Stefano, la Dea è di famiglia «Così "converto" i bresciani»

Stefano, la Dea è di famiglia «Così "converto" i bresciani»
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È nato a Bergamo, ha vissuto tra Rodi e Atene, e ora che è tornato in Italia sta proprio là, in provincia di Brescia. Stefano è un altro atalantino giramondo, uno di quei tanti cuori nerazzurri lontani da Città Alta che, dopo aver girato per l'Europa, ora si è riavvicinato alla sua terra d'origine, fermandosi però a vivere vicino a Darfo Boario, con la moglie e i due figli di 8 e 5 anni. «Mia moglie Erica è bresciana ma ormai l’ho de-brescianizzata», ci tiene a precisare fin da subito Stefano. «Almeno 5-6 volte l’anno vengo a Bergamo con tutta la famiglia per vedere l’Atalanta, abitiamo a Gianico vicino a Darfo Boario Terme ma siamo tifosi orobici. Una delle mie soddisfazioni più grandi è stata convincere i miei bimbi Cristiano (8 anni) e Leonardo (5 anni): sono super atalantini e addirittura trascinano i compagni di scuola e asilo nella passione orobica. Bello, vero?». Stefano è atalantino da sempre, i colori della Dea sono ormai un segno distintivo di tutta la sua famiglia e non lo nasconde. «Per me è una grande gioia quando riusciamo ad andare tutti allo stadio, almeno una volta all’anno saliamo anche in ritiro a Rovetta per assaporare ancora di più il clima dell’Atalanta. Quando gli impegni ce lo permettono, ci siamo e sosteniamo la squadra tutti assieme».

 

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Dalla Grecia a Brescia, con l’Atalanta nel cuore. Il passato di Stefano, però, non sempre ha fatto rima con Bergamo. Per un po' di tempo ha dovuto vivere in Grecia. E da lì seguire la Dea era dura: impossibile vedere le partite, solo i racconti degli amici potevano dargli un'idea dei match della sua squadra. «Lo streaming era una soluzione difficilmente praticabile, nei locali italiani l’Atalanta si vedeva a singhiozzo quindi mi sono organizzato: telefonavo ad amici e parenti per restare aggiornato sia sul risultato delle partite che, più in generale, su tutto quello che succedeva a Bergamo». Bergamo e l’Atalanta, anello di congiunzione con la casa e i propri affetti. «In un modo o nell’altro, la passione per i colori nerazzurri è sempre stata il modo per tenermi allacciato alla mia terra. In Grecia ho visto da vicino la rivalità di un derby come Olimpiakos-Panatinaikos... E ora spero sempre che il Brescia possa tornare presto in Serie A: batterli, nel nostro derby, è sempre una grande emozione. E a proposito di grandi emozioni, racconto un dettaglio dolcissimo: il mio primo figlio, Cristiano, è nato il 2 dicembre 2007. Quel giorno, dopo poche ore, l’Atalanta travolse il Napoli per 5-1: me lo ricorderò per sempre».

 

 

Grande Atalanta ma per sognare serve lo stadio. Ma l’Atalanta di oggi, per Stefano, può arrivare in Europa? «Credo che la squadra di questa stagione sia veramente ben assortita, niente a che vedere con le squadre che lottano seriamente per non retrocedere. Dal punto di vista globale, purtroppo credo che 6-7 squadre più attrezzate di noi ci siano e quindi al massimo posiamo puntare alla parte sinistra della classifica: sarebbe un bel risultato ma non penso si possa arrivare più in alto». Nuove pedine a gennaio? Un mercato di giugno ancora più interessante? Niente di tutto questo, per riuscire a tornare su palco europeo la mossa giusta è nelle mani della società. «Penso che per sognare davvero, Percassi si dovrebbe concentrare più sul mercato immobiliare che su quello dei giocatori. Se riuscisse davvero a comprare lo stadio di Bergamo, allora una nuova dimensione per l’Atalanta sarebbe davvero possibile. A quel punto non ci sarebbero più ostacoli oggettivi».

 

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Reja, Grassi, de Roon e Cristiano Doni.  Tornando con i piedi per terra, anzi sul campo, chi sono i giocatori che più stanno esaltando Stefano? «Pensando al parco giocatori, dico Grassi e de Roon. L’olandese mi ha stupito, il ragazzo cresciuto nel vivaio è una grande certezza. La mia speranza è che i tifosi possano ammirare questi due giocatori per lungo tempo, ma non so se questo potrà succedere. Devo essere sincero, ad inizio stagione non ero entusiasta della conferma di Reja ma i risultati sono lì da vedere. Il mister ha fatto rendere al massimo gli uomini a sua disposizione, come appunto Grassi: bravo lui e brava la società a portare avanti questa scelta». L’ultima battuta di Stefano, atalantino che cerca di divulgare il verbo nerazzurro in terra bresciana, è per il giocatore che più di tutti gli è rimasto nel cuore. Indipendentemente da tutto quello che è successo. «Nonostante il triste finale di carriera, indubbiamente le emozioni che mi ha dato Cristiano Doni sono state quelle più intense di tutta la mia vita da tifoso».

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