Bassi il saggio: «Svelo a Reja i difetti dei portieri avversari»

Bassi il saggio: «Svelo a Reja i difetti dei portieri avversari»
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Davide Bassi, nell’Atalanta, ha uno dei ruoli più difficili che si trovano nella rosa di una squadra di calcio. È il secondo portiere, colui che ogni settimana è perfettamente conscio che la domenica successiva andrà in panchina, salvo particolari situazioni. Eppure, nonostante il prestigio di ben 300 apparizioni tra i professionisti, il numero 30 nerazzurro si è calato perfettamente nel ruolo, tentando, di gara in gara, di dare una mano a tutto il gruppo, osservando con maniacalità gli estremi difensori avversari e individuandone i difetti. Scoprendo dettagli che, talvolta, risultano vincenti.

Davide Bassi, dopo anni da titolare come si vive da secondo?

Dal punto di vista mentale, è innegabile che cambia tutto. Sicuramente qui a Bergamo sono partito con le gerarchie ben chiare, si sapeva dall’inizio dell’anno che Marco Sportiello sarebbe stato il titolare e che io mi sarei trovato in panchina. La società punta su un ragazzo giovane che ha fatto bene l’anno scorso e che si sta ripetendo alla grande anche in questo campionato. È una scelta giusta e sacrosanta. Lavoriamo bene o male nello stesso modo durante la settimana, ma poi l’approccio è diverso: lo stress di un titolare è molto particolare, inizia a preparare subito la partita certo di giocare, pensando all’avversario e a quegli elementi che possono metterti in difficoltà. Stando in panchina tutta la pressione non c’è.

 

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Reja vi parla spesso? Vi aiuta?

Esattamente. L’allenatore deve essere bravo a capire che in certi frangenti è il caso di allentare un po’ la tensione, non è facile restare sul pezzo un anno di fila. Spero sempre di poter dare una mano, è già capitato in passato di subentrare: il rischio è vivere il momento con la paura di sbagliare. Ho 30 anni e non ho una carriera davanti ancora da fare come invece può essere per un giovane: ho quindi la consapevolezza che non sarà una partita a decidere chissà cosa per il mio futuro e per quello della squadra. Questa serenità e questo approccio mi aiutano a vivere l'attesa.

Da fuori, durante gli allenamenti e la vita nel gruppo, come vedi Sportiello?

Per la sua età, Marco è un portiere molto completo. Non lo dico perché giochiamo assieme ma perché mi piace osservare, e chi ha l’occhio tecnico non può non notare le qualità. Il suo livello è addirittura migliore di quello di colleghi più famosi o blasonati. L’età è dalla sua parte, non potrà che migliorare in tutti i fondamentali come le uscite, le parate, il gioco con i piedi, la lettura di situazioni particolari. Non va mai dimenticato che, soprattutto per chi gioca tra i pali, l’esperienza è fondamentale perché solo il tempo e le tante partite ti permettono di affinare i dettagli. E pronto, a mio parere molto più di altri.

 

Parata Sportiello amichevole

 

Anche per una big?

È in rampa di lancio, sicuramente. Non so quando e se sarà in partenza ma penso che adesso lui sia al 100 percento dentro l’Atalanta, sta facendo un percorso importante e la stagione è positiva ma non mi stupirei affatto se a fine anno arrivasse una grande chiamata. Nazionale? Ne parlavamo anche tra di noi e con il mister: è vero che soffre di essere nell'era di Buffon, ma è anche vero che una possibilità da secondo o da terzo è sempre importante. Almeno nel breve periodo, il discorso portieri azzurri sia quasi chiuso, non per demeriti o per valori che Marco sicuramente ha.

 

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C’è qualcosa di lui che ti ha particolarmente stupito?

Una delle cose che risalta sempre è la sua tranquillità. Nel bene e nel male. Non perde mai l’equilibrio, dal punto di vista mentale è fortissimo ed è una dote che nel lungo periodo paga sempre. Mi rivedo un po’ in questo approccio, credo sia un valore prezioso per lui.

Dalla panchina segui in modo particolare le sue gare? Cerchi di aiutarlo?

