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Il fornaio di Nembro che ha dormito un mese in negozio (per garantire il pane al paese)

Salvatore Mazzola ha scelto di isolarsi per non rischiare di contagiare la famiglia e garantire il servizio ai cittadini. Ma il virus è arrivato dai bambini e si è preso suo padre Giuseppe. «Anche venti ore di lavoro al giorno, e quelle continue chiamate dall’ospedale...». «Vedo negli occhi dei clienti la mia stessa paura»

Il fornaio di Nembro che ha dormito un mese in negozio (per garantire il pane al paese)
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di Elena Conti (fotografie di Marco Quaranta)

Se qualcuno pensa che la lotta al coronavirus sia finita, sbaglia. C’è ancora molto da fare, non è il momento di arrendersi. È importante conservare la speranza, nonostante le difficoltà, nonostante i lutti. Nembro è un paese molto provato, eppure cammina unito e trova la forza di andare avanti. Come il panettiere Salvatore Mazzola, che da un mese dorme al forno per assicurare il proseguimento dell’attività. Ma il coronavirus ha colpito anche la sua famiglia.

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«Ho passato la mia prima notte al forno il 5 marzo - racconta Salvatore, titolare del forno “Semplicemente buono” - e praticamente non mi sono più mosso. Ho preso questa decisione per diversi motivi. Innanzitutto, per il desiderio di tenere aperta l’attività. La chiusura avrebbe potuto significare il fallimento, considerando gli elevati costi come l’affitto o la luce. Al contempo, non volevo abbandonare i nembresi in questo momento difficile. Tenere aperto dà un senso di normalità, nel bel mezzo di una situazione che non ha nulla di normale. Ma tanti cittadini mi hanno ringraziato, per i sorrisi e le parole di conforto. Il pane si compra ovunque, ma in questo momento serve anche sostegno morale».

«L’altra ragione dell’apertura - continua - era per evitare di contagiare la mia famiglia, con la quale vivo a Valtesse. Credevo così di preservarli mettendomi in autoisolamento, invece è accaduto il contrario. Mia figlia si è ammalata all'asilo a metà febbraio, con febbre alta e tosse; poi si è ammalato il fratellino, che l’ha passata alla nonna. Poi è toccata al nonno e a mia moglie. Purtroppo mio papà, Giuseppe Mazzola, non ce l’ha fatta. È morto alla clinica Gavazzeni il 1° aprile».

Giuseppe “Pippo” Mazzola aveva 81 anni ed era un insegnante di educazione fisica.

L’articolo completo e altre notizie su Nembro alle pagine 17, 18 e 19 del numero di PrimaBergamo in edicola fino al 23 aprile, oppure sull'edizione digitale QUI.

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