Siria, si teme un conflitto mondiale Turchia e sauditi caricano i fucili

Un conflitto aperto su quattro fronti, dove a farne le spese sono come sempre i civili. La guerra di Siria sembra ormai una lotta senza fine, dove si incrociano equilibri geopolitici di difficile gestione. Bashar al Assad, il presidente siriano inviso da tutti, soprattutto in Occidente, ha ricominciato a guadagnare terreno proprio mentre sembrava sconfitto, e oggi è tornato a controllare gran parte del Paese, soprattutto grazie alla Russia, suo storico alleato, che è arrivata a dargli man forte con i raid aerei. E grazie anche alle truppe di terra di Hezbollah e ai pasdaran iraniani, che in nome di una vicinanza religiosa – entrambi sono sciiti – stanno combattendo il nemico sunnita.
Accuse alla Turchia. In tutto questo si inserisce la Turchia, da sempre alleata dell’America alla Nato, che da un lato si schiera contro Assad e dall’altra bombarda i curdi, impegnati nella lotta all'Isis sul suolo siriano. Negli ultimi giorni in tanti hanno parlato degli sconfinamenti delle truppe di Ankara in Siria, e il governo di Damasco ha denunciato a Russia Today che «i turchi hanno anche colpito con la loro artiglieria le postazioni dell’Esercito siriano nel nord della provincia di Aleppo». Inoltre il ministro degli esteri di Damasco aveva chiesto all’Onu una riunione del Consiglio di sicurezza, affinché venisse tutelata l’integrità territoriale della Siria in seguito allo sconfinamento di 12 pick-up armati e di circa 100 militari nei pressi del valico di Bab al-Salameh. Ipotesi smentita dal ministro della Difesa di Ankara, Ismet Yilmaz, il quale ha affermato che non c’è interesse da parte turca a inviare truppe di terra in Siria.

Druse participate in a rally, demanding the return of the Golan Heights, captured by Israel in 1967, close to the Syrian border in Buqata in the Golan Heights, Sunday, Feb. 14, 2016. The annual demonstration is in protest of the 1981 Israeli law in which the Jewish state annexed the strategic plateau it captured from Syria during 1967 Arab-Israeli war. (ANSA/AP Photo/Oded Balilty)

Druse participate in a rally, demanding the return of the Golan Heights, captured by Israel in 1967, close to the Syrian border in Buqata in the Golan Heights, Sunday, Feb. 14, 2016. The annual demonstration is in protest of the 1981 Israeli law in which the Jewish state annexed the strategic plateau it captured from Syria during 1967 Arab-Israeli war. (ANSA/AP Photo/Oded Balilty)

In this photo made from the footage taken from Russian Defense Ministry official web site on Tuesday, Nov. 17, 2015, Russian Tu-22 bombers escorted by the Su-27s fighter jets drop bombs on a target in Syria. Russia's defense minister said its warplanes have fired cruise missiles on militant positions in Syria's Idlib and Aleppo provinces. The Islamic State group has positions in Aleppo province; Idlib has a presence of the Nusra militant group. (ANSA/AP Photo/ Russian Defense Ministry Press Service)

In this Thursday, Feb. 11, 2016 photo, civilians carry supplies in Aleppo, Syria. The fighting around Syria's largest city of Aleppo has brought government forces closer to the Turkish border than at any point in recent years, routing rebels from key areas and creating a humanitarian disaster as tens of thousands of people flee. (Alexander Kots/Komsomolskaya Pravda via AP)

In this Thursday, Feb. 11, 2016 photo, children walk down a street in Aleppo, Syria. The fighting around Syria's largest city of Aleppo has brought government forces closer to the Turkish border than at any point in recent years, routing rebels from key areas and creating a humanitarian disaster as tens of thousands of people flee. (Alexander Kots/Komsomolskaya Pravda via AP)

FILE - In this Friday, Feb. 5, 2016 file photo, Syrians walk towards the Turkish border at the Bab al-Salam border gate, Syria. As government troops close in on Aleppo, some residents are preparing to flee while others hoard food, with some even hanging bread on rooftops to dry it out for storage as the U.N. warns that hundreds of thousands of people in Syrias largest city could be soon cut off from humanitarian aid. (Depo Photos via AP, File) TURKEY OUT

epa05151276 Syrian refugees carry food and fruit near Oncupinar Border gate in Kilis, Turkey, 09 February 2016. The Turkish government has so far kept the border closed to the more than 30,000 people stranded in northern Aleppo province after government forces cut off routes to Aleppo city and central Syria. Turkey did changes its policies 09 February and began to allow injured refugees to enter via the Bab al-Salameh crossing, a spokesman for the aid organization IHH said. However, it remains closed to all others. EPA/SEDAT SUNA

