Il progetto “La Scuola allo Stadio” è giunto alla 23esima edizione. Si tratta di un progetto che ha finora coinvolto oltre 32mila studenti delle nostre scuole. Figli, fratelli, nipoti, cugini nostri. Ragazzi e ragazze che vanno con la loro classe allo Stadio di Bergamo, incontrano persone che provano a lasciare loro qualcosa. Durante la presentazione di ieri nella sala stampa dove ho visto parlare Gattuso e Juric poche settimane fa, ieri c’erano occhi sbigottiti. Dei ragazzi premiati, che non sapevano quasi nemmeno dove fossero. Ma anche degli adulti che li accompagnavano e che li hanno accolti, ovvero i vertici di Atalanta, delle Forze dell’Ordine, della Figc e della scuola. Ma non solo.
È difficile spiegare la genuinità di quegli sguardi, la timidezza con cui hanno risposto alle chiamate alla consegna dei premi. «Sorridete, è un bel momento» gli è stato detto in modo bonario. Lo hanno fatto anche fuori ma si capiva lontano un miglio che erano contenti. Sinceramente contenti. Pienamente contenti. La Scuola allo Stadio è un marchio di fabbrica, il Massimo Mapelli della Figc ha detto che su 100 società professionistiche italiane, iniziative come quella di Atalanta si contano (forse) sulle dita di una mano. Si parla di educazione, lotta al bullismo, valori veri da trasferire ai nostri giovani.
Delle tante parole che ho sentito, alcune in particolare mi hanno colpito. Roberto Samaden, Responsabile Settore Giovanile Atalanta ha detto, parlando anche del Premio Brembo: «Sono due progetti che riteniamo fondamentali, perché raccontano un’Atalanta che non si limita a formare calciatori, ma si impegna a formare persone». Persone, questi ragazzi sono persone da formare. Che l’Atalanta aiuta a formare. E se al fianco dei 2.560 insegnanti che nelle precedenti edizioni si sono avvicendati nel progetto con le scuole c’è anche Atalanta, per tutto il territorio è un grande orgoglio.