La prima apertura a Milano nel 2017

Starbucks in Italia con Percassi La sfida nella patria dell'espresso

Starbucks in Italia con Percassi La sfida nella patria dell'espresso
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Ora è ufficiale: Starbucks sbarcherà in Italia nel 2017 grazie a un accordo siglato con la business company Percassi. Le indiscrezioni su un accordo tra il gigante americano del caffè (un colosso che fattura qualcosa come 9 miliardi di dollari l’anno) e il gruppo orobico avevano iniziato a circolare già l’ottobre 2015, precisamente il 14 ottobre, quando la giornalista Daniela Polizzi rivelò sulle pagine del Corriere della Sera che la firma tra Starbucks e Percassi sarebbe arrivata entro il prossimo Natale. In realtà allora si era ancora in una fase di trattativa e le tempistiche dell’accordo erano ancora tutt’altro che fissate. Ma lo scoop del quotidiano di via Solferino non era certo campato per aria: i contatti tra le due parti erano infatti in corso da mesi.

L’ufficialità l’ha data la sera del 28 febbraio Howard Schultz, numero uno del colosso del caffè di Seattle, durante un incontro nel cuore della vecchia Milano, dove ha riunito amici e partner italiani per raccontare lo sbarco nella patria dell’espresso. Al momento si sa solo l’anno, il 2017, e la location, a grandi linee, ovvero il centro di Milano. Per i dettagli bisognerà ancora aspettare un po’.

 

Howard Schultz

[Howard Schultz, patron di Starbucks]

 

Questa volta non è una bufala. Quando uscirono le prime indiscrezioni, sia Starbucks che la business company Percassi preferirono non commentare la notizia. Il silenzio dei mesi successivi ha indotto molti a pensare che si trattasse dell’ennesima bufala (soltanto un paio di giorni prima rispetto all’articolo del Corriere ne era circolata un’altra su Facebook di una prossima apertura di uno store Starbucks a Roma). Così non è: Howard Schultz, fondatore e guida della più grande catena di caffetterie americana, a oltre 20 anni dall’apertura della sua catena ha finalmente trovato il giusto interlocutore per poter portare il suo caffè nella patria mondiale del caffè. Antonio Percassi, infatti, attraverso la sua business company si è oramai distinto come controparte fidata dei grandi marchi internazionali intenzionati a portare anche in Italia il loro brand. Se il 2015 è stato l’anno di Victoria’s Secret, il 2016 quello dei LEGO Certified Store, il 2017 sarà quello di Starbucks, senza dimenticare che negli anni anche il gigante dell’abbigliamento spagnolo Zara ha chiesto aiuto a Percassi per conquistare l’Italia (missione più che riuscita si può dire oggi).

Starbucks e l’Italia nel destino. Del resto lo sbarco di Starbucks nel nostro Paese era solo questione di tempo, come ammise lo stesso Schultz alla CNN nel marzo 2013: «Ci sarà Starbucks in Italia, prima o poi». Allora però il fondatore della catena precisava: «Abbiamo passato molto tempo a osservare il mercato e penso, candidamente, che aprire uno store in Italia, oggi, date le problematiche politiche ed economiche che ci sono, non sarebbe nell’interesse primario dei nostri azionisti. Tentiamo di procedere con cautela, ma un giorno ci sarà, in Italia, un locale di Starbucks». Quel giorno è finalmente arrivato e siamo certi che il primo ad esserne felice è proprio Schultz, che deve il suo successo a una visita, oltre 30 anni fa, nel nostro Paese: durante una vacanza tra Milano e Verona, scrive Schultz nel suo libro, «fui rapito dal potere che può avere assaporare una semplice tazza di caffè nel connettere le persone e creare uno spirito di comunità tra loro, e da quel momento in avanti fui determinato a portare caffè di eccellenza mondiale e il romanticismo dei bar dell'espresso italiani negli Stati Uniti». Nacque così Il Giornale, piccola catena ci caffetterie tra Canada e Usa, cresciuta passo dopo passo e diventata poi un colosso internazionale sotto il nome di Starbucks.

 

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[Antonio Percassi, patron della business company Percassi]

 

Quello che si sa. Shultz ha spiegato che il primo Starbucks italiano renderà omaggio alla cultura italiana, servirà cibo italiano e sfrutterà una miscela di caffè creata apposta per i gusti dei milanesi. Un classico ed elegante caffè Starbucks dunque, anche se, come ha spiegato Shultz, «in termini di esperienza, di atmosfera e di design si noterà subito il profondo rispetto che nutriamo nei confronti del popolo italiano e della sua cultura del caffè». Il numero uno dell’azienda ha sottolineato più volte l’umiltà con cui Starbucks si approccerà alla patria dell’espresso e che la componente essenziale sarà «quella di creare un senso di comunità, di terzo luogo, tra casa e posto di lavoro». Intervistato da Il Sole 24 Ore, Shultz non ha negato che l’azienda apporterà alcune piccole modifiche alla sua filosofia nella speranza di sfondare in un Paese come il nostro: «Faremo in modo che i prezzi non siano una barriera per il cliente italiano. Ma, detto questo, noi facciamo le cose in modo diverso: abbiamo la reputazione di saper creare un’atmosfera fantastica per i nostri clienti, gli spazi saranno straordinari, comodi, con il wi-fi e tutte le tecnologie necessarie per far vivere una grande esperienza. La nostra missione è superare le aspettative dei milanesi. Sono impegnato personalmente in ogni dettaglio, per me il primo Starbucks italiano non è solo business, è una questione personale».

