Quell’intervista alla Gazzetta in cui Gasp aveva previsto tutto

Quell’intervista alla Gazzetta in cui Gasp aveva previsto tutto
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Scherzando, ma nemmeno troppo, abbiamo scritto più volte che Gasperini è un veggente. Contestualizziamo subito: la sensazione che il tecnico dell’Atalanta veda prima di altri quello che bisogna fare e agisca di conseguenza è diffusa e i risultati sono tutti dalla sua parte. Per capire se ci sono riferimenti oggettivi a quanto sosteniamo ci siamo ricordato di un’intervista che il condottiero atalantino rilasciò ad inizio stagione alla Gazzetta dello Sport e abbiamo trovato delle cose incredibili. Era il 19 agosto 2016, l’alba della nuova stagione. Il collega della rosea Filippo di Chiara chiacchierò con il nuovo allenatore nerazzurro e tra le varie considerazioni di Gasperini ce ne sono alcune che, lette oltre sette mesi dopo con la Dea lanciata verso il sogno europeo, confermano quanto sosteniamo: il tecnico di Grugliasco è un visionario.

 

 

La difesa a tre. «Sono partito da concetti globali, ma soprattutto da quello di attacco, perché noi dobbiamo giocare bene e con coraggio. Di difesa a tre se n’è parlato solo quando ho avviato un lavoro più analitico, basato sui dettagli. Qualcuno dice che in difesa si rischia troppo ma l’Atalanta di recente non mi sembra sia stata così ermetica. Qui è in corso un processo di crescita tattica e sarà lungo». L’Atalanta di Gasperini gioca esattamente così: equilibrio e voglia di attaccare. Sempre. C’è voluto tempo, si è passati da alcune settimane difficili, ma a nove giornate dalla fine la squadra gioca bene e si schiera sempre con la difesa a tre.

Il cambio di prospettiva. «Partiamo dalla base dello scorso anno. A Genova ero riuscito a cambiare prospettiva: pure con le grandi si partiva sempre per vincere. Con la Lazio capirò a che punto siamo col progetto, con le mie idee di gioco. Per assimilare certi concetti serve molto tempo». I tempi sono certamente stati anticipati: l’Atalanta gioca con tutti per vincere fin dal girone di andata, ma quello che è incredibile è leggere come lo stesso Gasperini sapeva in anticipo che con la Lazio sarebbero arrivate risposte importanti. Quella sera, nel 3-4 di Bergamo, tutti abbiamo intravisto il progetto e il primo problema da risolvere, ovvero la ricerca dell’equilibrio.

I giovani e Zingonia. «Il centro di Zingonia è bellissimo, ma pochi lo conoscono davvero e andrebbe visitato. A Ventura ho detto di portare la Nazionale ad allenarsi qui. La proprietà ha investito molto sulle strutture e il settore giovanile dà risultati (due scudetti nell’ultima stagione: Allievi e Giovanissimi, ndr). L’approdo dei giovani in prima squadra va anticipato». L’ultima frase, riletta dopo l’esordio di Petagna, Spinazzola e Gagliardini in Nazionale, va considerata un dogma. Gasperini ha capito subito l’importanza del centro sportivo, ha contestualizzato i giovani nelle struttura che hanno a disposizione per allenarsi e poi ha puntato in alto.

 

 

I ragazzi del ‘99 e Kessiè. «Aspettatevi sorprese dai ‘99... Kessie fisicamente è già un giocatore da fascia alta, ma ne riparliamo tra due settimane. Latte Lath è l’esempio di come l’Atalanta costruisca il futuro in casa». Sette mesi fa, Gasperini aveva già visto le potenzialità dei ’99 e infatti è stato il primo in Europa a farne giocare due titolari in campionato (Bastoni e Melegoni con la Sampdoria). Dopo un mese di lavoro, il tecnico aveva già capito che Kessiè sarebbe stato un crack del campionato. Pazzesco.

La posizione e l’Europa. «Per il tipo di mercato fatto finora puntiamo a consolidarci, a una salvezza che va ottenuta giocando bene e divertendo, poi pensare al salto di qualità sarà inevitabile: qui c’è tutto per crescere e puntare ad altri traguardi. Credo sia giusto regalare sogni. Realisticamente oggi il traguardo non è alla nostra portata ma come non bisogna mirare troppo in là, nemmeno vanno respinti certi discorsi. Tifosi, squadra e società qui sono un blocco unico». Piedi per terra ma sguardo nel medio lungo periodo e mezza dichiarazione che libera il sogno. Piccolo particolare: prima ancora di Bologna, di Napoli e della sconfitta con l’Inter e senza aver mai vissuto la Festa della Dea, il tecnico aveva già capito che rapporto c’è tra tifosi, squadra e società.

Cosa c’è nel suo futuro. «Con l’Atalanta mi gioco molto, ho una grande chance. Quanto accaduto all’Inter mi ha impedito di avere altre possibilità ad altissimi livelli. Voglio posizionare il club in alto: provare a centrare l’Europa in due anni divertendo e offrendo un bello spettacolo». Ecco, qui abbiamo trovato il primo unico errore. Mister, forse serve molto meno per andare in Europa (lo diciamo a voce bassa), ma è un dettaglio: lo spettacolo che stiamo vedendo non è bello, è meraviglioso.

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