Era il 1996 e usciva "Spice"

Perché ci fa impazzire l’idea di una reunion delle Spice Girls

Perché ci fa impazzire l’idea di una reunion delle Spice Girls
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Voci gracchianti, un motivetto appena accennato, una risata. Poi tre note sapientemente abbinate e le prime due strofe: «Yo, I'll tell you what I want, what I really really want / So tell me what you want, what you really really want». È bastato questo, solo questo, a cambiare tutto. Correva l’anno 1996 e il mondo musicale dei teenager di tutto il mondo (ma non solo il loro) stava cambiando per sempre. Sul palcoscenico internazionale erano sbarcate le Spice Girls, la prima girl band al mondo, quella che avrebbe rivoluzionato per sempre il modo di intendere la musica.

 

 

Wannabe fu il loro primo singolo, quello con cui presentarono al mondo Spice, album di debutto, ma soprattutto fu la canzone attraverso cui divampò il «fenomeno Spice». Cinque ragazze, ognuna (teoricamente) con un suo stile e una sua personalità, tutte in grado di realizzare il loro sogno solamente grazie alle loro abilità (?) e alla loro amicizia (?). Geri, Mel C, Victoria, Mel B ed Emma, alias Ginger, Sporty, Posh, Scary e Baby: un soprannome per ognuna, in grado di rappresentare con una semplice parola la loro singola essenza. Da quel momento non ci fu ragazzina che non venne appellata con almeno uno di quei nomignoli: chi faceva atletica diventava automaticamente Sporty, quelle un po’ più attente alla moda Posh. E così via, in un gioco che tanto piaceva e divertiva.

 

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C'erano una volta le Spice. Ci saranno ancora? Con lo scoccare del 2016, saranno 20 anni da quella detonazione atomica musicale e tutti coloro che hanno amato le Spice non stanno più nella pelle: durante un’intervista rilasciata ad Alan Carr su Channel 4, Scary Spice, ovvero Mel B, ha dichiarato che «sarebbe maleducato non celebrare» questo anniversario, e che «se tutto va bene qualcosa accadrà molto presto». Poche parole, ma abbastanza per scatenare la fantasia di tutti quei fan che, a distanza di tanto tempo, restano inesorabilmente legati a quelle cinque ragazzotte britanniche. Il Mirror ha ipotizzato che le Spice siano pronte a intraprendere un breve ma intenso tour in ricordo dei vecchi tempi. L’ok ci sarebbe da parte di tutte loro, tranne una: Victoria “Posh”, oramai signora Beckham, la quale si sarebbe presa del tempo per riflettere poiché il suo impegno nella moda le occupa gran parte delle giornata. Posh o non Posh, la verità è che sono tante le persone che non vedono l’ora di rivedere insieme le Spice (anche i meno sospettabili), e non solo per una performance estemporanea come quella in occasione della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra 2012.

 

 

Nella storia. Perché, piaccia o meno, le Spice hanno veramente cambiato tutto. A guardarle oggi, nelle foto di allora, vien da ridere: erano tremendamente kitsch. Era kitsch il loro look, era kitsch il loro modo di stare sul palco, erano kitsch perfino le canzoni. Ma erano belline, a loro modo rivoluzionarie e offrivano un prodotto musicale orecchiabile e perfettamente fruibile. Radio e tv, soprattutto Mtv, ci bombardarono di Wannabe, e poi di Say You’ll Be There, di 2 Become 1 e infine di Spice Up Your Life. In quel periodo avrebbero potuto cantare anche W la Mamma che avrebbero venduto milioni di dischi.

 

 

Attualmente vantano oltre 75 milioni di dischi venduti e occupano la 32esima posizione nella classifica delle 100 artiste più famose di tutti i tempi secondo All-Time Hot 100 Artists. Numeri e risultati pazzeschi, se si considera che, alla fin dei conti, la loro carriera è durata ufficialmente 5 anni, 4 album e 11 singoli. La loro parabola è stata tanto alta quanto rapida, ma tutto questo è bastato perché lasciasse un segno indelebile nelle memorie di tanti.

