VERSO LA RIPARTENZA

Gasperini: «Ho avuto il Coronavirus. Porteremo in campo la sofferenza di Bergamo»

Il tecnico dell'Atalanta, in una lunga intervista a La Gazzetta Dello Sport, ha raccontato la propria vicenda personale e la sofferenza provata rimanendo a Bergamo

Gasperini: «Ho avuto il Coronavirus. Porteremo in campo la sofferenza di Bergamo»
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Dopo settimane di silenzio, Gian Piero Gasperini torna a parlare. E lo fa rilasciando una lunga intervista a Luigi Garlando de La Gazzetta dello Sport. Il primo tema toccato è quello del Coronavirus, che il tecnico dell’Atalanta ha scoperto di aver contratto probabilmente nei giorni a cavallo di Valencia-Atalanta.

IL RICORDO. «Il giorno prima della gara di Valencia stavo male, il giorno della partita andava peggio e in panchina non avevo una bella faccia. Dormii le due notti successive a Zingonia, ma chiudendo occhio solamente un poco. Ero sfebbrato, ma la sensazione era come se l’avessi a 40. Il centro è vicino a un ospedale, ogni due minuti sentivo le sirene delle ambulanze. Sembrava una guerra e pensavo: se entro lì, che mi succede? Non posso andare ora, ho tante cosa da fare… Lo dicevo scherzando, per esorcizzare. Ma lo pensavo davvero. Poi quattro giorni dopo ho fatto un allenamento duro: un’ora sul tapis-roulant e 10 km di corsa. Mi sono sentito bene, forte. Il peggio era passato. Il giorno dopo Da Vittorio, ristorante stellato, ci fece pervenire 25 colombe e Dom Perignon del 2008. Lo assaggio e dico che mi sembra acqua. Gritti, mi guarda storto pensando che scherzassi. Invece avevo perso il gusto. Rimasi tre settimane a Zingonia, poi anche a Torino ho sempre mantenuto il distanziamento. Non ho mai fatto un tampone, ma il test sierologico fatto una decina di giorni fa ha confermato che ho avuto il Covid-19. Ho gli anticorpi, ma non sono immune».

L’ARIA DI BERGAMO. «È triste e dignitosa. Si respira negli occhi di tutti. Ma tutti vanno avanti con forza e dolore composto. Qui è stato il centro di questo male e ci vorranno anni per capire cosa è realmente successo. Ogni volta che ci penso, credo sia assurdo: il picco storico di felicità sportiva è coinciso con il dolore più grande della città. Oggi mi sento ancora più bergamasco».

LA RIPARTENZA. «Qualcuno la ritiene amorale. Ho visto gente cantare dai balconi quando qui si contavano le bare. Non l’ho considerata una reazione amorale, ma istintiva. L’Atalanta può aiutare Bergamo nella ripartenza, ci vorrà tempo per una festa in piazza o in aeroporto, ma pian piano tornerà tutto. I giocatori? Sono rimasti qui e hanno vissuto questo periodo rimanendo connessi con la sofferenza di Bergamo e la porteranno in campo».

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