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Il film da vedere nel weekend Jeeg Robot, un supereroe italiano

Il film da vedere nel weekend Jeeg Robot, un supereroe italiano
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Regia: Gabriele Mainetti.
Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Daniele Trombetti, Antonia Truppo, Salvo Esposito, Gianluca Di Gennaro.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

L'idea che il cinema italiano sia morto da tempo è un luogo comune che è ancora duro a morire, sia presso il pubblico che presso la critica. In parte è certamente vero: i grandi autori stanno venendo a mancare uno dopo l'altro (la morte recente di Scola è ancora viva nei ricordi degli spettatori) mentre non sembrano emergere nuovi cineasti in grado di sostituirli. A ben guardare, però, la situazione non è così drammatica: si pensi all'ottimo lavoro di Sollima con Suburra (peraltro interessantissimo per il suo rapporto con la serialità televisiva e Netflix), o al recente e meritatissimo successo del film Perfetti Sconosciuti. La strada scelta da Gabriele Mainetti è forse diversa da quella battuta dai film appena citati, ma ugualmente efficace. Al suo debutto alla regia con Lo chiamavano Jeeg Robot, ci presenta infatti un film incredibilmente efficace, un ottimo esempio di come sia ancora possibile fare ottimo cinema nelle difficili condizioni del sistema italiano.

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Protagonista di questa fantastica vicenda è Enzo, un signor nessuno della provincia romana che si guadagna da vivere commettendo piccoli crimini. Durante un inseguimento cade nel Tevere e viene a contatto con uno strano materiale radioattivo che gli donerà, con sua grande sorpresa, dei superpoteri. Mentre Enzo cerca di usare a suo vantaggio queste nuove facoltà, Roma cade nel caos ed è preda di un'autentica lotta criminale (si veda, di nuovo, Suburra). C'è bisogno di un eroe per salvare la situazione... Che Jeeg Robot esista davvero?

La parola chiave del film di Mainetti è forse nostalgia. Sì, perché ogni immagine di questo atipico film supereroico all'italiana richiama direttamente alla memoria degli spettatori le movenze dei grandi serial animati giapponesi di Nagai Go, di cui Jeeg Robot è appunto uno degli esempi più noti e riusciti. A essere precisi sembra che il regista abbia ben presente tutte le caratteristiche dei fumetti classici, intendendo con ciò sia i comic americani che i manga giapponesi. C'è dunque una forte componente citazionista nel film, che si costruisce attraverso un gioco di rimandi più o meno diretti, che non mancheranno di interessare, come in un gioco di riconoscimenti, lo spettatore più attento. Se fosse tutto qui, però, l'operazione del regista non sarebbe così interessante e non meriterebbe tutta la nostra attenzione come esempio e modello di un possibile rilancio della cinematografia italiana.

 

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Quello che interessa mettere in evidenza è il carattere fortemente innovativo dell’opera che, contando su una regia consapevole ed attenta e su un cast di attori perfettamente calati nel mondo costruito dall’autore (Claudio Santamaria su tutti), riesce a fondere in maniera originale i diversi elementi in gioco, fino a concepire un prodotto ibrido che pur richiamando alla mente molto di quanto uno spettatore medio può aver già visto e conosciuto, riesce ad essere in tutto e per tutto originale. È forse questa la lezione più grande che Lo chiamavano Jeeg Robot può offrire, a prescindere dall’ottima qualità di realizzazione del prodotto. C’è bisogno di coraggio in questo Paese per proporre un cinema nuovo, che sia in grado di accontentare le preferenze del pubblico senza cadere nei soliti cliché o limitandosi a sfruttare i nomi di punta dei divi del momento (pensiamo al recente flop commerciale di Game Therapy, film senza capo né coda nato solo per dare visibilità alle webstar).

I buoni incassi finora registrati dalla pellicola fanno sperare che l’operazione possa venir presa in debita considerazione da chi si occupa di finanziare e programmare il nostro cinema, perché Lo chiamavano Jeeg Robot è un prodotto assolutamente consigliato, che va sostenuto non solo per il suo coraggio, ma anche per la sua oggettiva qualità.

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