Un po' di speranza

La bellissima storia di Vasyl, il ragazzo ucraino in fuga dalla guerra che vince con la Dea

Cresciuto nello Shakhtar Donetsk, si sta allenando con l'U17 nerazzurra e ha appena vinto un importante trofeo risultando il migliore

La bellissima storia di Vasyl, il ragazzo ucraino in fuga dalla guerra che vince con la Dea
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di Fabio Gennari

Una storia che regala speranza, con protagonista un giovane  talento del calcio che scappa dalla guerra e si rifugia in Italia, vicino a Zingonia, grazie all'aiuto di Roksana e Ruslan Malinovskyi, che da quando è scoppiata l'assurda guerra causata dall'invasione della Russia si sono prodigati in ogni modo per aiutare il loro popolo. Per Vasyl Bundash e due compagni del settore giovanile dello Shakhtar Donetsk si sono aperte le porte del Centro Bortolotti e dopo gli ok di Figc e della società ucraina, il ragazzo ha potuto partecipare al torneo Maggioni-Righi di Borgaro.

Le cronache in arrivo dalla periferie di Torino raccontano di come il centrocampista ucraino abbia giocato sempre da titolare nonostante le cinque gare in quattro giorni e di come lui, classe 2006, si sia misurato sempre con compagni e avversari più grandi di un anno: la formazione Under 17 è infatti quasi interamente composta da giovani del 2005. Oltre al Trofeo conquistato in finale grazie al 3-0 inflitto al Genoa, Vasyl è stato premiato come miglior giocatore del torneo, rassegna internazionale riservata ai giovani Under 17.

Il 16enne di nazionalità ucraina, come detto, la maglia della Dea non l'aveva mai indossata: da anni milita nel settore giovanile dello Shakhtar Donetsk, di cui rappresenta uno dei prospetti più luminosi, e soltanto da un mese ha scoperto il mondo nerazzurro. Vasyl, rispetto a tanti coetanei, non è arrivato in Italia per inseguire e per alimentare il suo sogno di calciatore ma è stato costretto a dribblare le bombe per strada e non gli avversari sul rettangolo di gioco, scappando in maniera disperata dalla sua stessa terra per sfuggire a una guerra assurda e cruenta.

Ogni sera una videochiamata con mamma, papà, sorella e fratellino, che sono rimasti a casa in Ucraina, lo fa sentire un po' meno solo. A Bergamo, il ragazzo si è subito integrato molto bene nel gruppo nerazzurro, anche se non parla italiano e quindi le difficoltà non sono poche. La sua immagine, sorridente mentre alza il trofeo, è un segnale importante di come anche un'atrocità come la guerra può, per qualche minuto, essere messa da parte in nome di quella passione per il calcio che, tra Zingonia e Borgaro (partendo dalla terra ucraina), sta scrivendo una storia davvero importante.

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