Gian Piero Gasperini, cioè l’uomo che, al timone dell’Atalanta, ha scritto insieme ai giocatori, società e a tutto l’ambiente pagine indelebili della storia del calcio italiano ed europeo degli ultimi anni, ha concesso nei giorni scorsi una lunga intervista al Corriere dello Sport (pubblicata ieri, 10 ottobre) da allenatore della Roma, ma parlando anche dei suoi nove anni a Bergamo. Ovvio, pertanto, che le sue parole siano state lette con grande interesse anche qui.
I tempi dell’addio
Nell’intervista concessa al direttore Ivan Zazzaroni, Gasperini racconta come, dopo la vittoria in Europa League, ci siano stati colloqui con il Napoli, mentre con Ranieri, punto di riferimento della Roma, i primi contatti risalirebbero a dicembre 2024. Il mister di Grugliasco ha detto che già allora aveva la sensazione che sarebbe stato il suo ultimo anno a Bergamo.
A fronte di questo, legittimo chiedersi allora il motivo per cui abbia deciso sono a giugno inoltrato di sciogliere la sua riserva, con la società nerazzurra che ha anche proposto a Gasperini il prolungamento di contratto fino al 30 giugno 2027 per un totale di 12 milioni netti per le stagioni 2025/26 e 2026/27: si poteva chiudere tutto prima e, magari, anche un po’ meglio. Allo stadio, contro il Parma, di persona.
«Davamo fastidio»
Un altro passaggio indicativo è quello in cui il mister spiega come il periodo vissuto a Bergamo, per lui, sia stata anche una “lotta contro il mondo”. «Davamo fastidio là in alto – ha detto parlando di come veniva vista, a suo parere, l’Atalanta ai vertici del calcio italiano -. Bergamo è una città da 120 mila abitanti, è come se uno dei popolosi quartieri di Roma, la Garbatella (affermazione che lascia perplessi e che non è piaciuta a molti atalantini, comprensibilmente… ndr), giocasse in Europa contro Real Madrid, Barcellona, City, Psg, inglesi, tedeschi, francesi. E tutto sommato in Europa andava ancora bene, perché l’apprezzamento era palpabile. In Italia invece abbiamo cominciato a dare fastidio».
«A Bergamo ero l’unico a espormi»
In quella situazione, Gasp sottolinea come ci mettesse sempre la faccia. Lasciando anche intendere come altri, in società, non lo facessero: «Ero il più esposto, dell’Atalanta chi riconoscevi? La proprietà non ama esporsi, i dirigenti anche. Alla fine arrivavo io e trovavo un plotone d’esecuzione. L’Atalanta ha tolto tanto a tanti e quindi era naturale che fosse accompagnata da antipatie diffuse».
«Doping? Offensivo anche solo pensarlo»
Nel passaggio successivo dell’intervista, Gasp sfodera tutto il suo orgoglio (che è anche il nostro) per quanto fatto a Bergamo. E lo fa rispondendo in modo netto alle accuse di doping circolate sui social (e quindi dal valore zero) in questi anni: «Chi ha soltanto pensato una cosa del genere ha offeso una società, il sottoscritto, uno staff e un gruppo di giocatori, il loro lavoro. Quando non si sanno trovare le risposte si ricorre alle maldicenze e alle peggiori fantasie. Noi siamo sempre stati puliti. Io credo nel rispetto delle regole dello sport. Il doping lo combatto da sempre».
Una nuova storia, con Juric
Al netto di tutto, però, c’è un presente da vivere. Che a Bergamo si chiama Ivan Juric. Il nuovo ciclo ormai è partito, dopo alcune oggettive difficoltà la squadra sta ora mostrando una sua impronta ben precisa e dopo la sosta torneranno un po’ di giocatori. Guardando con positività al futuro, senza dimenticare il passato, ma cercando anche di guardare in faccia la realtà, pesando bene le parole e i tempi in cui sono successi i fatti. Negli ultimi nove anni la piccola Dea ha stupito l’Italia e l’Europa, adesso bisogna solo guardare avanti e cercare di continuare a restare in alto.