Il personaggio

Robin Gosens e i primi mesi nerazzurri: «Il mister non aveva fiducia in me, ma poi...»

Il laterale mancino, che piace molto in Italia e in Europa, ha ricordato i difficili momenti vissuti al suo arrivo in Italia e come li ha superati

Robin Gosens e i primi mesi nerazzurri: «Il mister non aveva fiducia in me, ma poi...»
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di Fabio Gennari

Sono parole importanti quelle raccolte da Gameplan, blog di approfondimento sportivo di Adidas, e rilasciate da Robin Gosens. Il laterale tedesco oggi è uno degli esterni più importanti d'Europa ma nell'estate 2017, quando è arrivato a Bergamo, la situazione era molto diversa. «Ora sono un calciatore professionista - ha raccontato Gosens -, ma all'inizio ho fatto fatica a inserirmi. Durante l'allenamento, i miei compagni di squadra sorridevano per la mia scarsa tecnica e la mancanza di coordinazione. Sul campo di gioco ho sempre avuto la sensazione che gli altri pensassero che fossi molto peggio di loro, perché non ero mai stato in un'accademia giovanile e mi mancavano le basi per giocare a calcio correttamente».

Da buon bergamasco (acquisito), il ragazzo capace di andare per due anni di fila in doppia cifra in termini di gol ha fatto l'unica cosa che poteva per crescere: si è messo a lavorare ancora di più. «Se chiedeste ai miei compagni di squadra chi è sempre il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene, la maggior parte di loro risponderebbe "Robin Gosens". Sapevo che avrei potuto migliorare solo se avessi lavorato di più. Ogni giorno chiedevo a uno degli allenatori se potevo aggiungere più esercizi di tecnica, fitness o coordinazione al termine dell'allenamento. Solo così ho potuto svilupparmi ulteriormente e guadagnarmi il rispetto di tutti».

Da bravo studente di psicologia, Gosens non ha nessun timore a parlare delle sue difficoltà e di come le ha superate. «Il mio primo anno a Bergamo è stato pieno di delusioni. Ero arrivato in un nuovo Paese, non parlavo la lingua e non c'era nessuno ad aiutarmi. Per la squadra non ero importante, l'allenatore non aveva fiducia in me e, a volte, ha fatto capire che le mie capacità non fossero degne di un posto all'Atalanta. Non ricordo quante volte mi sono seduto nella mia stanza di notte chiedendomi se avessi rovinato tutta la mia carriera con questa mossa. Non ho giocato. Per la squadra ero invisibile e, al di fuori del calcio, non avevo una famiglia che mi distraesse. È stato così per la maggior parte della stagione».

Una volta arrivato in basso, l'unica cosa da fare è lottare per risalire. E Robin Gosens ce l'ha fatta. «Faceva male quello che l'allenatore mi diceva, ma sapevo che avevo la qualità per giocare in Serie A. Ho provato a fare le cose che mi chiedeva, ho continuato a fare sessioni di allenamento extra, ho imparato dai miei rivali e mi sono adattato lentamente al livello richiesto. Sapevo che un giorno il duro lavoro sarebbe stato ripagato. Ho iniziato ad avere più spazio, mi sono trovato meglio nella squadra e sono diventato sempre più importante, mese dopo mese e stagione dopo stagione. Adesso sono diventato un elemento centrale della squadra, ho giocato in Champions League e sono entrato a far parte della nazionale tedesca»

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