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Parigi, i traumi di chi si è salvato La gente ha paura di uscire di casa

Parigi, i traumi di chi si è salvato La gente ha paura di uscire di casa

La strage di Parigi del 13 novembre scorso non ha lasciato strascichi solamente da un punto di vista politico e internazionale, oltre che naturalmente di dolore per tutte le persone che quella sera persero un amico o un famigliare. C’è un’eredità pesante anche da un punto di vista prettamente psicologico. Sono moltissimi, infatti, i parigini che hanno subito un vero e proprio shock in conseguenza dei fatti del 13 novembre, alcuni perché effettivamente presenti sul luogo in cui sono state effettuate le stragi, altri, pur non direttamente implicati, perché terrorizzati dalla possibilità che qualcosa di così tragico possa accadere di nuovo nella capitale francese, tanto da non riuscire più ad uscire di casa. Il tutto, oltre che a livello personale, crea situazioni problematiche anche per l’amministrazione.

Ospedali troppo pieni. Come si può facilmente intuire, i fatti di Parigi hanno generato traumi psicologici estremamente significativi in molti cittadini della capitale, che oggi, ad un mese abbondante di distanza, non riescono più a frequentare luoghi pubblici, specie nei dintorni dei luoghi della strage. Si tratta, si capisce, di condizioni che richiedono un intervento altamente specializzato. La richiesta di un aiuto psicologico nelle ultime settimane, però, ha toccato livelli che rasentano l’insostenibilità a Parigi: Le Monde racconta dell’Hotel Dieu, struttura che ora conta almeno 15 appuntamenti quotidiani, che già sono sensibilmente diminuiti rispetto alla media di 80 dei primi giorni seguenti alla strage. Le strutture pubbliche e specializzate sono ormai sature di pazienti, incapaci di accogliere ulteriori persone, che si prevede però siano destinati solamente ad aumentare: secondo gli esperti, infatti, per moltissime persone i segni traumatici lasciati da accadimenti di questo genere cominciano a manifestarsi solo a 3 mesi di distanza. Un problema tanto per le singole strutture sanitarie quanto per l’amministrazione pubblica, che naturalmente si è impegnata a coprire parte delle spese dei pazienti, con un fondo di 1,2 miliardi già stanziato e diverse esenzioni fiscali di durata semestrale per tutti i commercianti e proprietari di negozi in qualche modo danneggiati dalla strage.

Navarre: sono cose da cui non si guarirà mai del tutto. Lo psichiatra francese Christian Navarre, operante presso l’ospedale Rouvray, ha recentemente parlato a Vice, spiegando tutti i risvolti psicologici che i fatti del 13 novembre comportano per i sopravvissuti. Il medico ha parlato di un trauma che porta il soggetto, per autodifesa, a crollare in una sorta di stato di sogno, di confusione illogica e inspiegabile, al fine di non permettere a se stesso di prendere piena coscienza di quanto accaduto. Navarre, poi, ha spiegato della grande importanza che hanno avuto i campi medici improvvisati fuori dal Bataclan e dagli altri luoghi toccati dal terrorismo quella sera: da un punto di vista psicologico, per una persona è particolarmente importante che immediatamente dopo aver vissuto qualcosa di così tragico si senta aiutato, supportato e, in un certo senso, avverta di star condividendo il trauma e il dolore sofferto. Anche se non si tratta di qualcosa di neanche lontanamente sufficiente, poiché la prognosi, spiega Navarre, sarà particolarmente lunga e complessa: «I sopravvissuti possono impiegarci anche diversi giorni, settimane o mesi senza elaborare ciò che è appena successo. Una volta che escono da questa fase, entreranno in una fase di rabbia e ribellione, specialmente quelli che dovranno avere a che fare con conseguenze fisiche, perché le armi usate sono state armi da guerra. Dopo una fase di depressione, dovranno accettare la situazione e andare avanti nonostante i contraccolpi ricevuti sia a livello psicologico, sia fisico». Tutto diverso è invece il discorso per quanto riguarda famiglie e amici delle vittime: «Ovviamente, prevale un senso dominante di ingiustizia, il che è una caratteristica degli attacchi terroristici. Le famiglie e gli amici vengono sorpresi del fatto che sia capitato qualcosa alle persone care, lo vedono come un massacro di innocenti. […] Gli avvenimenti di venerdì sono stati estremamente brutali, a differenza della vecchiaia e della malattia, che ti preparano psicologicamente alla morte della persona amata, soprattutto perché molti dei corpi non erano più riconoscibili e perché molte famiglie hanno ricevuto la conferma dell’avvenuta morte soltanto diversi giorni dopo la tragedia. […] Poi arriva la fase della resilienza, nella quale è necessario andare avanti. Nel caso degli attacchi di venerdì 13, molte delle vittime erano giovani, e molti genitori hanno perso i loro figli, dovranno portarsi dentro quel peso per tutta la vita. Non si guarisce mai dalla perdita di un figlio».

Il piano del Governo francese per i bambini. Coloro che, naturalmente, possono aver subito con maggior vigore l’urto di una tragedia del genere sono i bambini. Ecco perché il Governo francese ha messo a punto un piano scolastico apposito per affrontare, da un punto di vista psicologico, gli eventuali traumi che gli studenti più giovani possano aver subito. È stato ritenuto fondamentale che gli alunni abbiano la possibilità di parlare di quanto accaduto in classe insieme ai docenti, ai quali sono state indirizzate, da parte del Governo, alcune “linee guida” che possano tornare utili nel confronti con i ragazzi e riguardanti il modo migliore per farli riflettere su questa strage e per eventualmente comunicare fatti o informazioni sconosciute agli allievi. Un paragrafo intitolato Anticipare eventuali reazioni ostili raccomanda di ricordare agli studenti la posizione neutrale della scuola, e la differenza tra un reato penale come l’istigazione all’odio o l’apologia di terrorismo e la critica. Il ministero ha invitato anche a non entrare in discussioni polemiche con gli studenti preoccupati, ma ha avvertito che i genitori dovranno prestare attenzione ai commenti o ai comportamenti dei figli.