L'editoriale di Jacobelli

La corsa al titolo non è finita, ma è meno aperta di quanto non lo fosse prima

È infrangibile il tabù Inter per l'Atalanta: ottava sconfitta consecutiva, 10 i gol incassati nelle ultime tre sfide senza segnarne uno

La corsa al titolo non è finita, ma è meno aperta di quanto non lo fosse prima
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di Xavier Jacobelli

È infrangibile il tabù Inter per l'Atalanta: ottava sconfitta consecutiva, 10 i gol incassati nelle ultime tre sfide senza segnarne uno, 2.317 i giorni inutilmente trascorsi nel tentativo mai riuscito di battere gli omologhi nerazzurri milanesi. Il cui allungo nella volata scudetto li porta a +3 sul Napoli, frenato a Venezia, e a +6 sui bergamaschi, che hanno perso una grande occasione per agguantare il primo posto, sia pure in condominio.

L'eventualità si sarebbe concretizzata se la Dea avesse sconfitto i campioni d'Italia, alla quarta gara in undici giorni e ciononostante protagonisti di una prova di forza che legittima il loro primato. Il primo tempo, scandito dal palo di Thuram e dalla grande parata di Sommer sul colpo di testa di Pasalic, ha rispecchiato l'equilibrio della gara.

L'ha rotto la distrazione della difesa di casa, assolutamente immobile quando Carlos Augusto ha colpito di testa sul corner telecomandato di Cahlanoglu, come già era accaduto contro il Como. Vistoso il peccato atalantino di deconcentrazione nel momento in cui il gioco è ripreso dopo la provvidenziale interruzione per soccorrere il tifoso colpito da malore sugli spalti. Dea sbadata e l'Inter l'ha castigata. Ammirevole il coraggio di Gasperini: nel tentativo di rimontare, a un certo punto ha allineato tutti insieme Lookman, Retegui, De Ketelaere, Samardzic e Maldini. Ma non aveva fatto i conti con il nervosismo di Ederson, la cui protesta contro Massa gli ha procurato il primo cartellino giallo; gli applausi all'arbitro hanno fatto scattare il secondo.

Ora, si può discettare sull'eccesso di severità del direttore di gara, tuttavia un campione del calibro brasiliano sa che il battimani polemico all'arbitro è sempre foriero di guai. Anche per Gasp, furibondo e cacciato pure lui.

Ridotta in dieci, all'Atalanta non è bastato l'orgoglio contro i campioni d'Italia, anche loro in dieci nel finale per l'espulsione di Bastoni, però, in un colpo solo si sono ripresi la titolarità del miglior attacco del campionato (65 gol), prima condiviso con la Dea; hanno segnato il decimo gol su calcio d'angolo, il tredicesimo di testa, il ventesimo su palla inattiva, il trentacinquesimo e trentaseiesimo siglato nel secondo tempo. Si aggiunga il diciottesimo centro stagionale di Lautaro, che ha vinto la sfida con il capocannoniere Retegui, sistematicamente neutralizzato da Acerbi, tanto da essere sostituito nella ripresa.

A nove giornate dalla fine, la corsa al titolo non è finita, ma è meno aperta di quanto non lo fosse prima di Venezia-Napoli e Atalanta-Inter. Anche se adesso, inseguendo Inzaghi, il mantra di Conte e Gasp non può che ispirarsi a Lawrence Peter Berra, detto Yogi, americano, giocatore e allenatore di baseball, aforista: «Non è finita finché non è finita».

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