Supercoppa Italiana, un trofeo che meriterebbe più rispetto e una sede raggiungibile

di Fabio Gennari

La Supercoppa Italiana è un trofeo che dovrebbe mettere di fronte chi ha vinto il campionato e chi la Coppa Italia. Gara secca, chi vince porta a casa la coppa. Come avviene per le vincitrici di Champions ed Europa League.

Quella che inizia stasera (2 gennaio, ore 20 italiane) a Riyad, invece, è una manifestazione in tre atti che il calcio italiano ha esportato in Arabia Saudita (non è la prima volta, s'intenda) cercando qualcuno che riempisse la Coppa con tanti soldi. Quelli, di solito, mettono d'accordo tutti.

Il contratto fra Lega di Serie A e Paese ospitante prevede che si giochino in Arabia ancora due edizioni della competizione nei prossimi quattro anni. L’accordo prevede che al sistema calcio italiano, per ogni edizione, vengano pagati 23 milioni, di cui 16,2 destinati ai club. Al vincitore del trofeo ne vanno 8, al secondo 5. Quindi, se vai in finale arrivano almeno 5 milioni di euro. Per una sortita di pochi giorni a inizio gennaio e a 5-6 ore di aereo dal freddo di Bergamo, Milano e Torino sembrano pure tanti. Ma il tema non sono i soldi, bensì il valore che si riconosce a queste partite.

Juventus-Milan (domani, 3 gennaio) vedrà lo stadio tutto esaurito, Inter-Atalanta invece no. Normale, la piccola Dea non muove migliaia di appassionati arabi. Qualche curioso magari, ma non le masse. Ecco perché avrebbe più senso inventarsi una "Coppa delle grandi Sorelle" (anche non ufficiale) così da offrire a mercati floridi come quello arabo tre partite a tribune piene lasciando alla Supercoppa Italiana il suo valore e ai veri tifosi la possibilità di seguire la propria squadra del cuore.

Di fronte a questa versione della Supercoppa è davvero difficile trovare spunti d'interesse che incrocino la passione di chi, il calcio italiano, lo apprezza per quello che è e non lo considera come un giochino da seguire per qualche giorno prima della Befana in giro per il mondo.