FILE - In this April 20, 2015 file photo, Saudi soldiers fire artillery toward three armed vehicles approaching the Saudi border with Yemen in Jazan, Saudi Arabia. Saudi Arabias offer to put boots on the ground to fight Islamic State in Syria is as much about the kingdoms growing determination to flex its military might as it is about answering U.S. calls for more help from Mideast allies. (ANSA/AP Photo/Hasan Jamali, File)
L’avanzata saudita. E poi c’è l’Arabia Saudita, che dopo aver annunciato l’invio delle sue truppe, ha specificato che il presidente siriano Bashar Assad «sarà spodestato dal potere con un processo politico o militare». Almeno queste sono le parole del ministro degli Esteri di Riyad Adel al Jubeir, che ha anche aggiunto: «Assad ha fallito, nonostante l'aiuto dell'Iran, e fallirà in futuro. Non resterà al potere». Nel frattempo una parte delle truppe saudite e alcuni jet sono stati schierati in Turchia, nella base di Incirlik, ufficialmente «per intensificare le proprie operazioni contro l’Isis in Siria» stando a quanto è stato dichiarato dal generale Ahmed al-Assiri alla tv saudita al-Arabiya. Ma che l’idea che sta dietro sia lo sbarco in Siria è ben più che un sospetto, dato che Arabia Saudita e Turchia hanno annunciato di essere pronte a guidare un intervento militare di terra contro Damasco. Anche in questo caso la motivazione ufficiale è quella di combattere l’Isis, ma sono noti i rapporti di “amicizia” che esistono con le varie fazioni dei ribelli. Un legame che fa supporre che, oltre a voler sconfiggere lo Stato Islamico, turchi e sauditi vogliano andare in aiuto dei ribelli, messi in crisi dall’avanzata di Assad e dell’esercito governativo.
La telefonata tra Putin e Obama. Per stemperare il clima di guerra fredda che si è creato negli ultimi giorni, dopo che l’accordo di Monaco ha mostrato tutta la sua fragilità, il Presidente americano Barack Obama e il suo omologo russo Vladimir Putin si sono sentiti al telefono per ribadire l’impegno comune nella lotta all’Isis e provare a distendere un po’ gli animi. I due hanno concordato l’interesse a una reciproca cooperazione, che porti al rispetto dell’accordo di Monaco e quindi che abbia l’obiettivo di giungere a un cessate il fuoco. Tuttavia la base da cui le due potenze partono è differente: Obama chiede ed esige che la Russia cessi i suoi bombardamenti, mentre Mosca continua imperterrita ad appoggiare l’esercito governativo, e dopo Aleppo sta dirigendo i suoi mezzi militari su Raqqa. Putin è fermo nella sua convinzione che a governare sulla Siria debba essere ancora il suo presidente Assad. Lo dimostra il contenuto di un’intervista rilasciata ad Euronews dal premier russo Dmitri Medvedev: «Pensiamo che attualmente non ci sia un’altra autorità legittima in Siria che non sia Bashar al-Assad. È il presidente in carica, che piaccia o no. Toglierlo da questa equazione porterebbe al caos. Abbiamo visto ciò in numerose occasioni nel Medio Oriente, quando qualche Paese è semplicemente crollato, come è accaduto in Libia per esempio».
Assad deciso a restare. In Siria sono molti i fattori di preoccupazione. C’è l’Isis, ma c’è soprattutto la fronda dei ribelli che hanno spazzato via in questi anni l’opposizione moderata, seminando morte e distruzione al pari dei miliziani dello Stato Islamico. Assad è intenzionato a riprendersi il resto del Paese e quindi non vuole smettere di combattere. Lo dimostra un’intervista rilasciata a France24, nella quale afferma che il suo esercito tenterà di conquistare la Siria «senza esitazione», anche se questo richiederà «molto tempo e un alto prezzo».
I fantasmi di una nuova guerra fredda. Il clima tra Russia e Usa rischiava di diventare incandescente dopo che il segretario di Stato americano John Kerry aveva minacciato l’invio di truppe di terra in Siria, qualora Russia e Iran non avessero messo fine alle loro azioni militari. Al momento la Nato ha escluso l’intervento di terra, almeno per ora, ma la minaccia è bastata per far riecheggiare i fantasmi di una nuova, lunghissima, guerra fredda.