Come tutto ebbe inizio. Oggi, riguardando le foto delle Spice (o alcuni loro video), è quasi logico chiedersi: perché? Com’è stato possibile? Erano belline, certo, ma c’era anche di meglio. Brave, a dirla tutta, non è che lo fossero poi tanto. E quindi? E quindi la verità è che furono il primo vero frutto di una pianta chiamata merchandising. Già prima di loro ci furono dei fenomeni musicali, ma nessuno con le loro caratteristiche. Merito della trovata di due produttori, Bob e Chris Herbert, rispettivamente padre e figlio, che nell’era d’oro dei Take That (prima boy band di successo internazionale) pensarono che formare una girl band non sarebbe stato male. Un annuncio sul giornale, centinaia di provini, poi la scelta di 5 ragazze e la nascita delle Touch. Tra loro non c’era Emma: lei subentrò nel gruppo quando una delle 5 scelte dagli Herbert decise di lasciare. Era il 1994. Nonostante gli sforzi, però, le Touch non sfondarono. E così le cinque decisero di lasciare Bob e Chris e tentare una nuova strada: si unirono professionalmente al produttore Simon Fuller e nel settembre 1995 firmarono un contratto con la Virgin Records. Delle Touch si perse ogni traccia, erano nate le Spice, la band che il critico musicale inglese David Sinclair ha così descritto: «Scary, Sporty, Posh, Ginger e Baby sono stati i componenti di una band più conosciuti globalmente dai tempi di John, Ringo, Paul e George». Non un richiamo ardito, numeri alla mano: il loro album di debutto, Spice, non appena fu pubblicato negli Usa raggiunse subito l’11esima posizione della classifica Billboard Hot 100, battendo il record dei Beatles, che con I Want To Hold Your Hand avevano debuttato negli States in 12esima posizione.

 

 

Il lento declino. Il resto della loro storia è fatto di stadi stracolmi, comparsate nelle tv di mezzo mondo (in Italia furono ospiti a Sanremo nel 1997), cascate di denaro e «Girl Power!», motto che le accompagnò nell’arco di tutta la loro carriera. Carriera che fu brillante giusto per tre anni: dal ’96 al ’98. Poi il «fenomeno Spice» cominciò lentamente (ma inesorabilmente) a sfaldarsi. Le Spice divennero la caricatura di loro stesse: Posh, di uscita in uscita, diventava sempre più “chic” e antipatica; Sporty iniziò a riempirsi di tatuaggi lontani dalla sua immagine acqua e sapone; Ginger dimagrì a dismisura e divenne ancora più rossa; Scary non si staccava mai dai suoi abiti leopardati; Baby cominciò a vestirsi come una bambina pur di sembrare veramente baby. Il pubblico, che si era affezionato a loro proprio per la loro (seppur costruita forse) genuinità, capì che qualcosa stava cambiando. Era sparita l’innocenza che le aveva rese un modello per tante ragazze. E infatti, nel 1998, Ginger decise di lasciare il gruppo, Sporty si fece i capelli corti e biondi, Scary perse la sua verve e ingrassò, Posh iniziò a seguire più Beckham e la moda che il resto e Baby divenne (finalmente) grande. Era tutto finito e nel 2001 le Spice Girls si sciolsero.

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Il sogno di una reunion. Nonostante tutto, però, sono rimaste. Più che loro (nessuna ha avuto una gran carriera negli anni a venire, a meno che non si voglia considerare una carriera quella intrapresa da Posh come moglie di Beckham), è rimasta l’aura che circondava le Spice. È rimasto il “Girl Power!”, lo slogan più incisivo degli anni ’90, l’urlo del riscatto femminile in un mondo (quello delle band) dove allora dominavano, come in tanti altri settori, solo gli uomini. Sono rimasti i ricordi di abiti improbabili, outfit riprovevoli e grandi cantate sotto la doccia sulle note di Wannabe. Per questo, all’idea di una loro reunion 20 anni dopo il primo album, nessuno può dirsi indifferente. Piaccia o non piaccia. Potere alla ragazze, merito (anche) delle Spice.

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