Un vero modello

Riqualificare e farlo molto bene. L’esempio dello stadio di Bergamo, pronto anche per l’Italia

In un momento storico in cui esperti e addetti ai lavori s'interrogano su come si possa migliorare la situazione, la Dea è un caso emblematico

Riqualificare e farlo molto bene. L’esempio dello stadio di Bergamo, pronto anche per l’Italia

di Fabio Gennari

Roberto Spagnolo, direttore operativo di Atalanta e uomo decisivo per lo sviluppo dell’intero progetto con cui i Percassi hanno voluto e potuto acquistare (prima) e riqualificare (poi) lo stadio di Bergamo, toccherà il cielo con un dito.

Non lo dirà mai, anzi è probabile che leggendo queste righe faccia spallucce, ma stasera (5 settembre) in viale Giulio Cesare non ci sarà solo Italia-Estonia, gara di fondamentale importanza per le qualificazioni al Mondiale 2026, ma anche una vetrina che metterà in mostra l’impianto nerazzurro.

Sono giorni, settimane, se non addirittura mesi che si leggono preoccupazioni più o meno celate sulla condizione degli stadi italiani. Lo ha detto anche Ceferin, numero uno della Uefa, che la situazione dei nostri impianti è imbarazzante, ma invece di continuare ad arrovellarsi su teorie più o meno valide su come risolvere la questione, non sarebbe più utile e intelligente prendere esempio da chi qualcosa di importante lo ha oggettivamente fatto? Come l’Atalanta a Bergamo.

Sono solo 24 mila posti, d’accordo. Altri impianti sono nettamente più grandi e quindi più difficile da sistemare in modo sostenibile, però forse val la pena di lamentarsi un po’ meno e chiedere pochi interventi delle istituzioni andando un po’ a guardare con più attenzione l’esempio di chi acquista, progetta, riqualifica e arriva all’obiettivo praticamente solo con le proprie forze. Ovvero con quanto la società costruisce sul campo e poi monetizza al termine della stagione.