L'editoriale di Xavier Jacobelli

Fuori a testa alta. E adesso, Dea, buttati sull’Europa League

Fuori a testa alta. E adesso, Dea, buttati sull’Europa League
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di Xavier Jacobelli

Schiacciata dall’importanza della posta in palio, l’Atalanta è uscita comunque a testa alta dalla sfida decisiva con il Villarreal, tredicesimo nella Liga e capace di vincere una sola delle ultime otto partite di campionato, eppure in grado di fare cose splendide nelle competizioni continentali. La lezione rischiava di essere durissima, sul 3-0 per gli spagnoli. Non a caso, essi sono i detentori dell’Europa League e avevano fatto vedere le streghe al Chelsea nella finale dell’ultima Supercoppa Uefa. Partita per affondare il Sottomarino Giallo, la Dea è inopinatamente colata a picco già dopo 161 secondi, fulminata da Danjuma e poi, prima dell’intervallo, di nuovo tramortita dal raddoppio di Capoue.

Nel primo tempo i nerazzurri hanno abbozzato una reazione, ma sono stati irretiti dal centrocampo di Unay Emery, allenatore eccellente con un palmarès all’altezza della sua fama ( 4 Europa League, di cui 3 con il Siviglia e una, appunto con il Villarreal; un campionato francese, due Coppe, due Supercoppe di Francia e due coppe di Lega transalpine).

Nella ripresa, Gasperini ha inserito Djimsiti richiamando Demiral che ricorderà Danjuma come un incubo; ha cambiato Pessina con Malinovskyi e poi, subìto il 3-0, ecco Muriel per De Roon, per tornare il tridente con Zapata e Ilicic, ma l’inerzia della partita non è cambiata. La traversa scheggiata da Malinvoskyi, l’occasione di Zapata, il gol dello stesso Ruslan sono stati i prodromi della rete di Zapata, del palo di Muriel, dell’occasione di Toloi. Dell’orgoglioso finale di un’Atalanta che, dopo la terza partecipazione consecutiva esce dalla Champions League a testa alta ed entra in Europa League.

È, questa, la competizione che una squadra italiana non vince dal ’99: l’ultima fu il Parma allenato da Alberto Malesani, quando ancora il torneo si chiamava Coppa Uefa. Lunedì la Dea conoscerà il nome del suo prossimo avversario. La squadra avrà due mesi di tempo per prepararsi alla nuova avventura europea. Non ci sono dubbi che farà di tutto per onorarla sino fondo. Perché, se l’amarezza per l’eliminazione è profonda, altrettanto grande deve essere la gratitudine verso un gruppo che ha comunque onorato il nostro calcio, sebbene l’epilogo del Gruppo F non abbia corrisposto alle aspettative dei bergamaschi.

In campo internazionale si cresce anche vivendo esperienze come questa e il pubblico del Gewiss l’ha capito, applaudendo i nerazzurri come meritano. Quarta in classifica, in lizza in Europa League e in Coppa Italia, la corsa della Dea non si ferma qui. L’importante è rialzare subito la testa e l’Atalanta lo farà. Onore ai vinti.

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