Era una spanna sopra tutti, nemmeno Donadoni gli faceva le scarpe: completo a tutto campo, grande fiuto del gol, grinta e passione per la maglia smisurate. Peccato per come sia finita, penso che abbia pagato più di tutti ma non abbia mai tramato contro la maglia».

Con il Carpi allo stadio. Grazie ad una pausa di lavoro, Gigi da Verdellino è tornato a Bergamo per seguire la gara con il Carpi ed è andato anche a San Siro per Milan-Atalanta. «La squadra di quest’anno è una piacevole sorpresa e per me è la conferma che un allenatore, dopo un certo numero di anni, va cambiato. Eravamo contenti l’anno del -6 di Colantuono, ma secondo me la società avrebbe dovuto cambiarlo giù al termine dei due campionati passati. Reja mi sta entusiasmando, non mi azzardo a nominare l’Europa ma solo per scaramanzia. Dentro di me ci spero eccome». Già, Gigi, ma lo stadio? «Quanto mi manca... Mi mancano le discussioni del pre e post partita, i musi lunghi quando si perde e le urla di gioia quando si gonfia la rete. Mi mancano quei personaggi strani che sembrano tutti composti e precisi e poi improvvisamente si lasciano andare a sproloqui del peggio tipo. Mi manca vedere la Nord dalla Giulio Cesare. Mi manca il Comunale. È qualcosa che hai dentro, quando ami l’Atalanta».

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