L’Eco di Bergamo riporta le prime parole anche di Antonio Percassi, l’altro artefice dello sbarco italiano di Starbucks: «Siamo consapevoli di affrontare una sfida unica, portando Starbucks in Italia, il Paese del caffè per eccellenza e confidiamo che gli italiani siano pronti per vivere appieno l’esperienza del brand Starbucks come avviene in molti altri mercati. Dobbiamo essere sinceri, l’italiano ha più gusto di chiunque altro al mondo, e il primo a saperlo è proprio Schultz. Il mercato qui è difficile, e se Starbucks ci arriva adesso è perché si sente pronta. E noi con loro».

 

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Un modello lontano dagli stereotipi. Come per tutti gli altri casi in cui è stata ventilata la notizia del possibile sbarco del “Frappuccino” nel Belpaese, anche questa volta la notizia dividerà: da una parte i no-global, i difensori della purezza del prodotto italiano e coloro che quando vedono le stelle e le strisce americane non possono fare a meno di dirsi contrari; dall’altra chi, invece, si limita ad analizzare i fatti, in primis quello che Starbucks è una cosa totalmente diversa rispetto ai vari McDonald’s o Burger King. Le caffetterie di Schultz vendono (bene) caffè buono e può anche non piacere forse, ma l’azienda, come sottolineava Linkiesta qualche mese fa, «si distingue, a livello internazionale, per tutela dell’ambiente, trattamento dei dipendenti, rispetto della bio-diversità e, udite udite, qualità del prodotto, proveniente dalle migliori coltivazioni di Sud America, Africa e Asia. Promotore anche di una linea di prodotti “fair trade” (equo solidali), Starbucks si differenzia nel mercato globale poiché sempre sul pezzo su temi sociali e di attualità, con standard etici elevatissimi. Nulla a che vedere, insomma, con lo stereotipo dell'americano invasore e irrispettoso».

Non stupisce quindi che anche imprenditori del calibro di Francesco Massaro, titolare dello storico e omonimo caffè di Palermo, abbia dichiarato a commento della notizia: «Avrebbe la sua fetta di mercato che non toglierebbe nulla a un bar come il mio. Non saranno necessariamente pubblici diversi: magari la gente verrà a fare colazione da me e un giorno a settimana andrà da Starbucks». Chiaramente conquistare un mercato come quello italiano non sarà semplice: il caffè, qua da noi, è più che una semplice bevanda. Per questo motivo le due aziende hanno studiato una formula originale per catturare i clienti italiani, che avrà il suo punto di forza nell’hi-tech e nell’offerta digitale. L’idea è di selezionare location nei centri città, dove si incontrano banchieri, avvocati, imprenditori e professionisti che hanno bisogno di intimità e, soprattutto, di una buona connessione wi-fi. Un mix che anche a Milano, capitale del business, non è proprio facile trovare ad oggi. Ma non solo: la società ha sviluppato anche la Starbucks Digital Network, che offre invece contenuti come film, serie tv e news per una pausa relax e d’intrattenimento dedicata ai più giovani.

 

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Un’occasione per Starbucks e per Percassi. Ma se Schultz e Percassi hanno deciso di imbarcarsi in questa nuova avventura è perché sono certi possa dare i loro frutti, non soltanto economici. Forse a differenza che in altri Paesi, Starbucks si limiterà all’apertura di alcuni store nei grandi centri urbani e in alcuni centri commerciali, ma rafforzerà la propria immagine internazionale, come spiega uno studio della società di consulenza Euromonitor International, specializzata nell’analisi dei beni di consumo: il legame tra il colosso di Seattle e la patria del buon caffè può trasferire al marchio caratteristiche quali originalità e autenticità. Dall’altro campo la business company Percassi rafforzerà una volta in più il proprio status di grande franchising partner per marchi dall’appeal globale che vogliono sfondare in Italia.

Del resto Starbucks è solo l’ultimo di una lunga serie di brand nazionali e internazionali che Percassi ha sviluppato in Italia e nel mondo, privilegiando sempre location strategiche. Oltre ai marchi di proprietà, l’area Retail si occupa della gestione dei negozi Victoria’s Secret, Gucci, Ralph Lauren, Nike e Ferrari. In passato Percassi ha sviluppato a livello globale la rete commerciale del gruppo Benetton e ha contribuito all’ingresso e alla diffusione sul mercato italiano dei brand del gruppo Inditex (Zara, Massimo Dutti, Oysho, Pull and Bear, Bershka, Stradivarius), oltre che di Swatch, Calvin Klein, Guess, Tommy Hilfiger e Levi’s.

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