Un anno fa moriva Felice Gimondi, ma per tanti di noi è ancora qui
di Paolo Aresi
Era quasi la sera, del 16 agosto dello scorso anno quando la notizia rimbalzò in Internet, fece il giro d’Italia in un secondo e poi toccò tutto il mondo. E tutti restammo senza parole: Felice Gimondi era morto nel pomeriggio, nel cristallino mare di Giardini Naxos mentre stava facendo il bagno. Era in vacanza là, come ogni anno, con sua moglie Tiziana e una coppia di amici.
La notizia arrivò a Bergamo e fu come una bomba emotiva: tutto il mondo amava Felice Gimondi, ma la sua terra in modo particolare, perché in Gimondi si identificava fortemente. Ci sono persone che non dovrebbero mai morire e Gimondi era tra queste. Non dovrebbero mai andarsene perché sono dei punti di riferimento, dei modelli, degli esempi. Perché sono quelli che stanno davanti al gruppo e tagliano l’aria, e tu pedali dietro, al riparo dal vento. Invece Felice Gimondi era morto davvero, un malore, un infarto, pare. Se ne è andato nel modo più bello, in un momento di serenità, in un attimo, vicino a persone alle quali voleva bene, vicino a sua moglie che Felice amava intensamente da quando erano ragazzini, da quel tardo pomeriggio del marzo 1965 quando si videro per la prima volta, a Diano Marina: lei aveva quindici anni e mezzo, lui ventidue.
È accaduto un anno fa. In tutti i siti Internet piovevano notizie, emozioni, cordoglio, ricordi. Incredulità. Il campione, l’eterno rivale di Eddy Merckx, il bergamasco che non mollava mai. In una telefonata di qualche giorno fa a Tiziana, Eddy ha detto: «Quanto mi ha fatto sudare Felice, quanta fatica!». Erano diventati amici per la pelle, uniti, prima di tutto, dalla grande stima che nutrivano, uno per l’altro.
Poi la salma è arrivata a casa, a Paladina, è stata portata nella chiesa parrocchiale, è cominciato un pellegrinaggio senza interruzioni di gente di ogni genere, ma soprattutto gente semplice, gente normale, le persone che lo avevano seguito negli anni delle grandi imprese in bicicletta, che avevano tifato per lui come si fa il tifo per l’Atalanta, e forse di più ancora. Nella provincia di Bergamo, i Gimondi Club spuntarono come i funghi tra il 1965 e il 1978, i suoi anni da professionista (in teoria corse anche nel 1979, ma fece pochissime gare).
Pochi atleti sono stati apprezzati come Gimondi, apprezzati e amati. Al punto che, per la prima volta nella storia delle televisione italiana, i funerali di uno sportivo sono stati trasmessi in diretta. Le telecamere della Rai erano là, quella mattina del 20 agosto a Paladina, dentro e fuori dalla chiesa, a registrare ogni attimo del rito funebre.
È passato un anno, ma per tanti di noi non è passato nemmeno un secondo, e Felice Gimondi è ancora qui, con il suo sguardo severo che sapeva sciogliersi in un sorriso dolcissimo.
(Nella foto Quaranta di copertina, Norma Gimondi alla partenza del Giro di Lombardia da Bergamo il giorno di Ferragosto)