Dea, se non tiri in porta non vinci. Ma per l'Europa non è ancora finita
di Xavier Jacobelli
D'accordo, Orsato ha sbagliato, sorvolando sul fallo ai danni di Pessina da cui è scaturito il gol di Leao. Su Dazn, l'ha rimarcato anche un esperto del calibro di Marelli, così come Gasp ha significativamente preferito evitare di commentare a caldo ciò che era accaduto, anche se possiamo immaginare quali pensieri gli siano passati per la testa. Tuttavia, sarebbe fuorviante soffermarsi soltanto su questo episodio per spiegare la sconfitta dell'Atalanta.
Che nella bolgia di San Siro ha disputato una buona prova, insufficiente però, per non perdere il confronto con i rossoneri che hanno chiuso il conto grazie alla meravigliosa volata di Theo, protagonista di un gesto atletico e tecnico eccezionale: 95,3 metri di corsa prima di infilare Musso facendogli passare il pallone fra le gambe. Una prodezza che ha ricordato quella firmata da George Weah l'8 settembre '96, alla prima di campionato, quando il fuoriclasse liberiano coprì 80 metri in 14 secondi fulminando Gregori, portiere del Verona.
Dice bene Gasp: a Milano l'Atalanta l'ha soddisfatto. Epperò, i numeri confermano una costante della stagione nerazzurra in caso di sconfitta: se non tiri in porta, non vinci. Non bastano la superiorità nel possesso palla (54,2 rispetto a 45,8%); il maggior numero di corner (6-4) e la parità nei tiri effettuati (12-12) se nello specchio il Milan ne fa 6 e l'Atalanta 2.
Ciò non toglie che mai, come in questo momento, anche se in attesa dell'esito delle partite di Fiorentina e Lazio, i nerazzurri debbano e possano ancora credere nell'Europa. La speranza viene legittimata dal gioco delle combinazioni incrociate fra le quattro squadre in lizza per tre posti: naturalmente, condicio sine qua non è la vittoria sull'Empoli nell'ultima giornata. Ci credono i tifosi che, a Zingonia, prima della partenza della squadra per Milano, ancora una volta sono stati grandiosi. Ci credono Gasp, la squadra, la società. Non è finita sino a quando non è finita.