L'editoriale di Jacobelli

In campionato o in Supercoppa, l'Inter è sempre il tabù di un'orgogliosa Atalanta

A Riyad, dove brillavano i gialli seggiolini vuoti in uno stadio popolato da meno di 17 mila spettatori, i milanesi hanno riaffermato la propria forza

In campionato o in Supercoppa, l'Inter è sempre il tabù di un'orgogliosa Atalanta
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di Xavier Jacobelli

Non c'è niente da fare per l'Atalanta: in campionato o in Supercoppa, l'Inter è sempre il suo tabù. Anche in Arabia Saudita, i campioni d'Italia hanno meritato di vincere, sebbene i bergamaschi abbiano dimezzato il passivo, rispetto al 4-0 del 30 agosto scorso a San Siro. Adesso sono diventate sette e consecutive le vittorie di Inzaghi su Gasperini, il cui massiccio turnover stavolta ha funzionato a metà, anche se più che mai si è reso necessario, considerata la mole di impegni del gennaio di ferro: Udinese, Juve, Napoli, Sturm Graz, Como, Barcellona e Torino aspettano la Dea dall'11 gennaio al 1° febbraio.

La rotazione è risultata efficace nel primo tempo, chiuso in parità pur con Ederson, De Ketelaere e Lookman sorprendentemente in panchina rispetto al pari con la Lazio e Scalvini, invece, per la prima volta titolare dopo sette mesi, ma logicamente bisognoso di giocare. Non altrettanto il turnover ha funzionato all'inizio della ripresa, quando lo scatenato Dumfries ha raddoppiato cinque minuti dopo il simultaneo ingresso in campo del trio.

Orgogliosa, la Dea si è arresa soltanto al fischio finale, avendo anche accusato il contraccolpo per il gol del 2-1 annullato a Ederson dal Var a causa del millimetrico fuorigioco di CDK che, però, c'era. L'Atalanta deve ripartire dalla metà della seconda frazione di gara, durante la quale ha avuto la prova provata dell'indispensabilità di Ederson: con il brasiliano in mezzo al campo, la squadra suona un'altra musica.

Quanto a Carnesecchi, autore di almeno cinque parate strepitose, anche Spalletti ne sarà felice: l'atalantino è il miglior portiere del campionato. Divide la palma con Sommer il quale, grazie al doppio, felino riflesso nel finale ha onorato la sua fama di portiere di assoluto livello internazionale.

Nell'acquario di Riyad, dove brillavano i gialli seggiolini vuoti in uno stadio popolato da meno di 17 mila spettatori secondo il dato ufficiale (un altro flop, come Napoli-Fiorentina un anno fa), l'Inter ha riaffermato la propria forza. Le deriva da un'organizzazione di gioco dalla quale scaturisce una manovra di prima qualità, sublimata dai suoi interpreti avvezzi alle grandi ribalte come Dumfries che segna sia in nerazzurro sia nell'Olanda; i veterani Mkhitaryan e il succitato Sommer; i capisaldi a nome Barella, Bastoni e Dimarco, i giovani in irresistibile ascesa del calibro di Bisseck. È talmente forte l'Inter, da permettersi anche questo Lautaro inopinatamente sprecone, con Thuram costretto a uscire nell'intervallo per un affaticamento muscolare.

Gasperini se l'è presa con Chiffi, denunciando a suo avviso tre irregolarità sul primo gol di Dumfries. Quand'anche avesse ragione, è lui il primo a sapere quanto le decisioni arbitrali, tecnologiche e non, anche nel recente passato della co-capolista del campionato, a volte diano e a volte tolgano. Piuttosto, Gasp ha ragione sostenendo che Ederson, Lookman e CDK non possano giocare 56 partite di fila e tutte per 90 minuti. Ecco, per Inter e Atalanta, la volata scudetto e il cammino in Champions dipenderanno molto dal "Fattore T", che sta per turnover. Nel frattempo, Inzaghi si prepara alla quarta finale di fila in Supercoppa, lui che ne ha già vinte cinque. Milan o Juve, chiunque sia l'avversaria il 6 gennaio, un fatto è certo: Simone parte favorito. Nettamente.

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