Adesso tocca a mister Palladino capire il perché. E una volta capito, c’è da fare solo una cosa: bloccare per sempre quell’interruttore che ogni tanto spegne la squadra, come nelle partite contro il Parma, la Cremonese, l’Udinese, il Sassuolo o il Verona.
Questo non significa non perdere più, succederà di certo. Ma va trovato il modo di fornire sempre una prestazione all’altezza sul piano agonistico, della grinta e del temperamento. Quello, se giochi nell’Atalanta e sudi la maglia, non deve mai mancare.
Capire come si fa è complicato, e il mister lo sa, tant’è che al termine della storica vittoria sul Chelsea s’è messo a parlare del Verona e di come questa diversità di prestazioni sia inspiegabile. Non lo ha fatto a freddo, ma subito dopo la gara. Probabilmente, da professionista sveglio e molto preparato, ha capito al fischio finale che bisogna usare ogni leva per evitare che si ripetano certe figure. Oppure anche lui sta cercando una strada da percorrere e stanotte non ha dormito.
Ogni opzione è sul tavolo, di certo gli spetta un lavoro molto complicato, perché non è un mister con decenni di panchine alle spalle, quindi dovrà trovare le corde giuste da toccare pure essendo molto vicino, anche in termini anagrafici, ai giocatori.
Se si riuscisse a fare questo salto mentale, poi la squadra ha dei valori tecnici, tattici e atletici che autorizzano ogni valutazione. Senza correre, senza strafare: Palladino ha detto che l’Atalanta è troppo indietro in classifica. Sacrosanto voler recuperare, ma ancor più importante evitare i black-out.