Trovate una soluzione

Il Mondiale in Qatar dovrebbe fare scuola: perché non raggruppare i match delle Nazionali?

Le gare delle rappresentative sono un problema che si ripete in continuazione. I giocatori si fanno male e le squadre devono correre ai ripari

Il Mondiale in Qatar dovrebbe fare scuola: perché non raggruppare i match delle Nazionali?
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di Fabio Gennari

I giocatori rimasti a lavorare a Zingonia sono Soppy, Ederson, Hateboer, Boga, Muriel e i due portieri Sportiello e Rossi. Praticamente, se chiedessero a Gasperini di organizzare una partita a cinque ci sarebbe solo un cambio tra i calciatori di movimento, mentre a sette toccherebbe integrare con "bomber" Tullio Gritti (il vice del Gasp) o un ragazzino della Primavera. La situazione si ripete ogni volta che ci sono le convocazioni con le Nazionali e accomuna tutte le squadre del calcio italiano e non solo. Siamo sempre alle solite: calendario compresso, poi due settimane in cui i giocatori vanno in giro per il mondo e rientro a ridosso dei nuovi impegni. Con annessi problemi e infortuni.

Se davvero si volessero cambiare le cose, tuttavia, stavolta l'esempio del Mondiale in Qatar potrebbe aiutare un po' tutti. Va bene che gli interessi che ruotano attorno alla competizione programmata per la prima volta nella storia a novembre e dicembre (con conseguente stravolgimento dei calendari internazionali) sono molto più alti di quelli che comunemente sono in ballo nel calcio di tutti i giorni, ma qui la domanda è meramente organizzativa: possibile che non ci sia modo di trovare due momenti durante la stagione in cui concentrare tutte le partite delle Nazionali? Indipendentemente dal tipo di competizione, che siano qualificazioni a competizioni, Nations League o amichevoli, non sarebbe meglio trovare pochi momenti in cui lasciare i giocatori alle squadre dei propri Paesi e giocare tutte le gare che servono?

Fifa e Uefa si mettessero d'accordo con le altre federazioni e trovassero una soluzione, non è logico che ogni sette o otto partite (perché così capita nelle stagioni normali) ci sia uno stop di 14 giorni in cui per dieci giorni i calciatori sono come trottole impazzite che corrono a giocare e tornano al club senza mai fermarsi. Per il livello dello spettacolo, per gli infortuni e per una questione organizzativa che coinvolge tutti, sarebbe davvero intelligente trovare una soluzione. E la sensazione è che basti solo volerlo fare per riuscirci. Altrimenti, chi paga i calciatori (anche profumatamente) si trova a dover gestire problemi causati da chi dovrebbe solo preoccuparsi di organizzare al meglio il lavoro.

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