Per come sono fatto e per come conosco il ruolo, cerco di parlare pochissimo. Se non me lo chiede lui, non vado a disturbarlo. Io preferivo così quando giocavo, tanto se fai bene o se sbagli te ne rendi conto perfettamente da solo. È successo comunque che nel sottopassaggio o nello spogliatoio mi chiedesse un parere, io quando capita cerco di tranquillizzarlo se si parla di un errore, magari sottolineando che la giocata era difficile da prevedere. Seguo comunque molto la sua prova e, soprattutto, quella dell’avversario.

Questa è bella...

Lo faccio sempre, sia in settimana che durante i 90 minuti. Da portiere si notano tantissimi difetti, se si riesce a trasferirli ai compagni è il top. Non voglio fare nomi o svelare di che partite si è trattato ma ci sono state due o tre situazioni in cui abbiamo vinto anche grazie ad una valutazione di questi aspetti legati all’estremo difensore avversario. Parlando con il mister e lo staff, si parla dei dettagli: se un portiere è in difficoltà quando para a terra, si prova a calciare lì pur non avendo la garanzia che tutto vada bene. Se uno è in difficoltà sulle palle alte, si lavora con i cross e si attacca molto la porta. Sembrano dettagli, ma atteggiamento passivo o una posizione sbagliata possono risultare determinanti e l’occhio di un portiere, in questi casi, è molto attento.

 

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Il terzo portiere è Boris Radunovic, titolare della Serbia Under 21.

L’ho visto giocare in uno spezzone di match ufficiale con la Nazionale, non ho elementi sufficienti per fare una valutazione completa ma da quello che vedo in allenamento la struttura fisica è importante e anche il suo approccio al lavoro è molto interessante. È giovane ed è straniero, ha qualità e allenarsi qui in Italia sarà determinante. Il suo acquisto è certamente stato importante in prospettiva. Come è capitato a me, allo stesso Sportiello e anche a tantissimi altri portieri, penso che Radunovic adesso abbia solo bisogno di giocare con continuità per crescere. Può farlo in Serie B o in Lega Pro, io sono partito dalla Serie D a 18 anni: quel periodo mi fece molto bene. Sicuramente, essere di proprietà di una società come l’Atalanta ti aiuta: se vai in prestito poi sei destinato a rientrare.

Domanda generale: la scuola italiana dei portieri è ancora ai vertici?

Siamo ancora tra le prime in Europa e nel mondo, in particolare per la completezza. Un portiere, anche di livello medio, è preparato su tutto. Si lavora sulla preparazione sotto tutti gli aspetti, all’estero si vedono portieri molto bravi in alcuni fondamentali e lacunosi su altri. Un estremo difensore italiano difficilmente ha questi picchi.

Curiosità: perché hai scelto di fare il portiere?

Mi è sempre piaciuto, fin da bambino. Nella scuola calcio, in realtà, ho fatto due anni il difensore perché fisicamente ero più avanti. Crescendo però ho capito che non avrei potuto fare carriera come giocatore di movimento e dunque sono tornato in porta. In questo momento sono sereno, se mi guardo dietro ci sono tante soddisfazioni. Indimenticabili quelle con l’Empoli: ero andato via in malo modo e poi sono rientrato contribuendo alla risalita in Serie A. È stato motivo di grande orgoglio.

Chi era il tuo idolo e chi è il portiere più forte del campionato?

L’idolo era Angelo Peruzzi, senza dubbi. Stazza fisica incredibile, grande tecnica e doti da gigante. Con lui ci siamo incontrati l’ultimo anno che giocò alla Lazio, io ero all’esordio in Serie A. Per quanto riguarda il portiere più forte in circolazione, dico senza dubbio Buffon. È il Maradona dei portieri, gli ho visto fare delle cose che a 16 anni non è normale, significa che sei di una pasta speciale. Sono 20 anni che gioca ad alti livelli, ogni 3 giorni comprese le manifestazioni con le Nazionali. Puoi lavorare finché vuoi, ma per arrivare lì devi avere dentro qualcosa di speciale. Un fenomeno.

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